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Generoso Maraia – Negligenza, omissioni, ritardi, mancata trasparenza: la Morgante deve dimettersi

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Dopo un mese e 5 giorni di “zona rossa”, Ariano lunedì 20 aprile comincerà una parziale riapertura delle attività. Abbiamo fatto il punto sulla gestione dell’emergenza sanitaria con Generoso Maraia, deputato arianese del Movimento 5 Stelle, partendo dallo screening di massa di queste ore con i test sierologici.

L’indagine epidemiologica è stato il primo problema immediato che ho posto all’attenzione del presidente De Luca e del direttore generale della Asl Morgante, chiamandoli il giorno successivo all’evento del 5 marzo (n.d.r.: chiusura d’urgenza del Pronto soccorso). Ho chiesto la massima trasparenza e una collaborazione tra noi: in qualità di deputato di Ariano, potevo fornire un aiuto per superare questa fase. Ahimé, nonostante il mio invito orale, i tamponi non sono stati fatti, né dopo le dimissioni di Bellizzi, né con l’ingresso del nuovo direttore sanitario, Frieri. Quest’ultimo per non attuarli, ha menzionato addirittura normative che non ho trovato da nessuna parte. Ho segnalato per iscritto che, l’unico protocollo indicato dal Ministero della salute era fare i tamponi a tutto il personale che lavorava all’interno della struttura sanitaria e a tutti i contatti, anche asintomatici, con i presunti positivi. Nonostante le mie continue denunce, per oltre un mese, questo protocollo non è stato seguito, con il risultato dello scoppio del secondo focolaio. Sono convinto che il primo focolaio è stato l’ospedale di Ariano, com’è verificabile anche attraverso le morti avvenute in questi giorni, visto che si tratta di persone che hanno contratto il virus all’interno dell’ospedale, che ha fatto da amplificatore. Dopo un mese si è arrivati, non si sa bene come, al Centro Minerva, secondo focolaio. Questo testimonia che non c’è stata nessuna indagine epidemiologica. E lo testimonia per altri versi, la vicenda della raccolta dei rifiuti: ad Ariano più di 70 famiglie con una persona positiva in casa, per un mese non hanno ricevuto la raccolta dell’indifferenziata rifiuti poiché il Comune non aveva l’elenco dei positivi al Codid-19. La macchina della comunicazione tra Comune, servizio Sep, Asl e Prefettura, non ha funzionato, creando ritardi su tutti i fronti. Nonostante gli Arianesi siano rimasti ligi a casa, continuiamo a contare positivi, legati paradossalmente a strutture sanitarie arianesi, come l’ospedale e le RSA in cui soggiornano gli anziani. La questione tamponi è cruciale e continua ad essere affrontata male, nel mancato rispetto delle indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministro Speranza, i quali dicono che nelle strutture sanitarie vanno fatti i tamponi, che ricercano il virus e, non i pre test, che ricercano gli anticorpi e spesso si sono rivelati inefficaci. Sui tamponi il lavoro da fare sarebbe stato semplice: sarebbe bastato un reagente da accoppiare al cotton fioc. Se la dr.ssa Morgante lo avesse voluto, avrebbe potuto farlo da subito, attraverso il laboratorio di analisi dell’ospedale di Ariano. La mia amarezza è nel constatare che l’Asl, anziché lavorare per potenziare il nostro ospedale, ha colto l’occasione per distruggere il lavoro degli ultimi 2 anni. Mi riferisco al lavoro che ho fatto per portare l’ospedale da presidio ospedaliero a ospedale Dea di I livello, l’unico tra due province, Avellino e Benevento, che anziché essere potenziato per garantire le cure a un bacino di circa 100.000 utenti, dedicando un’ala al Covid e l’altra ai reparti classici, è stato smantellato, riducendolo esclusivamente a Covid e peraltro, in promiscuità con altri reparti, come ad es., Oncologia. Senza garanzia di sicurezza, né per chi opera all’interno, né dei cittadini bisognosi di cure, per patologie diverse dal Covid.

