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I medici hanno l’ansia salvifica: ma se non si proteggono, noi come ci salviamo?

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Mirella Galeota, neuropsichiatra infantile, irpina, prosegue con passione anche dopo la quiescenza, il suo lavoro da volontaria, ancor più utile, in tempi di emergenza da coronavirus.

Come inizia la vita professionale di Mirella Galeota?                                                                                                                         

Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, mi sono specializzata presso l’Istituto di Neuropsichiatria infantile della Sapienza di Roma, diretto dal professor Giovanni Bollea. Da allora ho portato avanti quanto appreso in quell’istituto, all’epoca all’avanguardia in Europa. Ad Avellino, dove ho sempre risieduto, ho lavorato per 10 anni presso l’SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) di Psichiatria, poiché non c’era la Neuropsichiatria infantile. In seguito, con molta fatica e la collaborazione delle classi dirigenti di allora, fu istituito un servizio di Neuropsichiatria infantile, dove mi trasferii, fino ad approdare all’Azienda Ospedaliera Moscati, di rilevanza nazionale. Qui fu istituita un’Unita’ operativa dipartimentale di Neuropsichiatria infantile, di cui sono stata responsabile fino al 31 maggio 2018, per circa 45 anni servizio.

E attualmente? 

Ora sono libera professionista come neuropsichiatra infantile. Nel frattempo, nella mia lunga vita professionale, ho portato avanti il mio sogno adolescenziale, e fortunatamente l’ho realizzato, facendo una lunghissima formazione presso la Società Psicoanalitica Italiana: sono diventata psicanalista ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association. Lavoro privatamente, ma in verità ho sempre lavorato in entrambi i settori, stando attenta a non entrare in conflitto di interesse con me stessa: nel pubblico, ero neuropsichiatria infantile e praticavo terapia psicoanalitica per bambini particolarmente gravi, anche 4 volte a settimana.

 Quali sono stati gli effetti delle emergenze su piccoli e adulti?       

I più piccoli hanno sofferto moltissimo. Come Società Psicoanalitica Italiana, abbiamo collaborato col Ministero della Salute (sulla pagina si trova il logo della Società), per rispondere da remoto a tutte le richieste di emergenza, sia per gli operatori coinvolti nella cura, che per chiunque altro. Abbiamo lavorato gratuitamente, insieme a circa 400 colleghi di tutta Italia. Dall’inizio del lockdown, ci siamo resi disponibili, ricontattando chiunque lo richiedesse, nelle 24 ore e conducendo anche 3 – 4 colloqui. Quando necessario, li abbiamo indirizzati ai Servizi pubblici, che proprio per limitare la diffusione del virus, spesso non erano disponibili. Non erano i più piccoli a chiamarci, bensì i loro genitori, in enorme difficoltà sia per se stessi, che per i figli. Moltissima difficoltà si è riscontrata con i minori affetti da patologie gravi: psicosi, autismo, fobie, depressione. Abbiamo avuto a che fare non solo con l’angoscia della chiusura e della malattia, quindi del danneggiamento, ma con situazioni di povertà, sconosciuta a quelli che ci chiamavano, che all’improvviso si sono ritrovati senza lavoro, senza risorse. È stato veramente drammatico, così come lo è stato, non poter fare prescrizioni farmacologiche, laddove se ne ravvisava il bisogno. Abbiamo operato in trait- d’union tra noi e i pochi Servizi pubblici aperti, il che ha fatto ulteriormente esplodere molte situazioni psichiatriche.

Si è verificato anche un disturbo post traumatico da stress, giusto?                                                                                                           

 In tutti gli operatori: sono morti tantissimi medici e infermieri, ma se ne parla troppo poco. Gli operatori non sono stati protetti, chi ci salva la vita, non è stato messo nelle condizioni di salvarsela, ed è gravissimo! Per logica, bisognerebbe salvare prima chi ci salva, altrimenti noi come ci salviamo? Coloro che sono sopravvissuti, hanno il disturbo post traumatico da stress, non solo perché hanno fatto turni su turni in situazioni assai difficili: il virus era sconosciuto, il sistema sanitario nazionale non era adeguato all’emergenza. È sotto gli occhi di tutti, che per anni si sono tagliati posti letto e personale. I medici, non dimentichiamolo, a monte, hanno l’ansia salvifica, per cui si prodigano, e ciò li espone al virus, allo stress, alla violenza degli stessi pazienti. Possiamo inoltre parlare anche della sindrome del burnout che ha colpito molti operatori socio-sanitari.

