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Emergenza Covid-19 Ribellarsi, come nella Fattoria degli animali

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La fattoria e gli animali, libro di George Arthur Blair, pseudonimo Orwell, pubblicato alla fine del secondo conflitto mondiale (1945), è uno di quei documenti (una testimonianza che attraversa i tempi) che va letto, da tutti e spesso, al pari de: I Promessi Sposi e il Decameron. Dal 5 marzo abbiamo memorizzato volti, voci e affermazioni di “politici” del Nord Italia, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Friuli Venezia Giulia, le cui dichiarazioni sono penetrate nelle nostre menti:… “il Governo non decide per la chiusura, faremo noi, né dalla protezione civile né dal Governo arrivano mascherine, la nostra Sanità affronta da sola questa pandemia…’’. Di contralto, più voci si sono levate a pretendere interventi, denaro, mezzi e personale. Abbiamo cominciato a porci domande senza avere risposte, se non le interessate comparse televisive di luminari della scienza che, generosamente, elargivano pillole di terrore. Le persone, perché di esseri umani parliamo, morivano per un insieme di patologie. Noi del Sud, terroni, abbiamo assistito alla finestra intimamente sicuri che si trattasse di una questione legata a smog – fabbriche – concentrazione demografica – viaggi da e per l’estero. Abbiamo riso delle esternazioni del Governatore della Campania De Luca. Dopo un mese abbiamo imparato il concetto di sottovalutazione della pandemia, verità non dette sui dati del contagio. Abbiamo imparato, divenendo tutti epidemiologi, virologi, infettivologi, nonché il concetto di test rapidi, tamponi, laboratori accreditati per la lavorazione di essi e strumenti di indagine. Abbiamo inseguito i termini dopo i quali avremmo aperto porte, finestre, vestiti a festa e saremmo usciti a danzare. Neanche in questa fase le verità ci sono state elargite. In Lombardia avrebbero potuto chiudere le attività per evitare l’estensione del contagio; in Veneto avrebbero potuto fare la stessa cosa, in Emilia-Romagna pure: ovunque. La regionalizzazione della Sanità, non la si può scoprire dopo migliaia di morti. Non è giusto. Non è umano. La superficialità messa in campo, unitamente a tanti camici di sanitari che ci hanno rimesso la vita per salvarne il più possibile, ha trasformato gli ospedali in tragiche fonti di infezione. Ma il Nord, quel Nord della Lega, di FdI e del PD, non deve fermarsi: l’economia innanzitutto! Le verità in tempo di guerra vengono mascherate all’interno dei confini per tenere alto il morale della “truppa” e dell’opinione pubblica. Al di sotto di Roma capitale, qualche presidente di Giunta Regionale ha riletto l’articolo 32 della legge 833 del 1978, il Testo Unico che in Italia regola e attribuisce le competenze legislative a Stato e Regioni in materia sanitaria. Il comma 1 stabilisce la possibilità per il Ministro della Sanità di emettere ordinanze urgenti in materia di Igiene e sanità pubblica. Il comma 3 del medesimo articolo, prevede che lo stesso possa essere fatto “dal presidente della giunta regionale o dal sindaco”, con efficacia limitata al territorio da essi governato. Cioè il Governatore regionale, il Sindaco, può emettere ordinanze urgenti. Non risulta che sia inibito, tale potere, ai Sindaci o Commissari. Le verità, si diceva. Del contagio in Cina, le Autorità erano informate sin da gennaio, al punto da dichiarare l’allarme di pre-epidemia. Nessun ospedale era attrezzato, il personale non era addestrato: nessuno si è preoccupato di dotarsi di strumenti protettivi. Nessuno ha sentito il dovere di informare i cittadini. Solo in parte si è dato retta alle indicazioni a più riprese esternate dal Prof. Crisanti, esperto di virus. Nessuno, però, avrebbe immaginato di scoprire l’uso criminale delle R.S.A.(Residenza sanitaria assistenziale) quali spazi nei quali depositare persone in fin di vita: neppure il migliore autore di thriller avrebbe immaginato la scomparsa delle analisi dalle cartelle cliniche dei ricoverati d’urgenza. Questo ci riporta tragicamente con la memoria a Birkenau… Ora che molto sappiamo, assistiamo alla ripetizione della stessa leggerezza nelle strutture sanitarie, pubbliche, private o convenzionate. Medici che lasciano intendere di sentirsi al fronte senza armi, medici che dichiarano “va tutto bene”, strutture all’interno delle quali, a macchia di leopardo sul territorio campano, si accendono scintille (= contagi), infezioni avvenute all’interno di bar, pizzerie, ristoranti. Quali verità? Quelle spacciate sui social dai dirigenti, oppure quelle nascoste dietro i numeri che fanno salire il contatore? Qual è la verità negli ospedali irpini? Qual è la situazione nelle strutture private -convenzionate ospitanti persone? Qual è la verità nelle strutture regionali? Di certo, una verità che nessun esperto dice, è che dobbiamo ripensare al possibile modo di vivere, per poi elaborare un nuovo concetto di vita futura. Con il contagio, probabile, non soltanto reale, dobbiamo convivere; con il contagio dobbiamo concepire modifiche di parte, almeno per quanto riguarda il mondo del lavoro; dobbiamo cambiare modo di relazionarci o per chi resta in vita, il modo di relazionarsi in generale. Nel frattempo, per aggiungere dramma nel dramma, ci sono “umani” che spingono sbandati sui barconi per attraversare il Mediterraneo: il decreto di chiusura dei porti, è forse lo “scambio” con la Lega, per ottenere l’ok al prossimo DPCM? Non esiste il giorno, dopo il quale potremo dire, “è stato solo un brutto sogno”. Con questa spada di Damocle dovremo convivere per mesi, forse per anni, non inseguiamo le dichiarazioni che in televisione cercano di mitigare l’enorme e tragica responsabilità del Nord. Al momento l’unica ricetta sicura è “Restare in casa”, ed uscire solo per necessità. Cosi, sì, ce la faremo! Ma non dimentichiamo di ribellarci, proprio come gli animali nella fattoria di Orwell, che si ribellano agi uomini, per cambiare questa società, ripensarla e guarirla.

