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Il Sud: razza maledetta

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 Di Antonio Bianco                                         

La crisi economica mondiale ed i dazi imposti dagli Stati Uniti provocano non pochi problemi al quadro macro-economico mondiale con riflessi negativi sulla locomotiva tedesca e sull’intera U. E. Il nostro paese, che esporta gran parte dei suoi manufatti in Europa, subisce un grave contraccolpo, con il PIL del Nord ridotto al lumicino mentre il Sud è in recessione. Fatti certificati dal rapporto 2019 dello Svimez che ha analizzato la situazione economia italiana ed ha centrato il focus sulla indispensabilità di realizzare infrastrutture nel Sud. Se tale obbiettivo politico fosse perseguito si potrebbe ridurre il gap esistente con il resto del paese e si metterebbe a frutto, per l’intera nazione, le potenzialità inespresse dal 40% del territorio esistente nel Mezzogiorno. In tal modo si preserverebbe l’unità e la coesione nazionale, oggi gravemente compromessa, contribuendo alla crescita economica dell’Italia.

Gli investimenti al Sud, secondo lo Svimez, sono vitali. Con una popolazione del 34% del totale nazionale, riceve solo il 28% delle risorse per la spesa pubblica allargata, mentre il Centro-Nord, con una popolazione del 65% circa incamera il 71%. Una differenza di sei punti percentuali pari a 62 miliardi calcolati in base alcriterio della spesa storica: al Sud si spende di meno in servizi, in quanto mancano gli asili nido, i trasporti, le mense per i bambini, quindi riceve meno soldi. Sei povero resti tale, se sei ricco ricevi più soldi ed offri migliori servizi pubblici. Con questa modalità sono state sottratte, dal 2015 sino ad oggi, risorse per circa 62 miliardi all’anno per un totale non inferiore a 250 miliardi. Secondo le proiezioni dello Svimez, se negli ultimi cinque anni nel Mezzogiorno fossero stati fatti investimenti in spesa pubblica pari al 34%, il Sud avrebbe incassato circa 25 miliardi, si sarebbero creati 300 mila posti di lavoro, con una riduzione dei disoccupati ed un aumento di cinque punti del PIL.

La storia viene da lontano con la modifica del Titolo V della Costituzione, approvata nel 2001. La mancata applicazione della riforma ha alimentato ulteriormente le disuguaglianze, già esistenti sin dall’unità d’Italia, ed ha determinato l’iniqua ripartizione delle risorse finanziarie fra i territoriali. Né la legge Calderoli 42/2009, attuativa del Federalismo Fiscale, ha prodotto i suoi effetti ed è rimasta lettera morta. In essa erano definiti i criteri per la nascita del federalismo equo e solidale. In realtà, oggi, l’uguaglianza fra i cittadini, sancita nell’art. 3 della Costituzione, ha un valore puramente formale e mette in luce le evidenti differenze tra il Nord, con un reddito pro-capite doppio rispetto a quello del Mezzogiorno. Si voleva solo a parole il federalismo cooperativo e non competitivo, invece si è continuato a privare dei loro diritti 20 milioni di persone residenti al Sud.

Dati certificati dallo Svimez, dalla Ragioneria dello Stato, dalla stessa l’U.E., nonché dagli studiosi del settore e resi pubblici dal Quotidiano del Sud e, sin ad oggi, mai smentiti in un contraddittorio credibile e non di parte.

Solo superando il criterio della spesa storica avremmo potuto raccontare una storia diversa, fatta di cooperazione e di solidarietà. Non si è, invece, voluto definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), dei diritti civili e sociali disciplinati dalla Costituzione all’art 117, lett. m, richiamati dalla legge Calderoli, né i fabbisogni standard. Tali presupposti sono indispensabili per un’equa erogazione sull’intero territorio nazionale dei diritti nella Sanità, nell’Istruzione, nei Trasporti e nei servizi a favore della persona. Né si è provveduto a finanziare integralmente, ma solo al 50%, il fondo di perequazione, fatto che ha influito negativamente sulla capacità di spesa dei Comuni del Mezzogiorno con minore capacità fiscale, con la conseguente drastica riduzione dei servizi offerti alla popolazione. Inattuato è rimasto il dettato dell’art. 120 della Costituzione che consentirebbe al Governo di sostituirsi agli Enti Locali inadempienti nell’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e social, si ripete, mai definiti.

Non vogliamo privare di servizi efficienti nessun cittadino, però rivendichiamo legittimamente la completa equiparazione agli standard di vita goduti nelle regioni del Nord.

Questo, in sintesi, è la realtà presente in Italia, plasmata sul modello economico neo-liberista che impone le sperequazioni e le disuguaglianze senza offrire soluzioni eque e credibili ai problemi dei territori più fragili. Viene praticato il principio eretto a legge, non approvato dal Parlamento, secondo il quale il Nord presunto virtuoso, offre servizi adeguati ai bisogni dei cittadini mentre il Mezzogiorno e le Isole, figli senza Dio, sono condannati all’emarginazione sociale e all’emigrazione.

È ora di azzerare i progetti di autonomia regionale differenziata presentati dal Veneto, dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna, avallati dall’ex Governo Gentiloni. Legare il godimento dei diritti alla ricchezza del territorio di residenza è iniquo, discriminatorio, frantuma l’unità e la coesione Nazionale, relega la solidarietà in cantina. Progetti eversivi con i quali si vorrebbero trattenere gran parte delle risorse finanziarie prodotte sui territori delle citate Regioni, oggi trasferite allo Stato Centrale. Fatto che permetterebbe di organizzare servizi ancor più efficienti, mentre il Sud vedrebbe ridotti i trasferimenti finanziari che, secondo Giannola, Presidente dello Svimez, ammonterebbero a circa 190 miliardi, relegandolo i cittadini del Sud nella terra di nessuno.