Un’altra sindrome ha preso piede, quella della tana: le persone hanno paura di uscire…

 Ormai siamo spaventati, non ci fidiamo più dell’altro diverso da noi, cioè di un altro al di fuori della nostra stretta cerchia familiare, perché il virus, ce l’hanno detto in tutte le salse, è facilmente diffondibile ed è letale. Ci siamo abituati a stare in casa e così, ci siamo ulteriormente chiusi. La società, lo sappiamo, da un po’ di tempo si va chiudendo: siamo diffidenti, non riusciamo neanche a chiedere aiuto. Ad es., una famiglia con un disabile che chiede supporto al servizio pubblico, pur avendone diritto, vedrà trascorrere molto tempo, prima di ottenerlo e questo è assai scoraggiante.

Come risolvere le problematiche psicologiche e psichiatriche di chi ha affrontato il lockdown?

 Non è facile, ma per affrontare il problema, come Società Psicoanalitica Italiana, ci siamo proposti insieme ad altre associazioni di psicoterapia, per far sì che le persone potessero parlare con qualcuno. Al Ministero, in una sola settimana ci sono state circa 15.000 chiamate smistate in tutt’Italia. Ciò fino al 31 maggio, ora si dovrà vedere cosa vuol fare il Ministero di questo sportello di volontariato, utile quantomeno per indirizzare le persone che spesso, non sanno dove andare. L’aspetto psicologico da noi, in Italia, non viene abbastanza attenzionato e non tutti gli psicologi sono sufficientemente formati per affrontare queste situazioni, che richiedono competenza ed esperienza. Servirebbe maggiore formazione, che però è costosa, pertanto, se quando gli psicologi si laureano non lavorano, come possono pagarsi la formazione? Le complesse questioni psicologiche, richiedono operatori che usino le parole non raffazzonandole, ma in maniera specifica. Siamo gli unici esseri viventi col dono della parola, che è preziosa, va usata in maniera appropriata, valorizzandola con attenzione. Anche presso l’università di Medicina (è l’unica che conosco), poco viene fatto per valorizzare un altro aspetto dell’essere umano, la mente. Solo di recente sono iniziati studi di neuroscienze, che stanno evidenziando l’esistenza di aspetti comuni, tra ciò che è psiche e ciò che è scienza. Tutta l’emotività, gli affetti, le reazioni, e così via, trovano un corrispettivo nel cervello.

Possiamo di conseguenza parlare di malattie psicosomatiche?                                                                                                                         

Assolutamente! Non siamo divisi, bensì mente e corpo, e l’uno informa l’altro. Se ho mal di denti, per fare un esempio, come faccio a essere contento? Così come, se sono triste per vicende, preoccupazioni, o altro, come faccio a sentirmi bene nel mio corpo? Comincerà a farmi male perché, potremmo dire, tra mente e corpo, c’è una corrispondenza di amorosi sensi. È necessario fare cultura: bisogna seminare, anche se serve tempo. Il Ministero della Salute e la Società Psicoanalitica italiana, dal 2016 hanno stipulato una convenzione (a titolo gratuito) in cui gli psicanalisti organizzano insieme agli Ordini dei medici di tutto il Paese, seminari nei quali cominciano a coniugare il corpo e la mente, quantomeno per iniziare a diffondere il giusto linguaggio. Lo stiamo facendo anche ad Avellino: purtroppo quest’anno è andata male perché è scoppiato il Covid-19, ma riprenderemo l’anno prossimo. Bisogna tener duro e creare partecipazione, sollecitando le associazioni dei genitori, le cooperative, la stampa. Mi riferisco sia al giornalismo attraverso le interviste, che in ogni altra forma: questa è diffusione di cultura.

Progetti per il futuro?                                                                                                                                                                             

In vista della scadenza di novembre, mi sono candidata come Segretario Generale della Società Psicoanalitica Italiana.

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Coppa Italia TPRA (Federazione Italiana Tennis-Padel) al Club La Tartaruga

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Il settore Tpra della FITP (Federazione Italiana Tennis e Padel) presenta la “Coppa Italia TPRA Tennis 2025”

L’obiettivo è quello di coinvolgere nell’attività, NUOVI giocatori amatoriali, quindi anche nuovi tesserati, coinvolgendoli tramite i circoli, i maestri etc.

Come sappiamo, il fattore squadra, spesso rappresenta una forte motivazione alla partecipazione.

La formula è molto coinvolgente:

– 1^ FASE REGIONALE. 

FASE PROVINCIALE. Le prime 2 squadre di ogni girone accederanno al tabellone ORO, le altre al tabellone ARGENTO.

MASTER PROVINCIALE. Si giocherà con tabellone ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre finaliste dei tabelloni accederanno al Master Regionale.

MASTER REGIONALE. Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre vincitrici accederanno al Master Nazionale.

– 2^ FASE NAZIONALE

Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO.