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Pallavolo Serie D – Esordio fuori casa per il GSA Pallavolo Ariano

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Dopo aver conquistato nella scorsa stagione la promozione in serie D, la Coppa e la SuperCoppa IrpiniaSannio,  il GSA PALLAVOLO ARIANO sabato 2 novembre scende in campo a Cava dei Tirreni per la prima gara del campionato di serie D maschile.

La partita inizierà alle ore 19.30 per dare avvio ad una nuova fase agonistica che il GSA intende giocare  per l’alta classifica.

Confermato lo staff tecnico con Giulio Filomena e Nico Medici a guidare il gruppo nel quale saranno ancora  G. Santosuosso, L. Guardabascio e R. Caso  punti di riferimento per giovani promettenti come M. Molinario, M. Ninfadoro , C. Capozzi e P.Borriello. La qualità non manca nel resto della squadra con  G. Ricciardi, A. La Luna, L. Schiavo, H. Chiaradonna, A. Iandoli, T. Barrasso , M. Toriello  a disposizione dei tecnici per dimostrare di  valere la categoria.

Per questa importante avventura regionale, la società arianese è pronta  anche a lanciare i giovanissimi dell’Under 17 che già hanno messo in mostra il loro positivo spessore con una vittoria per 3-0 nel debutto casalingo con i pari età dell’Academy nel torneo territoriale di categoria.

Per l’esordio fuori casa gli arianesi dovranno aspettarsi una gara difficile e confrontarsi con un avversario molto solido; il fattore campo può aiutare i cavesi, ma il GSA deve subito metabolizzare le difficoltà della serie regionale e scendere sul parquet con la consapevolezza di saper imporre il proprio gioco  per conquistare la vittoria.

