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Coronavirus, da Wuhan ad Ariano Irpino: tappe significative in breve, di una pandemia

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Il 17 novembre 2019 veniva registrato il primo caso di contagio da Covid-19 (un uomo di 55 anni), nella provincia dello Hubei (capoluogo, Wuhan), ma la notizia sarebbe stata diffusa dal governo cinese solo il 13 gennaio 2020. Il 12 dicembre, l’emittente televisiva statale cinese CCTV, riferiva in una trasmissione, che era stato rilevato per la prima volta un nuovo focolaio virale, nella città di Wuhan (11 milioni di abitanti, la settima più grande della Cina). Il 31 dicembre 2019, la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan segnalava all’Organizzazione Mondiale della Sanità, un cluster di casi di polmonite da eziologia ignota nella città di Wuhan. A inizio gennaio 2020, Wuhan aveva ormai riscontrato decine di casi di coronavirus e posto sotto osservazione centinaia di persone. Il 10 gennaio, l’OMS divulgava la notizia che in Cina da metà dicembre, era scoppiata una malattia respiratoria da un nuovo ceppo di coronavirus, generata da un patogeno della stessa famiglia dei coronavirus (SARS-CoV-2) da cui si originavano Sars e Mers, oltre ai raffreddori. Dalle prime indagini, era emerso che i contagiati erano frequentatori assidui del mercato umido di Wuhan, che vendeva frutti di mare all’ingrosso, pesce, polli, fagiani, pipistrelli, marmotte, serpenti, organi di coniglio e animali selvatici, da cui l’ipotesi che il contagio fosse partito da qualche prodotto di origine animale acquistato lì. Il 21 gennaio, mentre si registrava il primo caso negli Stati Uniti, le autorità sanitarie locali e l’OMS, annunciavano che il nuovo coronavirus, passato probabilmente dall’animale all’essere umano (zoonosi), si trasmette anche da uomo a uomo. Il Ministero della Salute cominciava a raccomandare di non andare in Cina, salvo stretta necessità. Nel frattempo, il 22 gennaio Wuhan veniva isolata, impedendo ai suoi abitanti persino di uscire dalle case, e si annullavano i festeggiamenti per il Capodanno cinese. La quarantena, nel tentativo di contenere la diffusione del virus, sarebbe stata estesa successivamente a tutta la provincia dello Hubei, raggiungendo ben 60 milioni di persone. In Italia, i pochissimi casi iniziali erano tutti provenienti dalla Cina: dal 29 gennaio, due turisti cinesi di Wuhan contagiati, erano stati ricoverati in isolamento allo Spallanzani di Roma, seguiti da un ricercatore italiano positivo al virus e proveniente dalla Cina, e un diciassettenne, rimasto bloccato a lungo a Wuhan a causa di sintomi simil-influenzali, non positivo al coronavirus, ma ugualmente tenuto sotto osservazione e ricoverato. Tutti dichiarati guariti il 26 febbraio. Alla fine di gennaio, il rischio di diffusione dell’epidemia, da moderato passava ad alto, tanto che l’OMS, tra il 26 e il 27 gennaio scriveva che era: “molto alto per la Cina e alto, per il resto del mondo”. Nella serata del 30 gennaio, l’OMS dichiarava l’emergenza sanitaria pubblica internazionale e l’Italia (unica in Europa) con un’ordinanza del Ministro della Salute, bloccava i voli da e per la Cina per 90 giorni. L’8 febbraio, l’OMS scriveva che in Cina i contagi si andavano stabilizzando: il numero di nuovi casi giornalieri sembrava progressivamente in calo. Il 31 gennaio il Governo italiano dichiarava lo stato di emergenza, stanziando i primi fondi e nominando Commissario straordinario per l’emergenza, il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli. L’11 febbraio la malattia da coronavirus, veniva definita Covid-19 e il virus, Sars-CoV-2. Il 15 febbraio in Francia, avveniva il primo decesso europeo al di fuori dell’Asia: un turista cinese di 80 anni. Dal 18 febbraio emergevano diversi casi di coronavirus in Lombardia, dove si verificava il primo caso di trasmissione secondaria a Codogno, seguito da: Castiglione D’Adda, Casalpusterlengo e altri Comuni, in Veneto. Il 23 febbraio il Consiglio dei ministri varava un primo Decreto legge contenente misure per il divieto di accesso e allontanamento nei Comuni in cui erano presenti focolai e la sospensione di manifestazioni ed eventi. Il 24 febbraio, i ricercatori dell’OMS giungevano alla conclusione che la diffusione del virus in Cina aveva raggiunto il picco tra il 23 gennaio e il 2 febbraio, allorquando, aveva cominciato a diminuire notevolmente. Fra fine febbraio e inizio marzo 2020, l’epidemia crescerà invece rapidamente, in Italia e anche in altri Stati europei e non, come Corea del Sud