Il Club La Tartaruga, Presieduto da Lucia Scrima, partecipa alla Coppa Italia categoria femminile competizione che prevede la disputo 2 singolari e un doppio al meglio di tre set ai 6 games con “vantaggio Tpra” e tie-break a 7 punti sul punteggio di 5 giochi pari, in sostituzione dell’eventuale terzo set si disputa un match tie-break a 7 punti.

Domani domenica 23 febbraio 2025 alle ore 10:00 si disputa la prima giornata sui campi in sintetico di Contrada Carpiniello le ragazze del Club La Tartaruga affrontano il TC Cesinali.

Il Club La Tartaruga Ariano Irpino schiera Manuela Leo (capitano) – Graziella Barrasso – Federica Capobianco – Veronica Di Maggio  – Greta Fino – Giuseppina Florenzano – Roberta Morelli e Raffaella Zecchino. 

Il Panathlon Club Ariano Irpino, Associazione Internazionale Benemerita del Coni che promuove l’etica e la lealtà nello Sport,attribuirà il premio “Fair Play” al termine delle varie fasi della Coppa Italia.

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Forza Italia Ariano incontra il Ministero della Giustizia : passi avanti per la riapertura di un secondo Tribunale in provincia di Avellino

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Roma, 17.02.2025– Una delegazione di Forza Italia di Ariano Irpino, guidata dal Segretario cittadino Avv. Giancarlo Giarnese e composta dagli Avv. Giancarlo Di Gregorio, Avv. Crescenzo Perrina e Arch. Alessandro Moschillo, è stata ricevuta questa mattina al Ministero della Giustizia dal Capo di Gabinetto del Ministro Nordio, Dott.ssa Bertolozzi. Al centro dell’incontro, la possibilità di riaprire un secondo tribunale in Provincia di Avellino.

Durante la riunione, la delegazione irpina ha presentato una relazione dettagliata sul progetto, accompagnata dal deliberato dei Sindaci dell’Area Vasta adottato il 13 febbraio scorso. Un documento che testimonia il forte sostegno istituzionale e territoriale all’iniziativa.

Dal confronto è emersa una notizia di grande rilievo: il Governo sta lavorando a un Progetto di Legge che, oltre a stabilizzare i tribunali abruzzesi, prevederà la riapertura di quattro tribunali soppressi nel 2012 e conferirà una delega all’Esecutivo per individuare i criteri utili alla riattivazione di altre sedi giudiziarie, con particolare attenzione alle aree interne.

La volontà dell’Esecutivo di superare la riforma della geografia giudiziaria del 2012 rappresenta un segnale positivo per il territorio irpino. Il Capo di Gabinetto ha già fissato un nuovo incontro dopo l’estate per discutere più concretamente della proposta di un secondo tribunale in provincia di Avellino.

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Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI), il grimaldello per privatizzare la Sanità

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Le liste di attesa sono la fotografia del Sistema Sanitario italiano, finanziato con prelievi fiscali sui redditi dei pensionati, lavoratori e liberi professionisti, eroga prestazioni sanitarie in tempi biblici, anche otto /nove mesi, che compromettono le condizioni di salute della persona ammalata. Tant’è, che, il cittadino, per ottenere prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli, si rivolge all’Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI) che, in regime ambulatoriale, eroga prestazioni specialistiche e/o attività diagnostico strumentale, interventi chirurgici in regime di ricovero ordinario o di Day Hospital/Surgery, prestate dal personale della dirigenza medica e sanitaria in regime di esclusività. Per incanto nello stesso ospedale, reparto, ambulatorio e l’identico medico la prestazione sanitaria viene erogata in poche settimane, imponendo al cittadino di pagare tra le 100/120 euro che in regime ordinario, se fosse esente dal pagare il ticket sanitario, sarebbe stata totalmente a carico del SSN. Forse la mancata riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche va trovata nella volontà di introdurre, in modo silente, non certo in punta di piedi, la privatizzazione del SSN? Giulio Andreotti, affermava: “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Le liste di attesa sono il tema irrisolto sul quale si è cimentato in estate il governo Meloni, ben sapendo che il personale sanitario è sotto organico, sono insufficienti le risorse finanziarie per gli straordinari, è inadeguata la protezione dalle aggressioni degli operati sanitari nei reparti del pronto soccorso. Nel frattempo milioni di cittadino, pur esenti da ticket sanitario, sono sottoposti ad ulteriori esborsi di denari che il rapporto della Fondazione Gimbe/2024 e l’ISTAT/2023, hanno quantificato nella percentuale del 26%, con spese dirette o intermediate, quest’ultime erogate dalle assicurazioni sanitarie. Il piano del governo è chiaro: ridurre la presenza dello Stato a tutto vantaggio della sanità privata e delle assicurazioni sanitarie. Non possiamo rimanere con le mani in tasca, bisogna impedire la lenta agonia del SSN.

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