Attualità
CGIL CISL UIL : 8 Marzo 2021 Pandemia e Lavoro nella Giornata Internazionale della Donna
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CGIL CISL UIL mettono in campo un momento di riflessione seppur attraverso un “documento mediatico” per l’8 marzo la Giornata ove si celebra la Donna e il “lavoro della donna”.
Le donne da un lato sono blandite per il loro straordinario ed imprescindibile supporto in una pandemia che non accenna a finire, dall’altro continuano a non vedere cambiamenti nel vivere quotidiano, né da parte delle istituzioni, né nel proprio privato.
Nel mondo femminile c’è stata una levata di scudi a gran voce per le nomine dei Ministri del governo Draghi, che non ha visto crescere la rappresentanza di genere nei luoghi della politica, come invece ci si aspettava. Così il malessere cresce, assieme all’esigenza sempre più pressante di avere politiche orientate in ottica di genere.
La Pandemia ha sicuramente allargato il problema della disparità di genere: il Covid 19 sta agendo in un contesto, dove le disparità di genere nel mondo del lavoro era una criticità già prima dell’emergenza sanitaria. Difatti Il gender pay, cioè la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini, è intorno al 20%. Ma al di là delle retribuzioni, c’è un problema di occupazione femminile che sta a monte. Il Censis fino all’inizio del 2020 rilevava che le donne rappresentano circa il 42% degli occupati complessivi del paese e il tasso di attività femminile si piazzava al 56% circa, contro il 75% degli uomini. I terribili dati dell’Istat di dicembre, che non sono poi molto diversi da quelli dei mesi precedenti, sono allora un coltello in una piaga che è sistemica.
Il 2020 ha solo fatto precipitare ulteriormente le cose, affermano le Responsabili di Genere di CGIL CISL UIL.
Il motivo per cui il crollo occupazionale nell’Italia messa in ginocchio dalla pandemia è un affare soprattutto femminilee ha a che fare con la natura del lavoro stesso. Le donne sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi e quello domestico, spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità, come il part-time. Per questo oggi sono le prime vittime sacrificali dei datori di lavoro, un fenomeno a cui nemmeno il blocco dei licenziamenti è riuscito a mettere un freno.
Le donne, che si caratterizzano per più bassa occupazione, salari più scarsi, contratti più precari e sono più raramente occupate nelle posizioni aziendali apicali e dunque “sicure”, oggi sono le prime a subire gli effetti della crisi. E anche quando tutto sembra andare bene, la realtà è spesso un’altra. Intrappolate nella costruzione sociale per cui il carico della cura e della famiglia deve gravare sulle loro spalle, le donne italiane e irpine e sannite hanno visto in questo 2020 aumentare il loro lavoro, con lo Smart Working che si è sovrapposto agli impieghi domestici senza più la possibilità di una separazione spaziale degli stessi.
Se guardiamo poi alla psicologia dello Smart Working la pandemia ha fatto esplodere le disuguaglianze esistenti. Secondo il Women in Tech,Report 2020 lo smart working è più efficiente e produttivo (per il 47% delle intervistate),ma finisce per sommarsi con i carichi di cura (per il 44%)e influisce sul percorso di carriera (per il 50%). Il Followup2020 invece mette in evidenza che il 70% delle donne in lockdown ha gestito da sola i carichi di cura (mentre lavorava)nonostante anche il partner fosse a casa.
Minacce, molestie, mobbing, abusi e le discriminazioni giornalmente registrate sui luoghi di lavoro non risparmiano il genere.
Occorre una cabina di regia a livello provinciale che metta assieme tutti gli attori sociali e istituzionali capace di essere snodo tra le diverse realtà al fine di individuarle e dare che il recovery found ha identificato in Donne, Giovani e Sudi fattori di criticità ed è a questo che bisogna darè priortà e risposte affermano D’Acerno, Cucciniello e Preziosi.
