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Foriana Mastandrea :”La prescrizione giova a chi delinque: la mia vicenda”

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Di Floriana Mastandrea

Il 16 dicembre 2019, alle 14, dopo una lunga e accesa Camera di Consiglio seguita all’udienza del 13 dicembre, la Suprema Corte di Cassazione comunicava il dispositivo della sentenza, rigettando i tre lunghi ricorsi proposti dalla notaia Luisa Romei e da mio fratello, Roberto Sampietro, contro la sentenza del 09/10/2018 della Corte di Appello di Napoli, che li aveva condannati, rispettivamente, a 2 anni e 3 mesi e 3 anni e 2 mesi di reclusione, ordinando la trasmissione alla competente Procura della Repubblica di Benevento dei verbali testimoniali del I e II grado dei due testimoni firmatari del testamento, nonché dipendenti della LIMA di mio fratello.

Il 22 gennaio 2020, la Cassazione ha depositato in 40 pagine, le motivazioni della sentenza, nelle quali passa in rassegna i motivi dei ricorsi dei 4 avvocati della difesa, due grossi nomi per la Romei, Spigarelli e Jappelli del Foro di Roma e di Santa Maria Capua Vetere e due altrettanto noti avvocati, Toraldo e Pansini, del Foro di Napoli, per Sampietro. Ricorsi ritenuti tutti inammissibili in fatto e in diritto, con conferma di tutte le statuizioni civili (falsità del testamento, risarcimento del danno e condanna alle spese): il tutto in accoglimento delle richieste della parte civile, che per legge, poteva invece usufruire di un solo difensore, com’è stato, l’avv. Giuseppe Bellaroba, autore di una brillante discussione. Dal punto di vista degli effetti penali e della pena detentiva comminata in secondo grado, la Corte di Cassazione rilevava d’ufficio un vizio nella contestazione da parte della Procura di una aggravante e dichiarava quindi la prescrizione dei reati contestati agli imputati che, esclusivamente grazie a tale rilievo procedurale, evitavano la definitiva conferma della pena, comminata in secondo grado senza alcun beneficio.

