Attualità
Emergenza Covid-19 Quale efficienza e tamponi? Ora, o si fa l’Italia o si muore!
“Quale allegria se non riesco neanche più a immaginarti, senza sapere se volare, se strisciare, insomma non so più dove cercarti”, cantava Lucio Dalla in una magnifica canzone di quelle suggestive e senza tempo. Ebbene, oggi possiamo dire di trovarci esattamente in quella condizione: non sapere più dove cercare, a chi rivolgerci, come fare per vedere i nostri più elementari diritti preservati e soprattutto, realizzati. La questione paradossale, in questo drammatico momento di smarrimento, è che su tutte predomina un’incertezza: il diritto alla salute, quel diritto fondamentale cioè, tutelato dalla nostra Costituzione. L’art. 32 recita che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Oggi quel diritto ci sembra negato e non ci vengano a proclamare che tutto va bene, che tutto è sotto controllo, quando i fatti dicono ben altro: al Frangipane non ci sono più posti per i ricoveri da Coronavirus, dai social si moltiplicano ogni giorno le richieste di aiuto e se qualcuno è un po’ più capace o fortunato e riesce a trovare canali preferenziali, magari informando gli operatori della comunicazione, ecco che smette improvvisamente la lunga attesa e come per incanto, si vede finalmente praticare il tampone. E chi questi canali non li può raggiungere, è giusto che resti indietro? È pur vero che quest’emergenza ci ha colti tutti di sorpresa, lo riconosciamo, ma è lecito attendersi da coloro che hanno responsabilità di gestione e che per questo percepiscono lauti compensi, soluzioni: sono stati chiamati a svolgere questi ruoli. Se da soli non sono in grado, perché non chiedere aiuto a chi ha maggior esperienza o è formato ad hoc in quei settori? Forse una maggior umiltà da parte dei vertici istituzionali, aiuterebbe tutti a raggiungere lo scopo, ovvero la cura di chi ha bisogno e in questo momento, c’è un ‘intera popolazione lasciata pressoché allo sbando. I medici e i paramedici, sottodimensionati e in prima linea, siamogliene eternamente grati, stanno facendo quel che possono, talvolta anche di più, privi delle strutture e di dispositivi di sicurezza personale, rischiando ogni giorno la vita per curarci. Tornando ai vertici di Regione e ASL, raccogliamo e inoltriamo, tra i numerosi appelli individuati, il grido di dolore di Maria Elena Lanzafame, conterranea che vive a Vancouver in Canada, che rivolgendosi al governatore De Luca, racconta l’odissea dei suoi genitori, chiusi nella zona rossa di Ariano e con grossi problemi di salute (n.d.a.: suo padre è stato uno stimato primario cardiologo presso il nosocomio arianese), e gli chiede se davvero sia convinto che isolando una cittadina, si sconfigga la pandemia. A seguire, quello di Giuseppe Guardabascio, un ex calciatore, che da giorni chiede aiuto attraverso Facebook perché gli venga effettuato il tampone.
Maria Elena Lanzafame: sono indignata e disperata, la politica lasci posto all’umanità
Dottor De Luca,
Sono una cittadina di Ariano Irpino ormai da anni trapiantata in Canada e cittadina canadese da due anni. Posso dirle innanzitutto e non credo lo sapesse ancora che il suo modo diretto e risoluto di gestire la situazione di “lockdown”come lo chiamano qui, è risuonata anche nelle pagine e nei profili social di molti Canadesi che quasi anelano ad avere un simil Giustiziere della notte come lei… Diretto nello stile e spietato nei modi…Vorrei altresì informarla di una situazione che non credo conosca, ma che accade nella regione posta sotto la sua giurisdizione di Presidente.
Guardo a distanza ravvicinata la situazione di Ariano Irpino, che lei ha posto in quarantena fino al 14 aprile e dove io ho familiari anziani con situazioni estremamente preoccupanti. Mio padre, ex primario Medico in pensione 85enne recentemente reduce da un’operazione cardiaca e sofferente di altre patologie, mia madre 84enne con problemi cronici di salute con figlio affetto da sindrome down totalmente non autosufficiente e dipendente in tutto e per tutto da lei.