Dopo una recentissima riunione tecnica, pare che un’ala sarà dedicata al Covid e l’altra ai vecchi reparti

Finalmente una bella notizia! In questi giorni per ottenerne la separazione, ho litigato con tutti. Il 17 aprile ho avuto una discussione in merito sia con il Commissario straordinario Arcuri, che con Paolucci, capo segreteria del ministro Speranza, i quali dopo una Pec al direttore della programmazione sanitaria Urbani, si sono convinti della bontà della mia proposta. Credo siano riusciti a convincere la dr.ssa Morgante, che così va fatto: le due strutture vanno divise, così da poter assistere i pazienti che si recano in ospedale per patologie diverse. Se riaprirà effettivamente il reparto di Ostetricia e Ginecologia, da cui si è originato un po’ tutto, giacché lì avvengono le nascite, vorrà dire che si sta andando nella direzione giusta!

La Asl sta effettuando lo screening dei contatti attraverso i test rapidi: un provvedimento un po’ tardivo?

È una vera e propria omissione della Asl di Avellino, che dopo il mancato rispetto del protocollo ministeriale, sta affannosamente cercando di recuperare, grazie a un mio ulteriore intervento. Ricordiamo che all’inizio nulla era possibile, a cominciare dall’aumento dei posti in terapia intensiva, necessario: abbiamo visto tutti il video di quella povera famiglia impossibilitata a ricoverare il proprio caro, per mancanza del posto letto. Era chiaro fin dai casi della Cina, che l’ospedale andava rinforzato nell’area della terapia intensiva. Dopo un mese dall’emergenza, non solo i tamponi non si sono fatti, ma i 6 posti letto che esistevano già, non sono aumentati. Ci si potrebbe trovare nel paradosso che si potrebbero attivare prima a Sant’Angelo dei Lombardi e in seguito anche ad Ariano, creando soltanto contrapposizione tra le comunità. Andava invece seguito un altro ragionamento: si deve intervenire nella parte dell’Irpinia in cui c’è più bisogno. Sull’esperienza della Lombardia, a cui è mancato il personale, mi sono attivato da subito per sottoscrivere i contratti con medici, infermieri, Oss, autisti. Ho reperito quel personale che, secondo la Morgante, non si trovava. Dopo varie telefonate, Borrelli, che ringrazio per la collaborazione, è riuscito a far sottoscrivere alla Asl i vari contratti. Bisogna smentire le menzogne della direzione dell’Ospedale e della Asl, che hanno dichiarato che non ci sono stati partecipanti ai bandi: ce ne sono stati ben 500. La vera questione è che nel bando si prevedevano contratti con compenso di 30 € lordi, ma al momento della firma diventavano circa la metà, senza vitto e alloggio: a chi sarebbe convenuto rischiare la vita per questa cifra? Né, dopo la firma dei contratti, la Asl si era preoccupata di alloggiarli: sono arrivati un venerdì mattina alle 7,45 senza sapere dove andare. Mi sono prodigato, coadiuvato dal responsabile della Protezione civile comunale, Agostino Lo Conte e, grazie al buon cuore degli Arianesi, gli alloggi si sono trovati per oltre 20, tra medici, infermieri, Oss. La Asl non sta lavorando a favore della comunità arianese, ma contro, speculando anche su questa dotazione: su 5 anestesisti, tre sono rimasti ad Ariano e due sono stati dislocati a Sant’Angelo, dove la terapia intensiva non è ancora attiva. Bisognerebbe lavorare prima dove si è più in difficoltà: io proprio ieri l’altro ho donato 100 mascherine Ffp2 proprio all’ospedale di Sant’Angelo, per dimostrare che la lotta non è tra piccole comunità che soffrono la distanza da Napoli, ma che bisogna unirsi e pretendere il rispetto dei diritti. I cittadini devono pretendere dalla Asl trasparenza: c’è un clima di intimidazione anche verso il personale delle strutture sanitarie, affinché non dica ciò che sta soffrendo.