Intoccabili? – A marzo del 2012 le indagini preliminari su Roberto Sampietro, Cecilia Majello e la notaia Luisa Romei, risultavano chiuse: c’erano voluti quasi tre anni! Il Sostituto Procuratore della Repubblica (PM) aveva chiesto al GIP la sospensione della notaia dall’albo notarile, ma tale richiesta fu respinta. Il PM ricorse allora al Tribunale del riesame, ma anche in quella sede la richiesta fu respinta. Fu chiesto il rinvio a giudizio, per aggressione (art.582 C.p.) per la Majello e: concorso (art.110 C.p.) in falsità ideologica (art. 479 C.p.) e materiale (art.476 C.p.) per la notaia e mio fratello, quest’ultimo quale istigatore-promotore. Molti di più avrebbero dovuto essere i capi d’imputazione: il PM ne aveva trascurato altri, a partire dalla circonvenzione di incapace. Nel luglio 2012 mio fratello mi chiamò per chiedermi un incontro, e una delle prime cose che mi disse al telefono, fu che avevo “fatto male a mettermi contro la notaia”. L’avevo già sentito da altri, persino da qualche avvocato. Mentre qualcun altro, mi incoraggiava e lodava per “aver avuto il coraggio di denunciare”. Altri, mi dicevano che di certo sarebbe andato tutto in prescrizione! Dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza della Corte di Appello (45 pagine), il 13 gennaio 2019, avevo scritto al Consiglio nazionale del notariato e a quello distrettuale di Benevento, allegando la sentenza, affinché si prendessero provvedimenti disciplinari nei confronti della notaia Romei, chiedendo di essere informata sulle iniziative che intendessero intraprendere. Dopo mesi di silenzio, il 21 agosto 2019 telefonai al Consiglio notarile di Benevento per chiedere notizie: una segretaria mi informò che da tempo era stata presa una decisione, ma non poteva mettermene al corrente: erano tutti in vacanza. Inviai immediatamente una nuova Pec sia al Consiglio di Benevento, che al Ministero della Giustizia e il 23 agosto, miracolosamente, il presidente del Consiglio notarile di Benevento mi inviò tramite Pec la delibera n. 700 con il verbale del Consiglio notarile del 20 marzo 2019, accompagnata dall’imperativo di non darne diffusione, rimarcando che: “tale delibera è connotata dalla presenza di dati sensibili e non può avere ultronea diffusione in assenza della prescritte autorizzazioni di rito.”. Da quella delibera si evinceva che 11 giorni dopo l’invio della mia lettera, ossia il 24 gennaio, la notaia era stata audita e ci si era adeguati esclusivamente alle sue dichiarazioni. In particolare si evidenziava che: “il Notaio Romei ha negato con fermezza e decisione gli addebiti ascrittigli”. È ovvio che la notaia Romei non si dichiarasse colpevole, altrimenti non avrebbe potuto certo far ricorso in Cassazione e sperare anche in un’eventuale prescrizione: si ricordi inoltre, che agli imputati è concesso mentire! Quindi continuava il Consiglio, affermando che: “la sentenza della Corte di Appello non è definitiva”. Vero, ma si “dimenticava” che era provvisoriamente esecutiva, quanto agli effetti civili e valutabile dal Consiglio notarile, anche prima del suo passaggio in giudicato. Infine, il Consiglio concludeva: “delibera all’unanimità dei propri componenti, di astenersi, per il momento, dal promuovere procedimenti disciplinari, e anche di segno cautelare in danno del Notaio Romei sino all’eventuale passaggio in giudicato ovvero fino all’ipotetica conferma della stessa ad opera della Corte Suprema di Cassazione, a condizione che il Notaio Luisa Romei incardini effettivamente il ricorso progettato dinanzi alla Corte Suprema e non incorra, nelle more, in comportamenti idonei a minarne ulteriormente la credibilità”. Dopo aver letto la delibera del Consiglio notarile, il 12 settembre scrissi alla Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Campania (CO.RE.DI.), che rispose il 10 ottobre con una cortese lettera del suo presidente, il quale, dichiarava: “Per effetto della legge notarile codesta Commissione non ha poteri di iniziare in via officiosa azioni disciplinari che sono riservate in base all’art.153 di detta legge: al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale nel cui circondario ha sede il notaio […]; al presidente del Consiglio notarile del distretto nel cui ruolo è iscritto il notaio […]; al capo dell’archivio notarile territorialmente competente per l’ispezione di cui all’art.128 […], nonché al conservatore incaricato ai sensi dell’art.129 […]. E concludeva: “il Consiglio notarile di Benevento e Ariano Irpino che legge in copia, vorrà eventualmente rivalutare la richiesta in oggetto”. Il 14 ottobre 2019, guarda caso, solo 4 giorni dopo quella presa di posizione della CO.RE.DI., la notaia Romei consegnava i sigilli e il 30 novembre, sulla Gazzetta Ufficiale veniva pubblicata la dispensa dall’esercizio della professione. Andava in pensione poco prima della sentenza definitiva che, pur dichiarando prescritti i reati, ha confermato la colpevolezza sia per lei che per mio fratello. La falsità materiale e ideologica del testamento è stata confermata, così come la condanna al pagamento delle spese processuali e dei danni alla parte civile, ma la sentenza penale è stata annullata, poiché non è stato contestato il comma 2 dell’art.476 del C.p.: per la Corte d’Appello la prescrizione scattava dopo 12 anni e mezzo dai reati, per la Cassazione è scattata già dopo 7 anni e mezzo!… Quasi 10 anni e mezzo dalla mie prime denunce, un lungo calvario fatto di burocrazia, errori nei capi di imputazione, archiviazioni facili, escamotage per rinviare le udienze e guadagnare tempo, frequentazione di procure e tribunali non disertando mai un’udienza, studio di verbali e documenti, scrittura di note, memorie, studio delle leggi, stress, esborsi economici notevoli, tutto con il prezioso aiuto del mio compagno di vita Aleandro Longhi, per giungere a una giustizia a metà, a causa della prescrizione! L’enorme spada di Damocle che incombe sulle vittime, che così rischiano di esserlo due volte: per ciò che hanno subito da parte di chi ha commesso reati, e per la mancata giustizia. È giustizia giusta questa? O non sarebbe piuttosto opportuno bloccare la prescrizione fin dal rinvio a giudizio? È pur vero che andrebbero anche velocizzati i processi, telematizzando notifiche e procedure burocratiche, assumendo personale, rimpolpando con persone preparate e motivate il sistema giustizia: il blocco della prescrizione sarebbe però una questione immediata da cui partire. È proprio di questo argomento che ho parlato in un’intervista a Giacomo Salvini sul FattoQuotidiano cartaceo del 3/03/2020, reperibile anche sul sito on line del quotidiano https://.www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/03/03/hanno-falsificato-il-testamento-di-mamma-ma-nessuno-paghera/5723571/