Nella stessa palazzina, i miei genitori condividono la casa con una anziana zia 83enne reduce da un ricovero ospedaliero al Frangipane per problemi cronici di respirazione che sono stati curati in parte prima dell’abbattersi del flagello Covid-19.
Mia madre dal 20 marzo ha cominciato ad avere febbre e per due giorni ha avuto febbre a 38 con forti dolori articolari e fenomeni di vomito e diarrea. La situazione è andata deteriorandosi poiché, anche se la febbre è scomparsa la situazione gastrica non le ha consentito di alimentarsi arrivando a una situazione di disidratazione e di astenia importante. Il medico curante è stato informato anche se non ha potuto fare granché nella situazione e quindi, grazie all’ intervento di mio padre medico e di mio fratello medico a Loreto An si è deciso di procedere all’ ospedalizzazione. Attivandoci col pronto soccorso dell’Asl di Ariano, purtroppo non è stato possibile accedere all’ ospedale per la lunga linea di ambulanze che aspettavano di poter accedere in sicurezza al punto ospedaliero. La giornata sarebbe passata in attesa e mia madre che si contorceva dai dolori, non era in grado di sopportarlo così abbiamo fatto dietro front e abbiamo deciso di rimandare l’ ospedalizzazione. Mio fratello e mio padre si sono confrontati per iniziare a casa una terapia cortisonica e flebo di supporto per aiutare la reidratazione .Con difficoltà, ma grazie all’aiuto di conoscenti e persone amiche, siamo riusciti a trovare un infermiere, santo ragazzo, che è venuto a casa per somministrare le flebo a mia madre… Mia madre dopo un primo accenno di ripresa forse legato alla sferzata del cortisone, è ripiombata nuovamente nella situazione di astenia e disturbo gastrico, che le impedisce di alimentarsi. Ora il medico curante ha attivato una procedura per richiedere il tampone per Covid-19 e anche se i sintomi non sono quelli comunemente riscontrati nelle infezioni da Covid-19, si teme il peggio. Il mio è un appello disperato: la situazione sta sfuggendo di mano e come i miei genitori, ci sono tante altre situazioni di persone non curate e lasciate morire senza assistenza di nessun genere, senza poter avere un barlume di conforto da terapie minime di sostentamento, come alimentazione parenterale, monitoraggio della situazione e gestione dei sintomi, quando questi non siano riconducibili al Covid- 19. La Sanità in Ariano è al collasso, sicuramente come in altre parti d’Italia ma non posso pensare che lei signor De Luca, possa aver chiuso la città senza mettere in sicurezza i cittadini al suo interno. È vero che le misure debbano essere restrittive, ma la cortina di ferro che lei ha creato serve a sbarazzarsi di tutti gli Arianesi chiudendoli nel cerchio della morte? È forse così che si sconfiggerà il virus in Campania?
Sono indignata, ma ancora di più sono disperata, perché grazie allo scenario che lei ha creato ad Ariano, isolandola e non garantendo la sicurezza dell’ospedale e dei presidi di cura e assistenza sanitaria minima. I miei genitori stanno finendo i loro giorni nel peggiore dei modi, nell’angoscia nel terrore e nella disperazione e come loro non voglio neanche immaginare quanti altri Arianesi stiano soffrendo le pene dell’inferno. La invito a prendere in considerazione una mobilitazione seria ed efficace, che sia di aiuto alla popolazione arianese, dove la politica lascia il posto all’umanità e dove ci sia rapidità e presa di coscienza immediata delle condizioni di salute sul territorio. Lei, signor De Luca, tutte queste persone le avrà sulla coscienza e più ne saranno, più le peseranno. Spero che Dio l’assista, il suo non è un compito facile, ma è adesso che si fa l’Italia o si muore!
Ariano sta morendo dentro le sue mura: non la seppellisca nella polvere da viva!