e Iran. Il 28 febbraio veniva pubblicato il Report of the WHO-China Joint Mission on Coronavirus Disease 2019 (Covid-19), in cui si precisava che il virus aveva origine zoonotica (trasmissione da animali), e sempre il 28 febbraio, l’OMS elevava la minaccia epidemica da coronavirus a livello mondiale, come molto alta. Il 23 febbraio ad Ariano Irpino, una festa di Carnevale cominciava a diffondere il contagio nell’inconsapevolezza dei partecipanti. Il 4 marzo, quando secondo la Protezione civile, i contagiati erano già 2.700, il governo chiudeva scuole e università in tutta Italia. Il 5 marzo, un medico di ritorno da un viaggio all’estero, bypassando il pre-triage, portava sua moglie con i sintomi del coronavirus, presso l’Ospedale Frangipane, passando per il Pronto soccorso, che pertanto veniva immediatamente chiuso, per essere sanificato. In quegli stessi periodi, un barista, rientrato da Milano e ignaro della sua positività al virus, infettava vari clienti, per poi aggravarsi a sua volta. I focolai così originati ad Ariano, ne alimentavano altri, tra cui quello del Centro residenziale per anziani. Intanto, il contagio cresceva esponenzialmente in Lombardia e Veneto, diffondendosi anche in Emilia Romagna e in Piemonte. L’8 marzo, un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) poneva in isolamento la Lombardia, in assoluto la più colpita, e 14 province, che pertanto diventavano Zona rossa. Intanto il virus dilagava ovunque, mietendo contagiati e morti, tanto che l’OMS, l’11 marzo dichiarava la Covid-19, pandemia. In Italia, dove dal 9 era stata imposta una quarantena nazionale, limitando i viaggi all’estrema necessità di lavoro o sanitaria, venivano chiusi anche ristoranti e bar. Anche Ariano Irpino, su ordinanza del Presidente della Regione Campania, diventava Zona rossa, subendo la chiusura dal 15 marzo al 22 aprile. Fermate le attività commerciali non di prima necessità, chiuse le persone in casa, in un lockdown che consentiva solo di uscire, indossando mascherine e guanti, lo stretto necessario per recarsi a fare la spesa, chiusi gli esercizi pubblici e con loro, i Tribunali, che avrebbero ripreso l’attività a ranghi ridotti dal 12 maggio. Anche Ariano, su una popolazione di circa 22.000 abitanti, ha dato il suo alto “tributo” di infettati e vittime da Covid-19: ben 27 sono stati i morti, che, ricordiamolo ancora una volta, non sono numeri, ma esseri umani, amici, conoscenti, familiari, dalle vite spezzate. Persone morte in solitudine, senza il conforto dei familiari, a cui rimane non solo il lutto da elaborare per la loro perdita, ma anche il dramma della assurda modalità di morte dei loro cari. In Italia, al 18 giugno, secondo i dati del Ministero della Salute, i casi dall’inizio della pandemia, ammontano a 238.159, di cui 23.101 attualmente ancora positivi, mentre i deceduti sono 34.514 e i guariti 180.544. La percentuale maggiore dei deceduti, in Lombardia (49,8%), seguita da Emilia Romagna (12,8%), Piemonte (8,5%), e Veneto (6%). Dopo il Decreto legge 33 del 2020, che disciplina la fine delle limitazioni agli spostamenti e la riapertura delle attività produttive, commerciali e sociali, dal 18 maggio al 31 luglio, con il DCPM dell’11 giugno, viene autorizzata la ripresa di ulteriori attività. Ed è notizia delle ultime ore, che nelle acque reflue di Torino e Milano del 18 dicembre (2019), si sono trovate tracce dell’RNA del virus, che fanno risalire la sua circolazione in Italia a quel periodo, sebbene ulteriori recentissimi studi, dicano che potrebbe essere arrivato da noi fin da ottobre. Intanto in India il contagio continua al ritmo di 13.000 persone al giorno e molto preoccupante è la situazione in Brasile, Messico e Perù. Nel mondo finora, gli infettati dal virus sono circa 8 milioni e mezzo, con mezzo milione di morti, cifre che temiamo siano destinate ad aumentare. L’Istituto Superiore di Sanità, ricorda che il virus non è stato ancora sconfitto: la riapertura delle attività, necessaria per scongiurare un totale default, non deve farci distrarre. Sebbene i positivi siano meno contagiosi, i contagiati tornano a crescere: la strada per uscirne sarà ancora lunga, almeno finché non sarà individuato un vaccino. Nel frattempo, si raccomanda di non abbassare la guardia, continuiamo tutti a comportarci con senso di responsabilità, continuiamo ad osservare il distanziamento sociale e usiamo i dispositivi di protezione a partire dalle mascherine, laviamo spesso le mani e disinfettiamole quando non possiamo lavarci: seguire scrupolosamente queste indicazioni, può salvarci la vita.