Il tentativo di “colpo di Stato” va neutralizzato. Pietro Bevilacqua, con chiare parole in un articolo pubblicato dal Quotidiano del Sud, dichiarava: “Il Mezzogiorno non aveva mai incontrato davanti a sé una minaccia più grave per il proprio avvenire rappresentata dal regionalismo differenziato…”.

È ora di alzarsi in piedi e di diffondere la cultura della cooperazione, della condivisione e della tolleranza. Abbattiamo il muro dell’omertà e delle parole vuote, costringiamo il Ministro Boccia ad uscire dal guado, dica parole chiare sui LEP e sulla necessità di approvarli prima dell’attuazione dei progetti di regionalismo differenziato, diversamente il Sud resterà una colonia dalla quale estrarre risorse umane e finanziarie da dirottare verso il Nord.

I tempi sono maturi, la consapevolezza dello scippo perpetrato è palese, è ora che il Parlamento agisca nell’interesse di tutti i cittadini, inclusi quelli del Sud.

Diversamente, ne risponderà davanti a Dio ed agli uomini, potete starne certi.

 

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Provincia – Obbligo di catene per neve a bordo o pneumatici invernali sulle strade provinciali e regionali dell’Irpinia

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La Provincia di Avellino ha disposto, con ordinanza del dirigente del settore Viabilità, l’obbligo di catene per neve a bordo o pneumatici invernali (da neve) o altri mezzi antisdrucciolevoli omologati ed idonei ad essere prontamente utilizzati, ove necessario, durante il periodo compreso tra la data odierna e il 15 Aprile 2025, per tutti i veicoli a motore, esclusi i ciclomotori a due ruote, i motocicli e i velocipedi, in transito lungo i tratti delle strade provinciali e regionali ricadenti nel territorio della provincia di Avellino.

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Avanti tutta con il referendum abrogativo

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Salvini e Zaia, forse affetti da analfabetismo di ritorno, vogliono portare avanti il loro disegno di spaccare l’Italia, ignorano sia Consulta che ha demolito la legge Calderoli, sia la Cassazione che rende ammissibile il referendum abrogativo, non possono impunemente sbeffeggiare le istituzioni reputando uno scherzo di carnevale le decisioni assunte dalle supreme corti. Qualcuno dovrebbe fermare il duo Salvini-Zaia, è in gioco la credibilità della Meloni e del governo che hanno prestato giuramento sulla Costituzione. La legge Calderoli è un orrore Costituzionale, viola il principio di uguaglianza e di solidarietà, declassa la Questione Meridionale ad affare locale che dovranno risolvere gli amministratori meridionali, ritenuti la causa e l’effetto del problema. I fatti, le relazioni del Parlamento, l’Ufficio dei Conti Pubblici territoriali hanno smentito la narrazione della Lega, infatti l’applicazione del criterio della spesa storica ha consentito al Nord di ottenere un maggior gettito dallo Stato Centrale di oltre 60 miliardi, fatto che ha consentito di finanziare il tempo prolungato nella scuola dell’obbligo, di costruire gli asili nido, di offrire l’alta velocità, diffusa in tutta l’Italia settentrionale, servizi quasi completamente negati ai meridionali. Si celebri il referendum contro la legge Calderoli e, senza perder tempo, si inizi la battaglia per riunificare il paese affinché tutti i cittadini, inclusi i meridionali, si sentano fratelli e non fratellastri d’Italia.

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Provincia – Nuova tariffa per lo smaltimento dei rifiuti, ai Comuni rimborso per un milione di euro

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Il presidente Buonopane: “Risparmi anche per i cittadini”

“Oltre un milione di euro di risparmio per i Comuni sullo smaltimento dei rifiuti, che si traduce in una riduzione della Tari per i cittadini”. Il presidente della Provincia, Rizieri Buonopane, comunica che l’Ato ha validato la nuova tariffa proposta dalla società provinciale IrpiniAmbiente Spa.

La tariffa regolata produce uno sconto di circa il 9% sul precedente importo. Si passa da 220 euro a tonnellata a 200,70 euro per quanto riguarda la frazione indifferenziata trattata allo Stir di Pianodardine, con applicazione retroattiva al primo gennaio 2024, comportando così una ricaduta di risparmio in tariffa Tari per i cittadini irpini.

La somma complessiva che verrà restituita ai Comuni supera il milione di euro. Questo importo sarà distribuito in misura proporzionale con note di credito per le amministrazioni in regola con i pagamenti a IrpiniAmbiente. Per gli enti morosi si adotterà una compensazione debiti-crediti.

“Non si può non evidenziare lo straordinario lavoro che sta portando avanti il management di IrpiniAmbiente, con l’amministratore unico Claudio Crivaro – dichiara il presidente Buonopane -. La nuova tariffa, la cui proposta è stata inviata all’Ato lo scorso ottobre e ora finalmente è stata validata, è frutto di una virtuosa gestione della società. Come si ricorderà, è stato già dimezzato il costo per lo smaltimento della frazione umida (che è sceso da poco più di 200 euro a circa cento euro), mentre per il vetro IrpiniAmbiente ottiene da qualche mese un rimborso. E ciò a differenza di quanto accadeva in passato, quando la società sborsava risorse importanti a favore delle aziende che si occupano del recupero e riciclo. Tutto questo, unito al know how e alla forza lavoro, fa di IrpiniAmbiente un esempio di società pubblica che funziona. Ovviamente, si può sempre migliorare. In tal senso, sono in campo altre azioni promosse dal dottore Crivaro e dal suo staff. A lui e a tutti i lavoratori il nostro ringraziamento”.

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