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DAD. A CHE PUNTO SIAMO?

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Le nuove dichiarazioni del ministro Azzolina aprono un nuovo scenario: scuole chiuse, pare, fino al 7 gennaio e poi riaperture graduali a seconda della situazione sanitaria delle regioni.

Lo stillicidio della ripartenza della scuola tiene con il fiato sospeso le famiglie da più di due mesi e il peso della sconfitta è avvertito da tutti, docenti e famiglie. I numeri del contagio non ci rivelano fino in fondo quanto la pandemia abbia trovato terreno fertile nella scuola; le percentuali note relative alla diffusione del virus tra i banchi di scuola sembrano non rilevanti, ciò che ha fatto la differenza probabilmente è stato il trasporto pubblico e la scarsa attenzione alle norme di controllo sanitario fuori dagli edifici scolastici.

La scuola è il punto nevralgico del paese insieme agli ospedali a causa del Covid, ma per ragioni diverse. Non avremmo mai immaginato di dover chiudere le scuole dopo la pianificazione del rientro a settembre e la difficile gestione degli enti concorrenti in materia di istruzione e sanità: Stato e Regioni.

Intanto la Didattica a distanza imperversa e detta i ritmi alle famiglie, stravolge l’organizzazione del lavoro dei genitori e la gestione dei rapporti familiari. Le difficoltà emerse nell’improvvisazione di marzo sono in parte risolte, ma le criticità emergono in tutta evidenza e rendono difficile la vita di ognuno. Le connessioni spesso non sono adeguate, lente, carenti o impossibili quando precarie attraverso l’hotspot dei cellulari e senza un wf domestico. Non tutti sono riusciti ad accaparrarsi un device adeguato. Il computer è ancora un miraggio in molte famiglie. La situazione degenera per coloro che non hanno ricevuto un’alfabetizzazione informatica e hanno investito le risorse familiare in un cellulare. Nel nostro territorio, in passato era garantito l’accesso gratuito a corsi informatici sia per adulti e ragazzi nelle scuole. Negli anni gli investimenti si sono ridotti e anche l’istruzione pubblica per adulti come i centri EDA sono spariti e ridimensionati. Non si sono fatti investimenti sul lifelong learning. Oggi i nodi vengono al pettine. I dati relativi all’accesso in Internet nel Sud, prima della pandemia, non erano confortanti. Le famiglie hanno subito il ritardo, l’abbandono e le conseguenze dei mancati investimenti e oggi ne pagano il prezzo. Le agevolazioni per l’acquisto di tecnologia non hanno consentito a tutt’oggi l’adeguamento di tutte le famiglie con più figli e in fascia di reddito basso. Probabilmente il sistema doveva essere più stringente ed efficace e sarebbe dovuto partire da un monitoraggio accurato e mirato delle scuole, osservatorio socio – economico speciale, insieme ai servizi sociali. La spesa delle scuole doveva essere orientata esclusivamente all’acquisto di attrezzature da destinare agli alunni in comodato d’uso, come tutti i computer già in dotazione. Rinforzo degli esperti e consulenti, la cui funzione si è smarrita nello tsunami della pandemia così come si è persa notizia dello psicologo a supporto della scuola che avrebbe dovuto essere disponibile per sostenere docenti e studenti.

Lo sforzo della scuola è enorme soprattutto da parte dei docenti che vivono il dramma della separazione e la consapevolezza dell’indebolimento della propria azione didattica dovuta alla distanza. Si avverte la sensazione di una catastrofe educativa e formativa che avrà conseguenze economiche, quantificate in molti studi pubblicati e divulgati attraverso vari articoli, e conseguenze sociali rilevanti. La fragilità economico-sociale si acuirà nei contesti familiari già in difficoltà e sarà emergente tra i nuovi poveri determinati dalla pandemia. Occorrono programmazioni e piani coraggiosi per contrastare le conseguenze di questi eventi sui giovani e sulle famiglie. Gli interventi dovranno essere mirati, puntuali, previdenti a breve e a medio termine e saranno tanto efficaci quanto derivanti dallo studio, dal confronto e dalla sinergia tra i vari attori: scuola, famiglia, comunità, enti locali e privati. Speriamo in una task force per aiutare il futuro e le nuove generazioni. È la nuova sfida del prossimo lustro.

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Coppa Italia TPRA (Federazione Italiana Tennis-Padel) al Club La Tartaruga

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Il settore Tpra della FITP (Federazione Italiana Tennis e Padel) presenta la “Coppa Italia TPRA Tennis 2025”

L’obiettivo è quello di coinvolgere nell’attività, NUOVI giocatori amatoriali, quindi anche nuovi tesserati, coinvolgendoli tramite i circoli, i maestri etc.

Come sappiamo, il fattore squadra, spesso rappresenta una forte motivazione alla partecipazione.

La formula è molto coinvolgente:

– 1^ FASE REGIONALE. 

FASE PROVINCIALE. Le prime 2 squadre di ogni girone accederanno al tabellone ORO, le altre al tabellone ARGENTO.