La Morgante ha diramato una nota disciplinare che vieta al personale di rilasciare dichiarazioni…

Questo dovrebbe farlo anche Frieri, così come il direttore del Pronto soccorso, solerti a rispondermi per accusarmi di dire falsità. Non altrettanto solerti a rispondermi, però, quando chiedo per iscritto al direttore del Pronto soccorso, ad es., dov’è finita la Tac inaugurata pochi mesi fa. Ariano ha subito un saccheggio sistematico a favore di strutture sanitarie private: l’ultimo saccheggio è stato di 4 milioni di euro destinati alla Radioterapia di Ariano, che il distretto arianese ha dirottato a Sant’Angelo per il Centro autismo. Chiedere le dimissioni della Morgante è il minimo: nonostante le sue censure, gli atti ufficiali parlano. La questione delle mascherine l’ha detta lo stesso Naddeo, quel direttore della Farmacia, che davanti alle telecamere dice che tutto va bene. Lui stesso il 19 marzo, scriveva a Frieri che ogni giorno gli giungevano richieste di mascherine, e che tutte le segnalazioni che gli aveva inviato fino a quel momento, risultavano inevase. C’è inoltre un documento ufficiale indirizzato a Frieri e alla Morgante, firmato da 13 medici che lamentano l’organizzazione del reparto Covid, dove stanno inviando medici non idonei, nonostante ci siano anestesisti e medici di altre branche, disponibili. Ho scoperto che le mascherine ci sono: io stesso sono entrato in ospedale e ne ho distribuite 300, ma ho capito che il problema non è la loro mancanza, visto che sono chiuse in alcuni uffici dell’ospedale, bensì la distribuzione tra i vari reparti. Guarda caso, chi smentisce il direttore del Pronto soccorso, non sono io, ma il risultato di un tampone di pochi giorni fa su un infermiere che lavorava lì ed è risultato positivo. Possiamo quindi stare tranquilli e dire che va tutto bene?

La Asl ha avviato un’inchiesta interna, dopo il servizio dell’Espresso sull’ultraottantenne con Covid-19…

A inizio crisi lanciai l’appello “aiutateci”, perché avevo raccolto questa e molte altre segnalazioni. Quando vedi che la gente sta per morire e nessuno la prende in carico, abbandonando le famiglie a se stesse, puoi concepire nel 2020, che chiami un’ambulanza e non ti soccorra? Sapremo dopo molte più cose, c’è ancora silenzio, ma si potevano salvare molte più vite, visto che non avevamo i numeri della Lombardia. Siamo di fronte a un ospedale che ha dimesso persone senza porsi il dubbio se fossero positive, infettando i loro cari. Dalla Asl è mancata la trasparenza e la collaborazione. I suggerimenti non sono stati colti, anzi stravolti, così com’è accaduto per l’assunzione di 47 medici, occasione per metterci le mani sopra. C’è stata troppa superficialità. Ho elaborato un esposto per omicidio colposo e ho già inviato qualcosa in Procura per pandemia colposa: giudicherà la magistratura, ma le cose vanno chiamate come sono. Lo scenario è deprimente, ma non mi arrendo e credo che l’ospedale possa uscire dall’emergenza ritrovando la sua completa funzionalità e inaugurando reparti come Neurologia, Oculistica. Restituendo un buon servizio alla comunità, ci riscatteremmo anche nei confronti dei paesi limitrofi, senza essere più considerati degli untori. Un’altra questione vorrei segnalare: ci sono famiglie arianesi che mi contattano lamentando un vero e proprio sequestro di persona dei familiari. I loro cari si trovano ad Avellino tra il Moscati e Villa Santa Rita, lasciati in un limbo, chi da un mese, chi da due, senza ricevere i due tamponi. Si sarebbero potuti far avvicinare, magari trasferendoli alla clinica Villa Maria o in strutture alberghiere, dove almeno sarebbero stati in ambienti sani. Evidentemente, in barba a qualunque senso di umanità, si preferisce farli stare lì, visto che per ogni giorno di permanenza, si incassano 280 euro.