Mi scuso per la mia franchezza ma credo sia l’unico modo per farle arrivare la mia richiesta disperata di Aiuto, un grido di dolore che parte dal Canada!
Grazie
Giuseppe Guardabascio: ho chiamato persino i Carabinieri ma nessuno è venuto
“Assurdo! Nemmeno oggi vengono a farmi il tampone… inizialmente mi hanno detto di stare chiuso nella stanza fino a quando sarebbero venuti, senza darmi una data precisa… mi sono arrabbiato come una bestia e si sono ripresi per l’ennesima volta i dati, dicendo che verranno domani, poi si sono giustificati dicendo che oggi non faranno tamponi a nessuno perché non ci sono e perché l’Asl ieri sera aveva comunicato di non farli oggi… insomma non sapevano che dire!
Ho avuto la febbre dal 6 al 10 marzo, poi di nuovo dal 13 al 18 e la seconda volta, è stata devastante… ho dormito per due giorni, non riuscivo a tenere gli occhi aperti, poi ho cominciato ad avere difficoltà a respirare con dolori al petto, infine perdita di gusto e olfatto che ancora non recupero. Ho chiamato tutti i numeri indicati: quello nazionale, quello regionale, il medico di base, numero Asl, il 118 e infine, anche i carabinieri… non si è fatto vedere nessuno e non mi ha chiamato nessuno fino ad oggi. L’unica cosa che chiedevano era se avessi crisi respiratorie importanti, siccome avevo “solo” difficoltà a respirare, hanno ritenuto opportuno non fare nulla!!! Sono rinchiuso in una cameretta da più di 10 giorni, l’unica cosa che mi hanno detto di fare senza sapere se sono positivo o negativo, per il resto abbandono totale! Ho provato a sentire pareri di diversi medici, ho fatto ricerche su siti attendibili, purtroppo non c’è chiarezza… informazioni contrastanti, chi dice che si è contagiosi per 14 giorni dalla manifestazione dei sintomi, chi dice che lo si è anche dopo la scomparsa dei sintomi… insomma ci si ritrova in balia delle onde, una cosa però l’ho capita: bisogna fare i tamponi a tutti! Io sono stato coscienzioso e mi sono isolato senza sapere di essere o meno positivo, ma ci sono tante persone asintomatiche che vanno in giro a contagiare gli altri senza saperlo! Poi ci meravigliamo dei numeri impressionanti di morti e contagiati, che ogni giorno travolgono gli Italiani… Continuiamo a cantare dai balconi e a scrivere che ce la faremo, con la disorganizzazione degli ospedali e l’assenza totale dello Stato, la vedo molto dura… per uscire da questo incubo ci vuole solo la dittatura come in Cina!”
Attualità
Pallavolo Serie D – Esordio fuori casa per il GSA Pallavolo Ariano
Dopo aver conquistato nella scorsa stagione la promozione in serie D, la Coppa e la SuperCoppa IrpiniaSannio, il GSA PALLAVOLO ARIANO sabato 2 novembre scende in campo a Cava dei Tirreni per la prima gara del campionato di serie D maschile.
La partita inizierà alle ore 19.30 per dare avvio ad una nuova fase agonistica che il GSA intende giocare per l’alta classifica.
Confermato lo staff tecnico con Giulio Filomena e Nico Medici a guidare il gruppo nel quale saranno ancora G. Santosuosso, L. Guardabascio e R. Caso punti di riferimento per giovani promettenti come M. Molinario, M. Ninfadoro , C. Capozzi e P.Borriello. La qualità non manca nel resto della squadra con G. Ricciardi, A. La Luna, L. Schiavo, H. Chiaradonna, A. Iandoli, T. Barrasso , M. Toriello a disposizione dei tecnici per dimostrare di valere la categoria.
Per questa importante avventura regionale, la società arianese è pronta anche a lanciare i giovanissimi dell’Under 17 che già hanno messo in mostra il loro positivo spessore con una vittoria per 3-0 nel debutto casalingo con i pari età dell’Academy nel torneo territoriale di categoria.
