Attualità
La creatività è donna: Mary Kies,usò la testa per un brevetto e dopo di lei, tante altre
Il 5 maggio del 1809 Mary Kies usò la sua testa non solo per indossare un cappello, usanza diffusa all’epoca, ma
per ottenere un brevetto strettamente legato a una nuova tecnica per realizzare cappelli. Per il 19° secolo dev’essere stato un avvenimento semplicemente rivoluzionario, visto che le donne all’epoca godevano di pochi diritti: come figlie le loro proprietà appartenevano al padre, come mogli al marito e, se single, le amministrava per loro un fratello o uno zio. Ciononostante, all’origine di questa singolare iniziativa di Mary Kies, non c’è stato il desiderio di indipendenza economica, ma una sorta di “emergenza” nel campo della moda. Il divieto di importazioni di merci britanniche con l’embargo del 1807 imposto dell’allora Presidente Thomas Jefferson, aveva comportato una paralisi dell’economia americana. Dopo solo 15 mesi, anche il mondo della moda insieme a molti altri settori economici, fu costretto a rivolgersi al mercato interno. Tutto cominciò nel New England, il giorno in cui una giovane ragazza, Betsy Metcalf, vide un cappello in vetrina e, non potendolo acquistare, studiò una tecnica per realizzare cappelli intrecciando la paglia. Da quel momento, il New England diventò una fabbrica di cappelli di paglia all’ultima moda: attività che le donne di campagna potevano svolgere restando in casa e creandosi anche una propria indipendenza economica. Mary Kies aggiunse alla tecnica della giovane Betsy Metclalf, la variante di intrecciare la paglia con fili di seta, facendone un capo di alta moda prezioso e ricercato. Approfittando di una legge del 1790 che “consentiva ad ogni persona” di presentare una petizione per proteggere le sue idee innovative, il 5 Maggio 1809 Mary Kies fu la prima donna a chiedere un brevetto per la nuova tecnica di intreccio paglia-filo di seta. Quello stesso anno, il Presidente James Madison firmò il brevetto e la First Lady Dolley Madison scrisse una lettera a Mary Kies, congratulandosi per il contributo che donne come lei, davano allo sviluppo industriale statunitense. Purtroppo, quando cambiò la moda, la rivoluzionaria Mary Kies finì in povertà e morì dimenticata nel 1865. Oggi, a causa di un incendio che nel 1836 ha devastato l’ufficio che li conservava, è impossibile visionare il suo e gli altri 10.000 brevetti che sono andati distrutti nell’incendio, ma è possibile vedere il monumento a lei dedicato, nella città natale di South Killingly, nel Connecticut. La storia di Mary Kies conferma che il campo delle invenzioni e dei brevetti, non è prerogativa del mondo maschile. Molte altre donne come lei, pur non essendo inventrici, hanno contribuito allo sviluppo industriale con strumenti utili ed efficaci. Ad esempio, nel 1886 a Shelbyville (Illinoois) Josephine Cochrane, amante di cocktail e cene sociali, inventò la prima lavastoviglie meccanica brevettata nel 1893. Nel 1906 Alva Fisher brevettò la prima lavatrice elettrica e, ancora, nel 1914 Mary Jacobs cucì per sé il primo reggiseno adatto ad abiti scollati e trasparenti che liberò per sempre le donne dal rigido corsetto di stecche di balena, brevettandolo il 14 Febbraio 1914. Un’allevatrice di bestiame, Mary Anderson, nel 1903, tra l’ilarità dei dipendenti dell’ufficio, riuscì ad ottenere per 17 anni il brevetto per uno strumento manuale che teneva pulito il parabrezza, di lì a poco montato su tutti i taxi di New York. Anche i tergicristalli automatici furono inventati da una donna: si chiamava Charlotte Bridgwood e depositò il suo brevetto nel 1917. Il Computer fu messo a punto nel1800 da Charles Bobbage, ma il linguaggio col quale impostare le sue funzioni, fu inventato e brevettato da Augusta Ada King nel 1871; il concetto di “compilatore” dei programmi software e il linguaggio COBOL, da Grace Hopper nel 1952 e il primo programma informatico, da Ada Lovelace (1815-1852). Il contributo alla creazione del mondo informatico da parte delle donne, oggi viene celebrato con l’Ada Lovelace Day il 13 Ottobre, festa internazionale istituita per ricordare il grande ruolo della donna in ambito scientifico,ingegneristico e matematico. Anche in campo medico molti brevetti sono femminili: il manichino per insegnare la rianimazione cardio-polmonare, il catetere endovenoso e la prima pillola anticoncezionale che si diffonde dal 1916, grazie a Margaret Sanger. L’elenco di brevetti attribuiti alle donne è lunghissimo e va dai codici di sicurezza per le comunicazioni in tempo di guerra, ai razzi pirotecnici per i naviganti, ai telescopi per sottomarini, al laser regolabile, ai setacci molecolari per raffinamento del petrolio, al mixer da cucina elettrico, ai due metodi di inscatolamento sottovuoto, al metodo per la pulizia e l’essiccamento del granturco, al rivoluzionario sistema di impermeabilizzazione Scotchgard, al metodo di deviazione per le emissioni di fumo delle ciminiere, ecc.. ll contributo della donna alle invenzioni investe tutti i campi e tutti i settori, anche quelli che per luogo comune si pensa siano prerogativa maschile. Si può quindi affermare con Madame de Stael che: “il genio non ha sesso!”.