Il Governatore De Luca ha detto che se le altre regioni aprono in fretta, chiuderà la Campania

Dopo la proclamazione dello stato di emergenza, si è creato il paradosso che i governatori hanno assunto maggiori poteri. Ognuno ha fatto ciò che ha voluto in ogni regione: non è positivo per un Paese che deve uscirne unito. Se fossi in De Luca, darei un’occhiata al Veneto, anche se Zaia è un mio avversario, considerando che lavorare a contatto coi dipartimenti universitari e gli scienziati, è meglio dell’uso dei lanciafiamme e dell’esercito: ci consentirebbe di aprire in sicurezza. De Luca si sarebbe dovuto attrezzare per i posti letto in terapia intensiva, per la rete epidemiologica, i tamponi, le mascherine, accettando l’offerta di Federfarma dei laboratori privati sul territorio, per fare le analisi. Mi sto interessando all’IIA (Industria Italiana Autobus) facendo attrezzare l’azienda per la sicurezza di chi ci andrà a lavorare. Sarebbe da incoscienti riaprire rischiando un aumento dei casi, che ci porterebbe a richiudere con enormi danni. Vorrei sapere inoltre dalla Asl, perché continua ad agire in modo familistico: perché si fanno i test all’azienda Ema, che è legata a una potente famiglia di Avellino che fa politica da decenni e non ad altre nostre arianesi, come la Vitillo per dirne una, o altre imprese che non sono da meno.

La sanità alle regioni o allo Stato?

Ciò che proporrò al Governo è di investire in un modello che concepisce i beni e servizi di prima necessità come l’acqua, la sanità, la scuola, come pubblici, senza cogestione privata, perché quest’ultima ha determinato confusione e sprechi di denaro. Lo Stato con la riforma del titolo V della Costituzione, non controlla nulla di tutto ciò. Dopo questa crisi, il Governo deve fare investimenti nella sanità pubblica, che non può essere intesa come un ufficio di collocamento. La politica dal canto suo, deve fare un passo indietro: molte competenze devono essere riportate allo Stato, padre di famiglia che deve assumersi le responsabilità, senza delegare a Regioni e Province. Il modello sanitario che abbiamo visto in Lombardia è stato fallimentare e ci costringe a cambiare rotta: molte competenze vanno riportate allo Stato. La sanità dev’essere affidata a chi è capace: medici, scienziati, vincitori possibilmente, di concorso pubblico.

A proposito di disservizi, è stato risolto il problema degli uffici postali chiusi?

Ho chiamato l’amministratore delegato di Poste Italiane, il quale mi ha rivelato che il problema era nella mancanza di blindatura degli uffici: gli ho proposto di acquistare noi i plexiglass. La riapertura di Cardito non era prevista a breve poiché era provvisto di bancomat: gli abbiamo spiegato le distanze che intercorrono tra le zone e la popolosità dei vari quartieri. Prima di Pasqua hanno aperto per un solo giorno a settimana, con code notevoli: li ho ricontattati e finalmente abbiamo ottenuto spiragli. Calvario da lunedì 20, riaprirà 6 giorni su 6 e, gradualmente riapriranno anche Palazzisi e La Manna. Si sta approntando il servizio di igienizzazione dei locali, che una volta concluso, consentirà la riapertura continuativa.

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Pallavolo Serie D – Esordio fuori casa per il GSA Pallavolo Ariano

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Dopo aver conquistato nella scorsa stagione la promozione in serie D, la Coppa e la SuperCoppa IrpiniaSannio,  il GSA PALLAVOLO ARIANO sabato 2 novembre scende in campo a Cava dei Tirreni per la prima gara del campionato di serie D maschile.

La partita inizierà alle ore 19.30 per dare avvio ad una nuova fase agonistica che il GSA intende giocare  per l’alta classifica.

Confermato lo staff tecnico con Giulio Filomena e Nico Medici a guidare il gruppo nel quale saranno ancora  G. Santosuosso, L. Guardabascio e R. Caso  punti di riferimento per giovani promettenti come M. Molinario, M. Ninfadoro , C. Capozzi e P.Borriello. La qualità non manca nel resto della squadra con  G. Ricciardi, A. La Luna, L. Schiavo, H. Chiaradonna, A. Iandoli, T. Barrasso , M. Toriello  a disposizione dei tecnici per dimostrare di  valere la categoria.

Per questa importante avventura regionale, la società arianese è pronta  anche a lanciare i giovanissimi dell’Under 17 che già hanno messo in mostra il loro positivo spessore con una vittoria per 3-0 nel debutto casalingo con i pari età dell’Academy nel torneo territoriale di categoria.