 

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Liste di attesa: i soliti proclami

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Il governo Meloni agli inizi dell’estate scorsa sbandierò (vedi il mio articolo pubblicato da “Il Confronto, Rivista on line) ai quattro venti il programma con il quale avrebbe ridotto, in tempi rapidi, le liste di attesa. L’allarme è lanciato dalpresidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, il quale mette a fuoco il ritardo nell’approvazione dei decreti attuativi previsti dal DL 73/2024 sulle liste d’attesa, convertito dalla Legge 107/2024″. Sin ad ora, è stato adottato solo 1 dei 6 decreti attuativi. La riforma prevede un’integrazione del Cup delle strutture pubbliche con quelle accreditare dal SSR per migliorare le prenotazioni e l’offerta agli utenti, ed una nuova metodologia per individuare il fabbisogno reale del personale,passaggio fondamentale per le assunzioni, decreti ancora di là da venire. A fronte di tanti proclami estivi, non si comprende come potrebbero essere azzerate le liste di attesa se mancano circa 4 mila medici di Medicina di Emergenza-Urgenza (MEU). Circa 1033 medici hanno lasciato i PS, 467 nuovi ingressi coprono appena il 45% di medici dedicati a questo reparto. Per coprire i turni si è provveduto all’utilizzo di medici di altri reparti (29%), contratti atipici (54%), specializzandi di emergenza urgenza (32%), cooperative (28%), i medici non MEU comandati dalla direzione (20%). La tragica realtà è sotto i nostri occhi, il Tribunale dei diritti del malato ha denunciato che almeno 300 mila persone hanno atteso 3 giorni prima di avere un posto letto. L’amarezza delle parole del presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, sono rilanciate dall’Agenzia Ansa: “le riforme annunciate restano un esercizio retorico se non tradotte in azioni concrete, mentre il raggiungimento di risultati parziali è solo una magra consolazione politica, priva di reali benefici per la società”, (Redazione Ansa, 29 gennaio 2025).

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Marco La Carità nominato Componente Esecutivo Regionale di ANCI Campania in quota Forza Italia

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Napoli, 30 gennaio 2025 – Marco La Carità, Consigliere Comunale di Ariano Irpino, è stato nominato Componente Esecutivo Regionale di ANCI Campania, incarico di rilievo all’interno dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.

La nomina, firmata dal Presidente Carlo Marino, si inserisce in un’ottica di rafforzamento della governance dell’ANCI Campania, con l’obiettivo di garantire un maggiore coinvolgimento nella fase istruttoria e operativa dell’Associazione.

Marco La Carità assumerà questo ruolo in quota Forza Italia, rappresentando il partito all’interno dell’organo esecutivo regionale. La sua esperienza amministrativa e il suo impegno politico saranno fondamentali per affrontare le sfide dei Comuni campani e promuovere soluzioni efficaci per il territorio.

“Sono onorato di questa nomina e pronto a mettere a disposizione le mie competenze per supportare i Comuni della nostra Regione”, ha dichiarato La Carità.

Forza Italia conferma così la sua presenza attiva in ANCI Campania, con l’obiettivo di garantire una rappresentanza forte e incisiva per gli amministratori locali.

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GAP Nord – Sud e Regionalismo Differenziato

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A Cercola, in provincia di Napoli, prosegue il dibattito di Città Futura, ubicata in C.so Domenico Ricciardi 261, sul rilancio della Questione Meridionale e delle sperequazioni tra le due aree del paese.  All’incontro di domenica 2 febbraio 2025 alle ore 11,00 parteciperà il Senatore Peppe De Cristofaro di Sinistra Italiana, il Consigliere Comunale di Città Futura Marco Picardi, il Presidente del Partito del Sud Natale Cuccurese e il giornalista e saggista Salvatore Lucchese, Direttore Responsabile della rivista laica e progressista “Meridione/Meridiani”

il Sud ha avuto, negli ultimi due anni, una crescita del PIL superiore al Nord ma, in realtà, i meridionali vivono con il reddito che è la metà e la disoccupazione doppia rispetto al Nord. Hanno servizi pubblici inadeguati, molto costosi, poco frequenti, in particolar modo in provincia, scarsamente calibrati ai bisogni che li costringe a rivolgersi al privato. Inoltre la crescita dell’occupazione al Sud, così come ha ribadito lo Svimez, è basata sul lavoro “cosiddetto povero” con un salario da part time ma, che, in realtà, impegna il lavoratore full time senza la possibilità di un progetto di vita futura e privo di sufficienti garanzie per la sua incolumità psico-fisica.  

Siete tutti invitati

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