Attualità
Pallavolo Serie D – Esordio fuori casa per il GSA Pallavolo Ariano
Dopo aver conquistato nella scorsa stagione la promozione in serie D, la Coppa e la SuperCoppa IrpiniaSannio, il GSA PALLAVOLO ARIANO sabato 2 novembre scende in campo a Cava dei Tirreni per la prima gara del campionato di serie D maschile.
La partita inizierà alle ore 19.30 per dare avvio ad una nuova fase agonistica che il GSA intende giocare per l’alta classifica.
Confermato lo staff tecnico con Giulio Filomena e Nico Medici a guidare il gruppo nel quale saranno ancora G. Santosuosso, L. Guardabascio e R. Caso punti di riferimento per giovani promettenti come M. Molinario, M. Ninfadoro , C. Capozzi e P.Borriello. La qualità non manca nel resto della squadra con G. Ricciardi, A. La Luna, L. Schiavo, H. Chiaradonna, A. Iandoli, T. Barrasso , M. Toriello a disposizione dei tecnici per dimostrare di valere la categoria.
Per questa importante avventura regionale, la società arianese è pronta anche a lanciare i giovanissimi dell’Under 17 che già hanno messo in mostra il loro positivo spessore con una vittoria per 3-0 nel debutto casalingo con i pari età dell’Academy nel torneo territoriale di categoria.
Per l’esordio fuori casa gli arianesi dovranno aspettarsi una gara difficile e confrontarsi con un avversario molto solido; il fattore campo può aiutare i cavesi, ma il GSA deve subito metabolizzare le difficoltà della serie regionale e scendere sul parquet con la consapevolezza di saper imporre il proprio gioco per conquistare la vittoria.
Attualità
Giornata delle Forze Armate – Il 4 Novembre ad Ariano la cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale
L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino, in una sobria e solenne cerimonia, vuole commemorare i Caduti di tutte le Guerre, rendere omaggio alle Forze Armate, celebrando la Festa dell’Unità Nazionale, in ricordo della fine della prima Guerra Mondiale.
Appuntamento lunedì 4 novembre 2024 alle ore 10,00 al Piano della Croce presso il Monumento ai Caduti dove, alla presenza delle Autorità Civili, Militari e Religiose, verrà deposta la Corona di alloro, sulle note dell’Inno Nazionale.
Una Corona di Alloro verrà deposta anche davanti al busto di Giulio Lusi in Villa Comunale e nell’atrio di Palazzo di Città.
Il messaggio istituzionale è rivolto alle nostre giovani generazioni, per non dimenticare i nostri Caduti in Guerra, morti per gli ideali risorgimentali di indipendenza, di libertà, di democrazia che hanno determinato l’Unità d’Italia ed esprimere riconoscenza per coloro che ancora oggi rischiano la vita al Servizio della Comunità.
La cittadinanza è invitata a partecipare.
Attualità
Roberto Zaffiro: vi racconto la mia Africa e vi invito a diventare benefattori
Imprenditore nel settore edile (azienda di dieci dipendenti), insieme ad altri due fratelli, sposato e con due figli, Roberto Zaffiro, con il pieno sostegno della famiglia, si dedica anima e corpo alla missione che lo appassiona e gratifica di più: dalla costruzione di pozzi e scuole, ai presidi ospedalieri, in Africa. Il 5 novembre partirà per la Nigeria e in gennaio per il Benin
“Un tempo ero laico, poi a 37 anni, 20 anni fa, c’è stata la mia conversione, a seguito del viaggio a Medugorje, – ci racconta. Il senso di solidarietà l’ho però sempre avuto nel DNA, tanto che ogni volta che ho girato il mondo, ho sempre elargito del denaro, ai bisognosi che mi è capitato di incontrare”.
Quando hai capito che la tua missione era dedicarti in maniera più completa agli altri?