Vittima della barbarie – Nella puntata n.15 dell’inchiesta che il Fatto Quotidiano dedica alle “Vittime della barbarie”, ho raccontato sinteticamente il mio calvario. Sono stati ripercorsi dei passaggi della mia travagliata battaglia di vita, che inizia con il riconoscimento di mia madre nel 1962, a 5 mesi dalla nascita, ripetuto il 15 aprile 2009, a 3 mesi dalla morte, per darmi pari dignità con mio fratello, poiché nel frattempo c’era stata di mezzo un’adozione abnorme e mostruosa (in buona fede) da parte di mio zio, che a 9 anni tentò di darmi una “famiglia normale”, visti gli alti e bassi tra i miei genitori naturali. Dopo l’adozione, paradossalmente, a 15 anni andai a vivere definitivamente con la mia famiglia naturale, ovvero, mia madre Angelina Mastandrea, mio fratello, Roberto Sampietro e mio padre, Claudio Sampietro, che non mi ha mai riconosciuta, aprendo in tal modo la strada alla speculazione, che ha trovato l’apice nel piano del falso testamento estorto a mia madre sotto forti dosi di oppiacei, il 7/07/2009, poche ore prima che giungessi da Roma. La mattina del 14 luglio, subii anche l’aggressione di un’altra protagonista del piano, la moglie di mio fratello, Cecilia Majello, che alle 6 e 15, invece di restituire a mia madre le chiavi delle due casseforti, contenenti gioielli di ingente valore, sottrattele da lei e suo marito, trovatami in camera di mia madre, mi aggredì tentando di cacciarmi e gridando che voleva restare sola con lei! Perché?… Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso: dopo una settimana in cui erano accadute “stranezze” e cattiverie di ogni genere (e così sarebbe stato in quella successiva alla morte di Angelina) e dopo aver già saputo dalle amiche di mia madre e dalla badante, che si erano rifiutate di firmare come testimoni del testamento, cos’era accaduto in quell’infausta mattina del 7 luglio alla villa, decisi finalmente di denunciare mio fratello, la moglie e la notaia. Il giorno dopo, alle 14, mia madre spirava, tra le lacrime, con soltanto me accanto. La sera mio fratello e famiglia andarono a cena in un noto ristorante di Ariano e così il giorno dopo, a pranzo: il 23 luglio (dopo averci già provato il 21, esibendo il testamento falso, e “concedendomi” poi ancora due giorni giacché il 22 c’era la messa di suffragio di mia madre), mi cacciarono dalla casa di mia madre, e il 24 partirono per una vacanza a Parigi. Da allora, quasi 10 anni e mezzo, per ottenere una giustizia a metà, a causa dell’intervenuta prescrizione per tutti e tre. Mentre in primo grado Sampietro e la Romei furono assolti con formula dubitativa, la Majello fu condannata per aggressione, a tre mesi, al pagamento delle spese processuali e una multa irrisoria, ma in appello il reato era ormai prescritto! Come ho spiegato al Fatto Quotidiano, per me questa amara vicenda, è questione anzitutto morale: è stato un tradimento da chi avevo sempre trattato bene e considerato di famiglia, che invece mi ha persino negato lo status di figlia di mia madre, inserendomi nel testamento come “signorina legataria”. La mia vita è stata stravolta, mi ci sono persino ammalata, non capacitandomi della mancanza di rispetto e dell’insensibilità nei confronti miei e di mia madre, morta disperata. Al di là di qualsivoglia ingiusta prescrizione, quei così gravi accadimenti non si potranno mai prescrivere, né emendare, né alcuna cifra potrà mai risarcirmi a sufficienza del danno che tutto ciò mi ha provocato in ogni ambito di vita, dalla salute al lavoro, alla serenità sottrattami. Ho lottato strenuamente e continuerò a farlo anche per chi non ha voce, perché ai soprusi e alle ingiustizie bisogna sempre ribellarsi e trovare il coraggio di reagire, combattendo anche contro il sistema delle caste. Alla luce della via crucis di tutti questi anni, di cui è conclusa solo una prima parte, ora mi chiedo: chi non ha a disposizione energie, tempo, strumenti culturali ed economici per affrontare tutto ciò, è forse destinato a soccombere?”