Per l’esordio fuori casa gli arianesi dovranno aspettarsi una gara difficile e confrontarsi con un avversario molto solido; il fattore campo può aiutare i cavesi, ma il GSA deve subito metabolizzare le difficoltà della serie regionale e scendere sul parquet con la consapevolezza di saper imporre il proprio gioco  per conquistare la vittoria.

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Giornata delle Forze Armate – Il 4 Novembre ad Ariano la cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale

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L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino, in una sobria e solenne cerimonia, vuole  commemorare i Caduti di tutte le Guerre, rendere omaggio alle Forze Armate, celebrando la Festa dell’Unità Nazionale, in ricordo della fine della prima Guerra Mondiale.

Appuntamento lunedì 4 novembre 2024 alle ore 10,00 al Piano della Croce presso il Monumento ai Caduti dove, alla presenza delle Autorità Civili, Militari e  Religiose, verrà   deposta la   Corona di alloro, sulle note dell’Inno Nazionale.

Una  Corona di Alloro verrà deposta anche davanti al busto di Giulio Lusi in Villa Comunale e nell’atrio di Palazzo di Città.

Il messaggio istituzionale  è rivolto alle nostre giovani generazioni, per non dimenticare  i nostri Caduti in Guerra, morti per gli ideali risorgimentali di indipendenza, di libertà, di democrazia che hanno determinato l’Unità d’Italia ed esprimere riconoscenza per coloro che ancora oggi rischiano la vita al Servizio della Comunità.

La cittadinanza  è invitata a partecipare.

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Roberto Zaffiro: vi racconto la mia Africa e vi invito a diventare benefattori

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Imprenditore nel settore edile (azienda di dieci dipendenti), insieme ad altri due fratelli, sposato e con due figli, Roberto Zaffiro, con il pieno sostegno della famiglia, si dedica anima e corpo alla missione che lo appassiona e gratifica di più: dalla costruzione di pozzi e scuole, ai presidi ospedalieri, in Africa. Il 5 novembre partirà per la Nigeria e in gennaio per il Benin

“Un tempo ero laico, poi a 37 anni, 20 anni fa, c’è stata la mia conversione, a seguito del viaggio a Medugorje, – ci racconta. Il senso di solidarietà l’ho però sempre avuto nel DNA, tanto che ogni volta che ho girato il mondo, ho sempre elargito del denaro, ai bisognosi che mi è capitato di incontrare”.  

                                                                                                                                            

Quando hai capito che la tua missione era dedicarti in maniera più completa agli altri?                                                                              

 La svolta a seguito del viaggio a Medugorje. Fino ad allora ero stato una sorta di superficiale credente praticante, che girava il mondo, compresa l’Africa, anche in moto, e non dava grande importanza ai sacramenti e alla preghiera. In quel luogo, come se avessi improvvisamente intuito le mie miserie e fragilità, ho pianto molto e ho capito che dovevo cambiare la mia vita e relazionarmi in maniera diversa con Dio. È cominciata così la mia conversione, incrementando anche la frequentazione della Chiesa, finché a Montevergine (AV) non ho incontrato padre Jean Baptist, sacerdote originario del Benin (Diocesi Kandi-Benin), specializzatosi a Roma. Siamo diventati amici e, dopo che mi ha mostrato le carenze d’acqua nel suo villaggio, gli ho donato un pozzo. Quando è tornato in Africa, mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarlo. Nel 2012 l’ho raggiunto e ho cominciato a guardare l’Africa con occhi nuovi, mi sono reso conto della vita di sofferenza della popolazione: bambini e adulti che bevevano dalle pozzanghere esponendosi a malattie, quando non la morte, bambini costretti a percorrere chilometri con le taniche in testa per approvvigionarsi dell’acqua. Un pozzo è una fonte di acqua viva utile a diverse comunità, talvolta serve fino a diecimila persone o più (dipende dalla grandezza dei villaggi) e nel tempo, cambia radicalmente la loro vita: cominciano ad allevare animali, a praticare l’agricoltura. L’acqua è di interesse primario: il 60-70 per cento dei nostri fondi li impieghiamo nella costruzione dei pozzi, a cui facciamo seguire attività ambulatoriali, considerando che, per accedere all’assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere centinaia di chilometri e talvolta non c’è il tempo, né la possibilità, di farlo. Molte malattie derivano dalla mancanza di igiene, dal fatto che non ci si può lavare: da una banale diarrea si passa alla febbre, inizia la sofferenza, che diventa acuta, poi grave e infine, può portare alla morte. Un piccolo presidio sanitario, con almeno uno-due infermieri e un medico, serve a trasmettere i fondamenti dell’igiene necessari a prevenire diverse malattie, anche se, per quelle più gravi, bisogna recarsi presso gli ospedali. Agli ambulatori cerchiamo di affiancare la promozione dell’istruzione di base che consenta ai più poveri, che non possono permettersi la scuola, almeno di difendere i diritti propri e della famiglia: l’istruzione emancipa e salva il mondo.                                                                                                                                                                             Come individuate dove costruire un pozzo?    