Per l’esordio fuori casa gli arianesi dovranno aspettarsi una gara difficile e confrontarsi con un avversario molto solido; il fattore campo può aiutare i cavesi, ma il GSA deve subito metabolizzare le difficoltà della serie regionale e scendere sul parquet con la consapevolezza di saper imporre il proprio gioco per conquistare la vittoria.
Attualità
Giornata delle Forze Armate – Il 4 Novembre ad Ariano la cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale
L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino, in una sobria e solenne cerimonia, vuole commemorare i Caduti di tutte le Guerre, rendere omaggio alle Forze Armate, celebrando la Festa dell’Unità Nazionale, in ricordo della fine della prima Guerra Mondiale.
Appuntamento lunedì 4 novembre 2024 alle ore 10,00 al Piano della Croce presso il Monumento ai Caduti dove, alla presenza delle Autorità Civili, Militari e Religiose, verrà deposta la Corona di alloro, sulle note dell’Inno Nazionale.
Una Corona di Alloro verrà deposta anche davanti al busto di Giulio Lusi in Villa Comunale e nell’atrio di Palazzo di Città.
Il messaggio istituzionale è rivolto alle nostre giovani generazioni, per non dimenticare i nostri Caduti in Guerra, morti per gli ideali risorgimentali di indipendenza, di libertà, di democrazia che hanno determinato l’Unità d’Italia ed esprimere riconoscenza per coloro che ancora oggi rischiano la vita al Servizio della Comunità.
La cittadinanza è invitata a partecipare.
Attualità
Roberto Zaffiro: vi racconto la mia Africa e vi invito a diventare benefattori
Imprenditore nel settore edile (azienda di dieci dipendenti), insieme ad altri due fratelli, sposato e con due figli, Roberto Zaffiro, con il pieno sostegno della famiglia, si dedica anima e corpo alla missione che lo appassiona e gratifica di più: dalla costruzione di pozzi e scuole, ai presidi ospedalieri, in Africa. Il 5 novembre partirà per la Nigeria e in gennaio per il Benin
“Un tempo ero laico, poi a 37 anni, 20 anni fa, c’è stata la mia conversione, a seguito del viaggio a Medugorje, – ci racconta. Il senso di solidarietà l’ho però sempre avuto nel DNA, tanto che ogni volta che ho girato il mondo, ho sempre elargito del denaro, ai bisognosi che mi è capitato di incontrare”.
Quando hai capito che la tua missione era dedicarti in maniera più completa agli altri?
La svolta a seguito del viaggio a Medugorje. Fino ad allora ero stato una sorta di superficiale credente praticante, che girava il mondo, compresa l’Africa, anche in moto, e non dava grande importanza ai sacramenti e alla preghiera. In quel luogo, come se avessi improvvisamente intuito le mie miserie e fragilità, ho pianto molto e ho capito che dovevo cambiare la mia vita e relazionarmi in maniera diversa con Dio. È cominciata così la mia conversione, incrementando anche la frequentazione della Chiesa, finché a Montevergine (AV) non ho incontrato padre Jean Baptist, sacerdote originario del Benin (Diocesi Kandi-Benin), specializzatosi a Roma. Siamo diventati amici e, dopo che mi ha mostrato le carenze d’acqua nel suo villaggio, gli ho donato un pozzo. Quando è tornato in Africa, mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarlo. Nel 2012 l’ho raggiunto e ho cominciato a guardare l’Africa con occhi nuovi, mi sono reso conto della vita di sofferenza della popolazione: bambini e adulti che bevevano dalle pozzanghere esponendosi a malattie, quando non la morte, bambini costretti a percorrere chilometri con le taniche in testa per approvvigionarsi dell’acqua. Un pozzo è una fonte di acqua viva utile a diverse comunità, talvolta serve fino a diecimila persone o più (dipende dalla grandezza dei villaggi) e nel tempo, cambia radicalmente la loro vita: cominciano ad allevare animali, a praticare l’agricoltura. L’acqua è di interesse primario: il 60-70 per cento dei nostri fondi li impieghiamo nella costruzione dei pozzi, a cui facciamo seguire attività ambulatoriali, considerando che, per accedere all’assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere centinaia di chilometri e talvolta non c’è il tempo, né la possibilità, di farlo. Molte malattie derivano dalla mancanza di igiene, dal fatto che non ci si può lavare: da una banale diarrea si passa alla febbre, inizia la sofferenza, che diventa acuta, poi grave e infine, può portare alla morte. Un piccolo presidio sanitario, con almeno uno-due infermieri e un medico, serve a trasmettere i fondamenti dell’igiene necessari a prevenire diverse malattie, anche se, per quelle più gravi, bisogna recarsi presso gli ospedali. Agli ambulatori cerchiamo di affiancare la promozione dell’istruzione di base che consenta ai più poveri, che non possono permettersi la scuola, almeno di difendere i diritti propri e della famiglia: l’istruzione emancipa e salva il mondo. Come individuate dove costruire un pozzo?