Se passiamo poi al tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle donne constatiamo che l’impossibilità di avere reale e continua conciliazione rappresenta l’ostacolo principale ad una piena parità di accesso al mondo del lavoro e alle cariche dirigenziali. Questo dipende sia dalle condizioni di lavoro spesso escludenti, sia dalle condizioni di welfare nei nostri territori. La mancanza di servizi che dovrebbero essere essenziali indirizza molte donne verso la scelta delle dimissioni o di optare per un part time volontariamente. Lavoro di cura che dovrebbe esser svolto dal pubblico ma che spesso nelle famiglie viene caricato sulle donne, produce difficoltà di emancipazione e condizioni di sudditanza economica, spesso anche alla base dei fenomeni di violenza.
Per mesi si è raccontata la favola che di fronte alla pandemia siamo tutti sulla stessa barca, ma la realtà ci ha messo poco a dimostrare che sotto ogni punto di vista le cose non stanno così.
Se analizziamo i dati dell’Istat per il 2020 fotografano l’impatto dell’emergenza sanitaria, da febbraio 2020 si sono persi ben 426 mila posti di lavoro, in un anno (dicembre 2020 su dicembre 2019) l’occupazione è scesa di 444mila unità, di cui 312mila sono donne.
Chi ne ha pagato maggiormente sono state proprio le donne, accompagnate dai i giovani e da coloro che rappresentano quella fascia “marginale” del mercato del lavoro, vale a dire i precari e le partite Iva.
E’ necessario cambiare rotta: servono azioni diversificate sul piano culturale contro gli stereotipi di genere che agiscano sulla eliminazione degli ostacoli alla piena e libera espressione femminile; è necessario dare impulso all’occupazione femminile (aumento ingresso, limitazione uscite per motivi familiari), sviluppare la nascita di nidi pubblici e privati (0-3 anni) fino al 60% nonché prevedere trasferimenti monetari alle famiglie in direzione di misure che accompagnino la crescita dei bambini fino alla maggiore età.
Nella Pubbliche amministrazioni e negli Ordini professionali è di fondamentale importanza introdurre quale welfare aziendale la pratica di un Work-Life Balance ovvero compatibilità del lavoro con la vita personale e famigliare. Da conciliazione a condivisione.
E’ arrivato il tempo in cui ognuno si assuma la propria di responsabilità nell’interesse dei cittadini di questa provincia senza protagonismi.
CGIL CISl UIL come sempre faranno la loro parte.
La Responsabile di Genere
CGIL
Italia D’Acierno
La Responsabile di Genere
CISL Irpinia Sannio
Daniela Cucciniello
La Responsabile di Genere
UIL Avellino Benevento
Vincenza Preziosi
Attualità
Coppa Italia TPRA (Federazione Italiana Tennis-Padel) al Club La Tartaruga
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Il settore Tpra della FITP (Federazione Italiana Tennis e Padel) presenta la “Coppa Italia TPRA Tennis 2025”
L’obiettivo è quello di coinvolgere nell’attività, NUOVI giocatori amatoriali, quindi anche nuovi tesserati, coinvolgendoli tramite i circoli, i maestri etc.
Come sappiamo, il fattore squadra, spesso rappresenta una forte motivazione alla partecipazione.
La formula è molto coinvolgente:
– 1^ FASE REGIONALE.
FASE PROVINCIALE. Le prime 2 squadre di ogni girone accederanno al tabellone ORO, le altre al tabellone ARGENTO.
MASTER PROVINCIALE. Si giocherà con tabellone ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre finaliste dei tabelloni accederanno al Master Regionale.
MASTER REGIONALE. Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre vincitrici accederanno al Master Nazionale.
– 2^ FASE NAZIONALE
Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO.
Il Club La Tartaruga, Presieduto da Lucia Scrima, partecipa alla Coppa Italia categoria femminile competizione che prevede la disputo 2 singolari e un doppio al meglio di tre set ai 6 games con “vantaggio Tpra” e tie-break a 7 punti sul punteggio di 5 giochi pari, in sostituzione dell’eventuale terzo set si disputa un match tie-break a 7 punti.
Domani domenica 23 febbraio 2025 alle ore 10:00 si disputa la prima giornata sui campi in sintetico di Contrada Carpiniello le ragazze del Club La Tartaruga affrontano il TC Cesinali.
Il Club La Tartaruga Ariano Irpino schiera Manuela Leo (capitano) – Graziella Barrasso – Federica Capobianco – Veronica Di Maggio – Greta Fino – Giuseppina Florenzano – Roberta Morelli e Raffaella Zecchino.