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Giornata delle Forze Armate – Il 4 Novembre ad Ariano la cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale

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L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino, in una sobria e solenne cerimonia, vuole  commemorare i Caduti di tutte le Guerre, rendere omaggio alle Forze Armate, celebrando la Festa dell’Unità Nazionale, in ricordo della fine della prima Guerra Mondiale.

Appuntamento lunedì 4 novembre 2024 alle ore 10,00 al Piano della Croce presso il Monumento ai Caduti dove, alla presenza delle Autorità Civili, Militari e  Religiose, verrà   deposta la   Corona di alloro, sulle note dell’Inno Nazionale.

Una  Corona di Alloro verrà deposta anche davanti al busto di Giulio Lusi in Villa Comunale e nell’atrio di Palazzo di Città.

Il messaggio istituzionale  è rivolto alle nostre giovani generazioni, per non dimenticare  i nostri Caduti in Guerra, morti per gli ideali risorgimentali di indipendenza, di libertà, di democrazia che hanno determinato l’Unità d’Italia ed esprimere riconoscenza per coloro che ancora oggi rischiano la vita al Servizio della Comunità.

La cittadinanza  è invitata a partecipare.

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Roberto Zaffiro: vi racconto la mia Africa e vi invito a diventare benefattori

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Imprenditore nel settore edile (azienda di dieci dipendenti), insieme ad altri due fratelli, sposato e con due figli, Roberto Zaffiro, con il pieno sostegno della famiglia, si dedica anima e corpo alla missione che lo appassiona e gratifica di più: dalla costruzione di pozzi e scuole, ai presidi ospedalieri, in Africa. Il 5 novembre partirà per la Nigeria e in gennaio per il Benin

“Un tempo ero laico, poi a 37 anni, 20 anni fa, c’è stata la mia conversione, a seguito del viaggio a Medugorje, – ci racconta. Il senso di solidarietà l’ho però sempre avuto nel DNA, tanto che ogni volta che ho girato il mondo, ho sempre elargito del denaro, ai bisognosi che mi è capitato di incontrare”.  

                                                                                                                                            

Quando hai capito che la tua missione era dedicarti in maniera più completa agli altri?                                                                              

 La svolta a seguito del viaggio a Medugorje. Fino ad allora ero stato una sorta di superficiale credente praticante, che girava il mondo, compresa l’Africa, anche in moto, e non dava grande importanza ai sacramenti e alla preghiera. In quel luogo, come se avessi improvvisamente intuito le mie miserie e fragilità, ho pianto molto e ho capito che dovevo cambiare la mia vita e relazionarmi in maniera diversa con Dio. È cominciata così la mia conversione, incrementando anche la frequentazione della Chiesa, finché a Montevergine (AV) non ho incontrato padre Jean Baptist, sacerdote originario del Benin (Diocesi Kandi-Benin), specializzatosi a Roma. Siamo diventati amici e, dopo che mi ha mostrato le carenze d’acqua nel suo villaggio, gli ho donato un pozzo. Quando è tornato in Africa, mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarlo. Nel 2012 l’ho raggiunto e ho cominciato a guardare l’Africa con occhi nuovi, mi sono reso conto della vita di sofferenza della popolazione: bambini e adulti che bevevano dalle pozzanghere esponendosi a malattie, quando non la morte, bambini costretti a percorrere chilometri con le taniche in testa per approvvigionarsi dell’acqua. Un pozzo è una fonte di acqua viva utile a diverse comunità, talvolta serve fino a diecimila persone o più (dipende dalla grandezza dei villaggi) e nel tempo, cambia radicalmente la loro vita: cominciano ad allevare animali, a praticare l’agricoltura. L’acqua è di interesse primario: il 60-70 per cento dei nostri fondi li impieghiamo nella costruzione dei pozzi, a cui facciamo seguire attività ambulatoriali, considerando che, per accedere all’assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere centinaia di chilometri e talvolta non c’è il tempo, né la possibilità, di farlo. Molte malattie derivano dalla mancanza di igiene, dal fatto che non ci si può lavare: da una banale diarrea si passa alla febbre, inizia la sofferenza, che diventa acuta, poi grave e infine, può portare alla morte. Un piccolo presidio sanitario, con almeno uno-due infermieri e un medico, serve a trasmettere i fondamenti dell’igiene necessari a prevenire diverse malattie, anche se, per quelle più gravi, bisogna recarsi presso gli ospedali. Agli ambulatori cerchiamo di affiancare la promozione dell’istruzione di base che consenta ai più poveri, che non possono permettersi la scuola, almeno di difendere i diritti propri e della famiglia: l’istruzione emancipa e salva il mondo.                                                                                                                                                                             Come individuate dove costruire un pozzo?    