                                                                                                                                                   

Primo step individuare il punto, poi una sorta di rabdomante, col talento sensibile nelle mani, scopre dove potrebbe esserci più acqua, quindi arriva la trivella, che in genere scava per 4-5 ore, con tutta la popolazione intorno, che festeggia il grande evento, che cambierà la loro la vita. Il primo getto d’acqua, è un vero spettacolo: vediamo la gioia dei bambini e della gente. Documentiamo tutto in diretta e lo postiamo sui social, poi, a fine missione, montiamo un filmato che mostreremo ad amici, conoscenti e benefattori, nonché a chi volesse diventarlo. Vogliamo dimostrare che facciamo opere concrete e cerchiamo di renderci utili, per alleviare almeno in parte, la sofferenza di quelle popolazioni. Realizzare un pozzo costa circa 7-8 mila euro, ma dipende dal luogo, dalla quantità e dalla profondità del terreno. Un ambulatorio sanitario, così come una scuola, costa intorno ai 20-30 mila euro, a seconda delle dimensioni.                                                                                             

Finora abbiamo realizzato 24 pozzi in Benin, uno in Malawi e 5 in Nigeria, che servono una popolazione complessiva di circa 350 mila abitanti.  

                                                                                                                                                                

La strada la preparano i religiosi, che, oltre alle lingue locali, compresi i vari dialetti, parlano inglese, francese ed italiano. Con le loro diocesi, di dimensioni notevoli, sono radicati sul territorio, interloquiscono coi capi villaggio, i quali, al di là dei diversi credo religiosi, convivono senza combattersi. Ogni iniziativa la condividiamo con i capi delle comunità: acqua, sanità, scuola, sono per tutti, cristiani, musulmani, animalisti. Questo ci consente anche di approcciarci a quei territori senza temere per la nostra incolumità.

                                                                                                                                                                                                                                                                      

Con quali modalità raccogliete le risorse necessarie?     

                                                                                                                                       