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Educare alla parità di genere – tra pari”, domani la presentazione del progetto presso la Sala Conferenze del Palazzo degli Uffici

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L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino venerdì 22 novembre 2024 alle ore 10,30 presso la sala Conferenze del Palazzo degli Uffici presenta un progetto che si rivolge  agli studenti della scuola secondaria di II grado per Educare alla parità attraverso l’ innovazione didattica, dal titolo  “Educare alla parità di genere – tra pari”.

Il progetto didattico “Educare alla parità di genere – tra pari” presentato dalla dott.ssa Rossella Schiavo, responsabile del Centro Antiviolenza ANANKE dell’Ambito Territoriale A1 con sede ad Ariano, ha lo scopo di prevenire atti di violenza contro le donne attraverso percorsi educativi e formativi destinati alle studentesse e gli studenti delle scuole secondarie di II grado di Ariano in via sperimentale e nella forma di ricerca – azione.

Il progetto prevede di coinvolgere un numero di studenti delle classi terze e dopo la formazione essi stessi opereranno nei gruppi di studenti del proprio istituto secondo il modello didattico “pear to pear”. 

L’iniziativa nasce dall’intesa tra gli Assessorati all’istruzione e alle Politiche Sociali, l’Azienda Speciale consortile per le politiche sociali dell’Ambito Territoriale A1 e le scuole superiori di Ariano.  Dopo la sperimentazione il progetto sarà esteso alle altre scuole del territorio.

Dopo i saluti di:

Enrico Franza

Sindaco di Ariano Irpino

Laura Cervinaro

Consigliera Provinciale

Augusto Morella

Presidente Azienda speciale consortile per la gestione delle politiche sociali   Provincia di Avellino n. A1

Pasqualino Molinario

Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Ariano Irpino

Grazia Vallone

Assessore all’Istruzione e  alle Politiche Giovanili del Comune di Ariano Irpino

Interverranno:

Rossella Schiavo

Psicologa – Azienda speciale consortile Avellino A1 – Sportello “Ananke”

Tiziana Aragiusto

Dirigente Scolastica, reggente ISS “De Gruttola”

Massimiliano Bosco

Dirigente Scolastico, ISS “Ruggero II”

Giovanni Mingione

Dirigente Scolastico, reggente Liceo “P. P. Parzanese”

Interventi degli studenti

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Rsu Ispettorato del Lavoro: solidarietà alle colleghe aggredite a Sirignano, necessario  garantire sicurezza dei dipendenti

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La Rappresentanza sindacale unitaria dell’Ispettorato territoriale del Lavoro di Avellino, composta da Mario D’Andrea, Carminantonio Vacchiano e
Maria Luisa Candela, nell’esprimere piena solidarietà alle due colleghe aggredite nei giorni scorsi in un’attività commerciale di Sirignano, mentre svolgevano il proprio lavoro, approfittando della presenza in città di alti dirigenti dell’ente, giunti appositamente presso la sede dell’ufficio per manifestare la vicinanza dell’amministrazione per quanto successo e approfondire la vicenda, ha avuto un confronto con il direttore centrale Vigilanza e Sicurezza del Lavoro dell’Ispettorato nazionale, dott. Aniello Pisanti, con il direttore interregionale Inl, dott. Giuseppe Patania, e con il direttore dell’Ispettorato territoriale di Avellino, dott. Francesco Damiani, che nella mattinata di ieri si sono incontrati, a Palazzo di governo, con il Prefetto, Rossana Riflesso.