La svolta a seguito del viaggio a Medugorje. Fino ad allora ero stato una sorta di superficiale credente praticante, che girava il mondo, compresa l’Africa, anche in moto, e non dava grande importanza ai sacramenti e alla preghiera. In quel luogo, come se avessi improvvisamente intuito le mie miserie e fragilità, ho pianto molto e ho capito che dovevo cambiare la mia vita e relazionarmi in maniera diversa con Dio. È cominciata così la mia conversione, incrementando anche la frequentazione della Chiesa, finché a Montevergine (AV) non ho incontrato padre Jean Baptist, sacerdote originario del Benin (Diocesi Kandi-Benin), specializzatosi a Roma. Siamo diventati amici e, dopo che mi ha mostrato le carenze d’acqua nel suo villaggio, gli ho donato un pozzo. Quando è tornato in Africa, mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarlo. Nel 2012 l’ho raggiunto e ho cominciato a guardare l’Africa con occhi nuovi, mi sono reso conto della vita di sofferenza della popolazione: bambini e adulti che bevevano dalle pozzanghere esponendosi a malattie, quando non la morte, bambini costretti a percorrere chilometri con le taniche in testa per approvvigionarsi dell’acqua. Un pozzo è una fonte di acqua viva utile a diverse comunità, talvolta serve fino a diecimila persone o più (dipende dalla grandezza dei villaggi) e nel tempo, cambia radicalmente la loro vita: cominciano ad allevare animali, a praticare l’agricoltura. L’acqua è di interesse primario: il 60-70 per cento dei nostri fondi li impieghiamo nella costruzione dei pozzi, a cui facciamo seguire attività ambulatoriali, considerando che, per accedere all’assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere centinaia di chilometri e talvolta non c’è il tempo, né la possibilità, di farlo. Molte malattie derivano dalla mancanza di igiene, dal fatto che non ci si può lavare: da una banale diarrea si passa alla febbre, inizia la sofferenza, che diventa acuta, poi grave e infine, può portare alla morte. Un piccolo presidio sanitario, con almeno uno-due infermieri e un medico, serve a trasmettere i fondamenti dell’igiene necessari a prevenire diverse malattie, anche se, per quelle più gravi, bisogna recarsi presso gli ospedali. Agli ambulatori cerchiamo di affiancare la promozione dell’istruzione di base che consenta ai più poveri, che non possono permettersi la scuola, almeno di difendere i diritti propri e della famiglia: l’istruzione emancipa e salva il mondo. Come individuate dove costruire un pozzo?
Primo step individuare il punto, poi una sorta di rabdomante, col talento sensibile nelle mani, scopre dove potrebbe esserci più acqua, quindi arriva la trivella, che in genere scava per 4-5 ore, con tutta la popolazione intorno, che festeggia il grande evento, che cambierà la loro la vita. Il primo getto d’acqua, è un vero spettacolo: vediamo la gioia dei bambini e della gente. Documentiamo tutto in diretta e lo postiamo sui social, poi, a fine missione, montiamo un filmato che mostreremo ad amici, conoscenti e benefattori, nonché a chi volesse diventarlo. Vogliamo dimostrare che facciamo opere concrete e cerchiamo di renderci utili, per alleviare almeno in parte, la sofferenza di quelle popolazioni. Realizzare un pozzo costa circa 7-8 mila euro, ma dipende dal luogo, dalla quantità e dalla profondità del terreno. Un ambulatorio sanitario, così come una scuola, costa intorno ai 20-30 mila euro, a seconda delle dimensioni.
Finora abbiamo realizzato 24 pozzi in Benin, uno in Malawi e 5 in Nigeria, che servono una popolazione complessiva di circa 350 mila abitanti.
La strada la preparano i religiosi, che, oltre alle lingue locali, compresi i vari dialetti, parlano inglese, francese ed italiano. Con le loro diocesi, di dimensioni notevoli, sono radicati sul territorio, interloquiscono coi capi villaggio, i quali, al di là dei diversi credo religiosi, convivono senza combattersi. Ogni iniziativa la condividiamo con i capi delle comunità: acqua, sanità, scuola, sono per tutti, cristiani, musulmani, animalisti. Questo ci consente anche di approcciarci a quei territori senza temere per la nostra incolumità.
Con quali modalità raccogliete le risorse necessarie?