Primo step individuare il punto, poi una sorta di rabdomante, col talento sensibile nelle mani, scopre dove potrebbe esserci più acqua, quindi arriva la trivella, che in genere scava per 4-5 ore, con tutta la popolazione intorno, che festeggia il grande evento, che cambierà la loro la vita. Il primo getto d’acqua, è un vero spettacolo: vediamo la gioia dei bambini e della gente. Documentiamo tutto in diretta e lo postiamo sui social, poi, a fine missione, montiamo un filmato che mostreremo ad amici, conoscenti e benefattori, nonché a chi volesse diventarlo. Vogliamo dimostrare che facciamo opere concrete e cerchiamo di renderci utili, per alleviare almeno in parte, la sofferenza di quelle popolazioni. Realizzare un pozzo costa circa 7-8 mila euro, ma dipende dal luogo, dalla quantità e dalla profondità del terreno. Un ambulatorio sanitario, così come una scuola, costa intorno ai 20-30 mila euro, a seconda delle dimensioni.
Finora abbiamo realizzato 24 pozzi in Benin, uno in Malawi e 5 in Nigeria, che servono una popolazione complessiva di circa 350 mila abitanti.
La strada la preparano i religiosi, che, oltre alle lingue locali, compresi i vari dialetti, parlano inglese, francese ed italiano. Con le loro diocesi, di dimensioni notevoli, sono radicati sul territorio, interloquiscono coi capi villaggio, i quali, al di là dei diversi credo religiosi, convivono senza combattersi. Ogni iniziativa la condividiamo con i capi delle comunità: acqua, sanità, scuola, sono per tutti, cristiani, musulmani, animalisti. Questo ci consente anche di approcciarci a quei territori senza temere per la nostra incolumità.
Con quali modalità raccogliete le risorse necessarie?