                                                                                                                                                   

Primo step individuare il punto, poi una sorta di rabdomante, col talento sensibile nelle mani, scopre dove potrebbe esserci più acqua, quindi arriva la trivella, che in genere scava per 4-5 ore, con tutta la popolazione intorno, che festeggia il grande evento, che cambierà la loro la vita. Il primo getto d’acqua, è un vero spettacolo: vediamo la gioia dei bambini e della gente. Documentiamo tutto in diretta e lo postiamo sui social, poi, a fine missione, montiamo un filmato che mostreremo ad amici, conoscenti e benefattori, nonché a chi volesse diventarlo. Vogliamo dimostrare che facciamo opere concrete e cerchiamo di renderci utili, per alleviare almeno in parte, la sofferenza di quelle popolazioni. Realizzare un pozzo costa circa 7-8 mila euro, ma dipende dal luogo, dalla quantità e dalla profondità del terreno. Un ambulatorio sanitario, così come una scuola, costa intorno ai 20-30 mila euro, a seconda delle dimensioni.                                                                                             

Finora abbiamo realizzato 24 pozzi in Benin, uno in Malawi e 5 in Nigeria, che servono una popolazione complessiva di circa 350 mila abitanti.  

                                                                                                                                                                

La strada la preparano i religiosi, che, oltre alle lingue locali, compresi i vari dialetti, parlano inglese, francese ed italiano. Con le loro diocesi, di dimensioni notevoli, sono radicati sul territorio, interloquiscono coi capi villaggio, i quali, al di là dei diversi credo religiosi, convivono senza combattersi. Ogni iniziativa la condividiamo con i capi delle comunità: acqua, sanità, scuola, sono per tutti, cristiani, musulmani, animalisti. Questo ci consente anche di approcciarci a quei territori senza temere per la nostra incolumità.

                                                                                                                                                                                                                                                                      

Con quali modalità raccogliete le risorse necessarie?     

                                                                                                                                       