Il Panathlon Club Ariano Irpino, Associazione Internazionale Benemerita del Coni che promuove l’etica e la lealtà nello Sport,attribuirà il premio “Fair Play” al termine delle varie fasi della Coppa Italia.
Attualità
Forza Italia Ariano incontra il Ministero della Giustizia : passi avanti per la riapertura di un secondo Tribunale in provincia di Avellino
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Roma, 17.02.2025– Una delegazione di Forza Italia di Ariano Irpino, guidata dal Segretario cittadino Avv. Giancarlo Giarnese e composta dagli Avv. Giancarlo Di Gregorio, Avv. Crescenzo Perrina e Arch. Alessandro Moschillo, è stata ricevuta questa mattina al Ministero della Giustizia dal Capo di Gabinetto del Ministro Nordio, Dott.ssa Bertolozzi. Al centro dell’incontro, la possibilità di riaprire un secondo tribunale in Provincia di Avellino.
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Durante la riunione, la delegazione irpina ha presentato una relazione dettagliata sul progetto, accompagnata dal deliberato dei Sindaci dell’Area Vasta adottato il 13 febbraio scorso. Un documento che testimonia il forte sostegno istituzionale e territoriale all’iniziativa.
Dal confronto è emersa una notizia di grande rilievo: il Governo sta lavorando a un Progetto di Legge che, oltre a stabilizzare i tribunali abruzzesi, prevederà la riapertura di quattro tribunali soppressi nel 2012 e conferirà una delega all’Esecutivo per individuare i criteri utili alla riattivazione di altre sedi giudiziarie, con particolare attenzione alle aree interne.
La volontà dell’Esecutivo di superare la riforma della geografia giudiziaria del 2012 rappresenta un segnale positivo per il territorio irpino. Il Capo di Gabinetto ha già fissato un nuovo incontro dopo l’estate per discutere più concretamente della proposta di un secondo tribunale in provincia di Avellino.
Attualità
Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI), il grimaldello per privatizzare la Sanità
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Le liste di attesa sono la fotografia del Sistema Sanitario italiano, finanziato con prelievi fiscali sui redditi dei pensionati, lavoratori e liberi professionisti, eroga prestazioni sanitarie in tempi biblici, anche otto /nove mesi, che compromettono le condizioni di salute della persona ammalata. Tant’è, che, il cittadino, per ottenere prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli, si rivolge all’Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI) che, in regime ambulatoriale, eroga prestazioni specialistiche e/o attività diagnostico strumentale, interventi chirurgici in regime di ricovero ordinario o di Day Hospital/Surgery, prestate dal personale della dirigenza medica e sanitaria in regime di esclusività. Per incanto nello stesso ospedale, reparto, ambulatorio e l’identico medico la prestazione sanitaria viene erogata in poche settimane, imponendo al cittadino di pagare tra le 100/120 euro che in regime ordinario, se fosse esente dal pagare il ticket sanitario, sarebbe stata totalmente a carico del SSN. Forse la mancata riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche va trovata nella volontà di introdurre, in modo silente, non certo in punta di piedi, la privatizzazione del SSN? Giulio Andreotti, affermava: “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Le liste di attesa sono il tema irrisolto sul quale si è cimentato in estate il governo Meloni, ben sapendo che il personale sanitario è sotto organico, sono insufficienti le risorse finanziarie per gli straordinari, è inadeguata la protezione dalle aggressioni degli operati sanitari nei reparti del pronto soccorso. Nel frattempo milioni di cittadino, pur esenti da ticket sanitario, sono sottoposti ad ulteriori esborsi di denari che il rapporto della Fondazione Gimbe/2024 e l’ISTAT/2023, hanno quantificato nella percentuale del 26%, con spese dirette o intermediate, quest’ultime erogate dalle assicurazioni sanitarie. Il piano del governo è chiaro: ridurre la presenza dello Stato a tutto vantaggio della sanità privata e delle assicurazioni sanitarie. Non possiamo rimanere con le mani in tasca, bisogna impedire la lenta agonia del SSN.
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