I fondi vengono raccolti sia con la promozione di giornate di beneficenza, sia nelle chiese, attraverso l’associazione Regina della Pace e Carità (con sede in Flumeri, AV), finalizzata a promuovere e gestire interventi di cooperazione allo sviluppo e progresso umano, economico e sociale, attraverso la costruzione di pozzi, scuole, ambulatori, orfanotrofi e chiese, nei Paesi in via di sviluppo. Nata allo specifico scopo della missione in Africa, la onlus è composta da 12 persone, 3 delle quali, sacerdoti africani. I sacerdoti, vivendo in Africa, conoscono il territorio e poiché ogni anno vengono in Italia, fermandosi per circa 40 giorni presso le parrocchie, ci aiutano a progettare le sfide che realizzeremo insieme. Sono loro i veri esecutori delle opere: i pozzi si scavano rapidamente in nostra presenza, ma per le altre opere che invece richiedono mesi, noi ogni anno andiamo a verificare ciò che è stato realizzato e lo inauguriamo insieme. Quest’anno abbiamo realizzato 3 pozzi in Benin e altri 3 ne realizzeremo entro fine anno in Nigeria: partiremo il 5 novembre, per tornare il 19. Per l’inizio del 2025 realizzeremo una chiesa e ancora 4 pozzi in Benin, nonché giornate sanitarie e visite agli orfanotrofi locali. Giacché abbiamo costruito tre ambulatori in Benin, tra cui un ospedale della maternità, promuoveremo la formazione sanitaria, invitando le popolazioni limitrofe, alle quali si insegnerà la prevenzione di base e doneremo dei medicinali, che, su indicazione dei medici locali, acquistiamo direttamente in loco o nelle città più grandi, che distano anche fino a 250 km. Spesso i bambini hanno la pancia gonfia dovuta ai vermi, così acquistiamo il farmaco per la sverminazione, che costa un euro e mezzo e salva loro la vita o la tachipirina, utile in caso di febbre alta. Molti bambini vengono abbandonati nella savana, se la famiglia a causa dell’estrema povertà non può mantenerli, oppure se malati o albini (pensano siano indemoniati), così suore, preti e laici, li raccolgono e li portano negli istituti religiosi dotati di orfanotrofi (30-40 posti), che però soffrono difficoltà economiche e alimentari. Quando li visitiamo, doniamo una metà delle offerte in beni materiali, riso, olio e latte in polvere, e il resto, tra i mille e i tremila euro (a seconda di ciò di ciò che siamo riusciti a mettere da parte), lo diamo alla struttura come sostegno economico. Cerchiamo di metterli in condizioni di andare avanti per qualche mese, di dare ai loro ospiti una speranza per il futuro. Nel 2026 in Malawi vorremmo realizzare un orfanotrofio per bambini abbandonati e disabili e 2-3 pozzi, per cui stiamo raccogliendo fondi e invitiamo chiunque potesse e volesse, a contribuire.
Che altro fare per aiutare concretamente gli Africani?
I governi locali dovrebbero preoccuparsi, per cominciare, di dare l’acqua, consentire l’istruzione e la sanità, che fornirebbe a quelle popolazioni i mezzi per progredire ed essere autonome a casa loro. In tal modo, non avrebbero bisogno di rischiare la vita sui barconi, per illusioni irrealizzabili. Purtroppo i loro governanti sono spesso dittatori che non hanno alcun interesse a metterli in condizioni di autosufficienza, ma preferiscono tenerli nell’ignoranza, per poterli gestire.
Dal canto nostro, immersi nel benessere, noi consumiamo cose inutili, sprechiamo e buttiamo. Vorrei esortare a pensare a chi ora sta soffrendo, destinando ciò che per noi è superfluo a chi invece ha necessità basilari. Per dirla con madre Teresa di Calcutta: la condivisione sconfigge la povertà.
Siete in procinto di partire per la prossima missione…
Il 5 novembre partiremo per la Nigeria per due settimane. Sarò accompagnato da due nuovi benefattori, Giovanni Parrella di Motesarchio (BN), e Angela Ciasullo di Flumeri, che documenterà i lavori anche filmando e, per la missione, è riuscita a superare la sua antica paura per gli aghi, poiché ha dovuto vaccinarsi, e persino quella di volare. Ognuno di noi ha sostenuto autonomamente il costo del biglietto (1.000 €) e dei visti (300 €). Dal 16 gennaio al 5 febbraio tornerò in Benin, ancora con Angela Ciasullo e i parroci: Don Alessandro Pascale, di Prato Principato Ultra, Don Alberico Grella, di Sturno, Don Rino Morra, di Bisaccia e chiunque volesse aggiungersi”.
I prossimi eventi per raccogliere fondi e visionare quanto realizzato in Benin: sabato 30 novembre 2024 alle 20, cena di beneficenza (20 €) presso i Saloni dell’Oratorio ANSPI San Prisco (Via Grotte) a Passo Eclano (AV); domenica 8 dicembre 2024 a Zungoli (AV), ore 13 pranzo di beneficenza (25 €), presso il Convento San Francesco. Ulteriori informazioni (e prenotazioni) su: https://www.reginadellapaceecarita.org
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