MASTER PROVINCIALE. Si giocherà con tabellone ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre finaliste dei tabelloni accederanno al Master Regionale.

MASTER REGIONALE. Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre vincitrici accederanno al Master Nazionale.

– 2^ FASE NAZIONALE

Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO.

Il Club La Tartaruga, Presieduto da Lucia Scrima, partecipa alla Coppa Italia categoria femminile competizione che prevede la disputo 2 singolari e un doppio al meglio di tre set ai 6 games con “vantaggio Tpra” e tie-break a 7 punti sul punteggio di 5 giochi pari, in sostituzione dell’eventuale terzo set si disputa un match tie-break a 7 punti.

Domani domenica 23 febbraio 2025 alle ore 10:00 si disputa la prima giornata sui campi in sintetico di Contrada Carpiniello le ragazze del Club La Tartaruga affrontano il TC Cesinali.

Il Club La Tartaruga Ariano Irpino schiera Manuela Leo (capitano) – Graziella Barrasso – Federica Capobianco – Veronica Di Maggio  – Greta Fino – Giuseppina Florenzano – Roberta Morelli e Raffaella Zecchino. 

Il Panathlon Club Ariano Irpino, Associazione Internazionale Benemerita del Coni che promuove l’etica e la lealtà nello Sport,attribuirà il premio “Fair Play” al termine delle varie fasi della Coppa Italia.

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Forza Italia Ariano incontra il Ministero della Giustizia : passi avanti per la riapertura di un secondo Tribunale in provincia di Avellino

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Roma, 17.02.2025– Una delegazione di Forza Italia di Ariano Irpino, guidata dal Segretario cittadino Avv. Giancarlo Giarnese e composta dagli Avv. Giancarlo Di Gregorio, Avv. Crescenzo Perrina e Arch. Alessandro Moschillo, è stata ricevuta questa mattina al Ministero della Giustizia dal Capo di Gabinetto del Ministro Nordio, Dott.ssa Bertolozzi. Al centro dell’incontro, la possibilità di riaprire un secondo tribunale in Provincia di Avellino.

Durante la riunione, la delegazione irpina ha presentato una relazione dettagliata sul progetto, accompagnata dal deliberato dei Sindaci dell’Area Vasta adottato il 13 febbraio scorso. Un documento che testimonia il forte sostegno istituzionale e territoriale all’iniziativa.

Dal confronto è emersa una notizia di grande rilievo: il Governo sta lavorando a un Progetto di Legge che, oltre a stabilizzare i tribunali abruzzesi, prevederà la riapertura di quattro tribunali soppressi nel 2012 e conferirà una delega all’Esecutivo per individuare i criteri utili alla riattivazione di altre sedi giudiziarie, con particolare attenzione alle aree interne.

La volontà dell’Esecutivo di superare la riforma della geografia giudiziaria del 2012 rappresenta un segnale positivo per il territorio irpino. Il Capo di Gabinetto ha già fissato un nuovo incontro dopo l’estate per discutere più concretamente della proposta di un secondo tribunale in provincia di Avellino.

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Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI), il grimaldello per privatizzare la Sanità

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Le liste di attesa sono la fotografia del Sistema Sanitario italiano, finanziato con prelievi fiscali sui redditi dei pensionati, lavoratori e liberi professionisti, eroga prestazioni sanitarie in tempi biblici, anche otto /nove mesi, che compromettono le condizioni di salute della persona ammalata. Tant’è, che, il cittadino, per ottenere prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli, si rivolge all’Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI) che, in regime ambulatoriale, eroga prestazioni specialistiche e/o attività diagnostico strumentale, interventi chirurgici in regime di ricovero ordinario o di Day Hospital/Surgery, prestate dal personale della dirigenza medica e sanitaria in regime di esclusività. Per incanto nello stesso ospedale, reparto, ambulatorio e l’identico medico la prestazione sanitaria viene erogata in poche settimane, imponendo al cittadino di pagare tra le 100/120 euro che in regime ordinario, se fosse esente dal pagare il ticket sanitario, sarebbe stata totalmente a carico del SSN. Forse la mancata riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche va trovata nella volontà di introdurre, in modo silente, non certo in punta di piedi, la privatizzazione del SSN? Giulio Andreotti, affermava: “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Le liste di attesa sono il tema irrisolto sul quale si è cimentato in estate il governo Meloni, ben sapendo che il personale sanitario è sotto organico, sono insufficienti le risorse finanziarie per gli straordinari, è inadeguata la protezione dalle aggressioni degli operati sanitari nei reparti del pronto soccorso. Nel frattempo milioni di cittadino, pur esenti da ticket sanitario, sono sottoposti ad ulteriori esborsi di denari che il rapporto della Fondazione Gimbe/2024 e l’ISTAT/2023, hanno quantificato nella percentuale del 26%, con spese dirette o intermediate, quest’ultime erogate dalle assicurazioni sanitarie. Il piano del governo è chiaro: ridurre la presenza dello Stato a tutto vantaggio della sanità privata e delle assicurazioni sanitarie. Non possiamo rimanere con le mani in tasca, bisogna impedire la lenta agonia del SSN.

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