I fondi vengono raccolti sia con la promozione di giornate di beneficenza, sia nelle chiese, attraverso l’associazione Regina della Pace e Carità (con sede in Flumeri, AV), finalizzata a promuovere e gestire interventi di cooperazione allo sviluppo e progresso umano, economico e sociale, attraverso la costruzione di pozzi, scuole, ambulatori, orfanotrofi e chiese, nei Paesi in via di sviluppo. Nata allo specifico scopo della missione in Africa, la onlus è composta da 12 persone, 3 delle quali, sacerdoti africani. I sacerdoti, vivendo in Africa, conoscono il territorio e poiché ogni anno vengono in Italia, fermandosi per circa 40 giorni presso le parrocchie, ci aiutano a progettare le sfide che realizzeremo insieme. Sono loro i veri esecutori delle opere: i pozzi si scavano rapidamente in nostra presenza, ma per le altre opere che invece richiedono mesi, noi ogni anno andiamo a verificare ciò che è stato realizzato e lo inauguriamo insieme. Quest’anno abbiamo realizzato 3 pozzi in Benin e altri 3 ne realizzeremo entro fine anno in Nigeria: partiremo il 5 novembre, per tornare il 19. Per l’inizio del 2025 realizzeremo una chiesa e ancora 4 pozzi in Benin, nonché giornate sanitarie e visite agli orfanotrofi locali. Giacché abbiamo costruito tre ambulatori in Benin, tra cui un ospedale della maternità, promuoveremo la formazione sanitaria, invitando le popolazioni limitrofe, alle quali si insegnerà la prevenzione di base e doneremo dei medicinali, che, su indicazione dei medici locali, acquistiamo direttamente in loco o nelle città più grandi, che distano anche fino a 250 km. Spesso i bambini hanno la pancia gonfia dovuta ai vermi, così acquistiamo il farmaco per la sverminazione, che costa un euro e mezzo e salva loro la vita o la tachipirina, utile in caso di febbre alta. Molti bambini vengono abbandonati nella savana, se la famiglia a causa dell’estrema povertà non può mantenerli, oppure se malati o albini (pensano siano indemoniati), così suore, preti e laici, li raccolgono e li portano negli istituti religiosi dotati di orfanotrofi (30-40 posti), che però soffrono difficoltà economiche e alimentari. Quando li visitiamo, doniamo una metà delle offerte in beni materiali, riso, olio e latte in polvere, e il resto, tra i mille e i tremila euro (a seconda di ciò di ciò che siamo riusciti a mettere da parte), lo diamo alla struttura come sostegno economico. Cerchiamo di metterli in condizioni di andare avanti per qualche mese, di dare ai loro ospiti una speranza per il futuro. Nel 2026 in Malawi vorremmo realizzare un orfanotrofio per bambini abbandonati e disabili e 2-3 pozzi, per cui stiamo raccogliendo fondi e invitiamo chiunque potesse e volesse, a contribuire.
Che altro fare per aiutare concretamente gli Africani?
I governi locali dovrebbero preoccuparsi, per cominciare, di dare l’acqua, consentire l’istruzione e la sanità, che fornirebbe a quelle popolazioni i mezzi per progredire ed essere autonome a casa loro. In tal modo, non avrebbero bisogno di rischiare la vita sui barconi, per illusioni irrealizzabili. Purtroppo i loro governanti sono spesso dittatori che non hanno alcun interesse a metterli in condizioni di autosufficienza, ma preferiscono tenerli nell’ignoranza, per poterli gestire.
Dal canto nostro, immersi nel benessere, noi consumiamo cose inutili, sprechiamo e buttiamo. Vorrei esortare a pensare a chi ora sta soffrendo, destinando ciò che per noi è superfluo a chi invece ha necessità basilari. Per dirla con madre Teresa di Calcutta: la condivisione sconfigge la povertà.
Siete in procinto di partire per la prossima missione…
Il 5 novembre partiremo per la Nigeria per due settimane. Sarò accompagnato da due nuovi benefattori, Giovanni Parrella di Motesarchio (BN), e Angela Ciasullo di Flumeri, che documenterà i lavori anche filmando e, per la missione, è riuscita a superare la sua antica paura per gli aghi, poiché ha dovuto vaccinarsi, e persino quella di volare. Ognuno di noi ha sostenuto autonomamente il costo del biglietto (1.000 €) e dei visti (300 €). Dal 16 gennaio al 5 febbraio tornerò in Benin, ancora con Angela Ciasullo e i parroci: Don Alessandro Pascale, di Prato Principato Ultra, Don Alberico Grella, di Sturno, Don Rino Morra, di Bisaccia e chiunque volesse aggiungersi”.
I prossimi eventi per raccogliere fondi e visionare quanto realizzato in Benin: sabato 30 novembre 2024 alle 20, cena di beneficenza (20 €) presso i Saloni dell’Oratorio ANSPI San Prisco (Via Grotte) a Passo Eclano (AV); domenica 8 dicembre 2024 a Zungoli (AV), ore 13 pranzo di beneficenza (25 €), presso il Convento San Francesco. Ulteriori informazioni (e prenotazioni) su: https://www.reginadellapaceecarita.org
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