L’intento della Rsu è individuare soluzioni idonee a gestire una situazione che ormai sta diventando insostenibile per gli ispettori che quotidianamente, nello svolgere le proprie mansioni, si imbattono in situazioni rischiose, diventando nei fatti lo sfogatoio di tensioni sociali, ma anche i destinatari di atteggiamenti e comportamenti incivili e aggressivi, da parte di alcuni degli utenti sottoposti a controlli.

Per quanto ci riguarda, abbiamo quindi chiesto maggiore attenzione e tutela anche per il personale adibito al front office, che costantemente deve rapportarsi con il malcontento dell’utenza, che non di rado degenera in invettive e minacce all’indirizzo degli addetti.

Da parte dei tre dirigenti abbiamo registrato ampia disponibilità a recepire le nostre osservazioni e ad intrattenere un confronto costante, in un’ottica di collaborazione costruttiva, nell’interesse esclusivo dei dipendenti degli uffici, in modo che possano svolgere le proprie funzioni istituzionali nella massima tranquillità.

Venendo al grave espisodio occorso alle colleghe, l’altro giorno, quando le due ispettrici del lavoro si sono presentate e qualificate all’atto dell’accesso ispettivo, il titolare della ditta ha reagito con violenza contro una di loro, strattonandola con forza mentre stava procedendo all’identificazione di una lavoratrice, impedendole di raccoglierne le dichiarazioni, in modo da agevolarne l’allontanamento, anche su energico invito della madre di quest’ultimo, presente nel negozio. Nonostante le ispettrici abbiano immediatamente chiesto l’intervento dei Carabinieri della stazione di Baiano, tramite il 112, che sono sopraggiunti in loco, il titolare della ditta e i suoi congiunti hanno ripetutamente oltraggiato e aggredito verbalmente le ispettrici del lavoro, rovesciando persino il tavolo sul quale stavano redigendo il verbale, colpendo così ad una mano una delle colleghe, procurandole una frattura ad un dito. Si è pertanto reso necessario l’intervento dei sanitari, anche a causa di un malore accusato dall’ispettrice colpita, a seguito della situazione, e il trasporto presso il Pronto Soccorso dell’azienda ospedaliera Moscati di Avellino, dove i medici hanno riscontrato la frattura alla mano e un innalzamento della pressione arteriosa, con una prognosi di 25 giorni.

A seguito di quanto è successo, ci è stato riferito che sarà convocato, in tempi brevi, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, con l’obiettivo di garantire un maggiore supporto all’attività ispettiva, in termini di forze dell’ordine.

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La lega marcia, mentre l’opposizione tace sulla Questione Meridionale e sul referendum

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La Corte Costituzionale ha assestato un duro colpo alla legge 86/2024 targata Calderoli, ha cassato sette commi e indicato cinque prescrizioni a cui attenersi per riscrivere il testo. La casa è abbattuta ma non polverizzata, e Calderoli è ben determinato a modificare la legge in parlamento. I rilievi della Consulta sono chiari: non si possono trasferire intere materie ma solo specifiche funzioni, la richiesta va motivata e sempre che lo Stato Centrale non sia in grado di svolgere questa funzione nel rispetto del principio di sussidiarietà; la delega al governo per la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) non può essere generica; i LEP non possono essere definiti e rivisti con DPCM (Decreto Presidente Consiglio dei Ministri); deve essere eliminato il criterio della spesa storica e le regioni sono obbligate a  rispettare il patto di stabilità al fine di prevenire inefficienze di sistema e la crescita della spesa pubblica; il parlamento non può solo ratificare le intese, fra il governo e le regioni, ma deve approvarle e rinviarle per un nuovo esame. Le opposizioni esultano, manca, però, un’azione volta a rimettere al centro dell’agenda politica la Questione meridionale, causa ed effetto delle disuguaglianze tra le due aree del paese. Né l’opposizione ha riaffermato la necessità che il referendum, richiesto da oltre 1,2 milioni di cittadini, sia celebrato, in tal modo, si impedisce ai cittadini di partecipare al dibattito pubblico sul regionalismo differenziato, sin ad ora, svolto solo nelle sedi istituzionali oppure nelle segrete stanze. In tal modo il silenzio dell’opposizione rafforza la proposta del governo Meloni di ritenere oramai inutile il referendum e non pongono in campo l’offensiva per spazzare via lo Spacca Italia.

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