  I fondi vengono raccolti sia con la promozione di giornate di beneficenza, sia nelle chiese, attraverso l’associazione Regina della Pace e Carità (con sede in Flumeri, AV), finalizzata a promuovere e gestire interventi di cooperazione allo sviluppo e progresso umano, economico e sociale, attraverso la costruzione di pozzi, scuole, ambulatori, orfanotrofi e chiese, nei Paesi in via di sviluppo. Nata allo specifico scopo della missione in Africa, la onlus è composta da 12 persone, 3 delle quali, sacerdoti africani. I sacerdoti, vivendo in Africa, conoscono il territorio e poiché ogni anno vengono in Italia, fermandosi per circa 40 giorni presso le parrocchie, ci aiutano a progettare le sfide che realizzeremo insieme. Sono loro i veri esecutori delle opere: i pozzi si scavano rapidamente in nostra presenza, ma per le altre opere che invece richiedono mesi, noi ogni anno andiamo a verificare ciò che è stato realizzato e lo inauguriamo insieme. Quest’anno abbiamo realizzato 3 pozzi in Benin e altri 3 ne realizzeremo entro fine anno in Nigeria: partiremo il 5 novembre, per tornare il 19. Per l’inizio del 2025 realizzeremo una chiesa e ancora 4 pozzi in Benin, nonché giornate sanitarie e visite agli orfanotrofi locali. Giacché abbiamo costruito tre ambulatori in Benin, tra cui un ospedale della maternità, promuoveremo la formazione sanitaria, invitando le popolazioni limitrofe, alle quali si insegnerà la prevenzione di base e doneremo dei medicinali, che, su indicazione dei medici locali, acquistiamo direttamente in loco o nelle città più grandi, che distano anche fino a 250 km. Spesso i bambini hanno la pancia gonfia dovuta ai vermi, così acquistiamo il farmaco per la sverminazione, che costa un euro e mezzo e salva loro la vita o la tachipirina, utile in caso di febbre alta. Molti bambini vengono abbandonati nella savana, se la famiglia a causa dell’estrema povertà non può mantenerli, oppure se malati o albini (pensano siano indemoniati), così suore, preti e laici, li raccolgono e li portano negli istituti religiosi dotati di orfanotrofi (30-40 posti), che però soffrono difficoltà economiche e alimentari. Quando li visitiamo, doniamo una metà delle offerte in beni materiali, riso, olio e latte in polvere, e il resto, tra i mille e i tremila euro (a seconda di ciò di ciò che siamo riusciti a mettere da parte), lo diamo alla struttura come sostegno economico. Cerchiamo di metterli in condizioni di andare avanti per qualche mese, di dare ai loro ospiti una speranza per il futuro. Nel 2026 in Malawi vorremmo realizzare un orfanotrofio per bambini abbandonati e disabili e 2-3 pozzi, per cui stiamo raccogliendo fondi e invitiamo chiunque potesse e volesse, a contribuire.                                                                                                                                                              

 Che altro fare per aiutare concretamente gli Africani?                            

                                                                                                        

  I governi locali dovrebbero preoccuparsi, per cominciare, di dare l’acqua, consentire l’istruzione e la sanità, che fornirebbe a quelle popolazioni i mezzi per progredire ed essere autonome a casa loro. In tal modo, non avrebbero bisogno di rischiare la vita sui barconi, per illusioni irrealizzabili. Purtroppo i loro governanti sono spesso dittatori che non hanno alcun interesse a metterli in condizioni di autosufficienza, ma preferiscono tenerli nell’ignoranza, per poterli gestire.                                                                                                                  

Dal canto nostro, immersi nel benessere, noi consumiamo cose inutili, sprechiamo e buttiamo. Vorrei esortare a pensare a chi ora sta soffrendo, destinando ciò che per noi è superfluo a chi invece ha necessità basilari. Per dirla con madre Teresa di Calcutta: la condivisione sconfigge la povertà.                                                      

 Siete in procinto di partire per la prossima missione…

                                                                                                                              

 Il 5 novembre partiremo per la Nigeria per due settimane. Sarò accompagnato da due nuovi benefattori, Giovanni Parrella di Motesarchio (BN), e Angela Ciasullo di Flumeri, che documenterà i lavori anche filmando e, per la missione, è riuscita a superare la sua antica paura per gli aghi, poiché ha dovuto vaccinarsi, e persino quella di volare. Ognuno di noi ha sostenuto autonomamente il costo del biglietto (1.000 €) e dei visti (300 €).                                                                                                                                                                              Dal 16 gennaio al 5 febbraio tornerò in Benin, ancora con Angela Ciasullo e i parroci: Don Alessandro Pascale, di Prato Principato Ultra, Don Alberico Grella, di Sturno, Don Rino Morra, di Bisaccia e chiunque volesse aggiungersi”. 

                                                                                                                                                                                                                                  

I prossimi eventi per raccogliere fondi e visionare quanto realizzato in Benin: sabato 30 novembre 2024 alle 20, cena di beneficenza (20 €) presso i Saloni dell’Oratorio ANSPI San Prisco (Via Grotte) a Passo Eclano (AV); domenica 8 dicembre 2024 a Zungoli (AV), ore 13 pranzo di beneficenza (25 €), presso il Convento San Francesco. Ulteriori informazioni (e prenotazioni) su: https://www.reginadellapaceecarita.org

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