  I fondi vengono raccolti sia con la promozione di giornate di beneficenza, sia nelle chiese, attraverso l’associazione Regina della Pace e Carità (con sede in Flumeri, AV), finalizzata a promuovere e gestire interventi di cooperazione allo sviluppo e progresso umano, economico e sociale, attraverso la costruzione di pozzi, scuole, ambulatori, orfanotrofi e chiese, nei Paesi in via di sviluppo. Nata allo specifico scopo della missione in Africa, la onlus è composta da 12 persone, 3 delle quali, sacerdoti africani. I sacerdoti, vivendo in Africa, conoscono il territorio e poiché ogni anno vengono in Italia, fermandosi per circa 40 giorni presso le parrocchie, ci aiutano a progettare le sfide che realizzeremo insieme. Sono loro i veri esecutori delle opere: i pozzi si scavano rapidamente in nostra presenza, ma per le altre opere che invece richiedono mesi, noi ogni anno andiamo a verificare ciò che è stato realizzato e lo inauguriamo insieme. Quest’anno abbiamo realizzato 3 pozzi in Benin e altri 3 ne realizzeremo entro fine anno in Nigeria: partiremo il 5 novembre, per tornare il 19. Per l’inizio del 2025 realizzeremo una chiesa e ancora 4 pozzi in Benin, nonché giornate sanitarie e visite agli orfanotrofi locali. Giacché abbiamo costruito tre ambulatori in Benin, tra cui un ospedale della maternità, promuoveremo la formazione sanitaria, invitando le popolazioni limitrofe, alle quali si insegnerà la prevenzione di base e doneremo dei medicinali, che, su indicazione dei medici locali, acquistiamo direttamente in loco o nelle città più grandi, che distano anche fino a 250 km. Spesso i bambini hanno la pancia gonfia dovuta ai vermi, così acquistiamo il farmaco per la sverminazione, che costa un euro e mezzo e salva loro la vita o la tachipirina, utile in caso di febbre alta. Molti bambini vengono abbandonati nella savana, se la famiglia a causa dell’estrema povertà non può mantenerli, oppure se malati o albini (pensano siano indemoniati), così suore, preti e laici, li raccolgono e li portano negli istituti religiosi dotati di orfanotrofi (30-40 posti), che però soffrono difficoltà economiche e alimentari. Quando li visitiamo, doniamo una metà delle offerte in beni materiali, riso, olio e latte in polvere, e il resto, tra i mille e i tremila euro (a seconda di ciò di ciò che siamo riusciti a mettere da parte), lo diamo alla struttura come sostegno economico. Cerchiamo di metterli in condizioni di andare avanti per qualche mese, di dare ai loro ospiti una speranza per il futuro. Nel 2026 in Malawi vorremmo realizzare un orfanotrofio per bambini abbandonati e disabili e 2-3 pozzi, per cui stiamo raccogliendo fondi e invitiamo chiunque potesse e volesse, a contribuire.                                                                                                                                                              

 Che altro fare per aiutare concretamente gli Africani?                            

                                                                                                        

  I governi locali dovrebbero preoccuparsi, per cominciare, di dare l’acqua, consentire l’istruzione e la sanità, che fornirebbe a quelle popolazioni i mezzi per progredire ed essere autonome a casa loro. In tal modo, non avrebbero bisogno di rischiare la vita sui barconi, per illusioni irrealizzabili. Purtroppo i loro governanti sono spesso dittatori che non hanno alcun interesse a metterli in condizioni di autosufficienza, ma preferiscono tenerli nell’ignoranza, per poterli gestire.                                                                                                                  

Dal canto nostro, immersi nel benessere, noi consumiamo cose inutili, sprechiamo e buttiamo. Vorrei esortare a pensare a chi ora sta soffrendo, destinando ciò che per noi è superfluo a chi invece ha necessità basilari. Per dirla con madre Teresa di Calcutta: la condivisione sconfigge la povertà.                                                      

 Siete in procinto di partire per la prossima missione…

                                                                                                                              

 Il 5 novembre partiremo per la Nigeria per due settimane. Sarò accompagnato da due nuovi benefattori, Giovanni Parrella di Motesarchio (BN), e Angela Ciasullo di Flumeri, che documenterà i lavori anche filmando e, per la missione, è riuscita a superare la sua antica paura per gli aghi, poiché ha dovuto vaccinarsi, e persino quella di volare. Ognuno di noi ha sostenuto autonomamente il costo del biglietto (1.000 €) e dei visti (300 €).                                                                                                                                                                              Dal 16 gennaio al 5 febbraio tornerò in Benin, ancora con Angela Ciasullo e i parroci: Don Alessandro Pascale, di Prato Principato Ultra, Don Alberico Grella, di Sturno, Don Rino Morra, di Bisaccia e chiunque volesse aggiungersi”. 

                                                                                                                                                                                                                                  

I prossimi eventi per raccogliere fondi e visionare quanto realizzato in Benin: sabato 30 novembre 2024 alle 20, cena di beneficenza (20 €) presso i Saloni dell’Oratorio ANSPI San Prisco (Via Grotte) a Passo Eclano (AV); domenica 8 dicembre 2024 a Zungoli (AV), ore 13 pranzo di beneficenza (25 €), presso il Convento San Francesco. Ulteriori informazioni (e prenotazioni) su: https://www.reginadellapaceecarita.org

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