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Legge Basaglia, 41 anni dopo: a che punto siamo?

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Di Floriana Mastandrea  

“Viviamo in una società atomizzata e, al tempo stesso, omologata. L’atomizzazione si nota per le strade, dove uomini e donne sono indifferenti gli uni agli altri. Si cammina come automi, con i propri pensieri, l’uno abissalmente separato dall’altro. Non c’è curiosità, c’è piuttosto indifferenza.

Uomini e donne sembrano tutti uguali, nessuno si interessa all’altro più del minimo. In una società così fatta, il dominio dall’alto è facile. La mia città è un amalgama in cui le decisioni dei vertici passano attraverso la gente come la corrente attraverso un conduttore. Ci sono comportamenti di massa, indiscutibili, direttive dall’alto invincibili. Se uno non corrisponde al modello che la comunità ha formato, vivrà male per tutta la vita. Atomismo e omologazione eterodirezione vanno d’accordo. Più un individuo è solo, più funziona la logica del branco. Logica spietata nella condanna e inequivocabile nell’assoluzione ed esaltazione. Manca una coscienza libera, la quale non può formarsi in un clima in cui i singoli non hanno alcuna realtà. Ecco perché il quadro che emerge è di una desolazione paurosa. Se, viceversa, uno sposa il noi, si generano meccanismi di integrazione, un sentimento comune di solidarietà in cui sparisce l’individuo ed emergono i miti e i riti collettivi. Il conformismo, unito a un senso tutto italiano di quieto vivere in cui tutto è uniforme e non può essere modificato è tipico di questa città. Non ci sono più voci discordanti ed è un fatto grave per la democrazia. Giunti all’osso cioè all’anima, non resta che sopportare il peso immane dell’ipocrisia. Occorrerebbe un senso di ribellione che scuotesse alla radice il quieto vivere degli avellinesi”. Un’analisi di estrema lucidità, tratta da: Ho quarant’anni e non voglio morire”, di Salvatore La Ragione (pseudonimo), Edizioni Il Papavero. È l’autobiografia di un autore colto, che racconta la propria malattia in un diario ricco di riferimenti filosofici: ha letto in lingua originale tutti i filosofi, e le osservazioni e domande che pone, sono di grande impatto e razionalità. Dov’è dunque la follia? Qual è il limite tra la “normalità e la malattia della mente? E quest’ultima, anche quando è diagnosticata, è davvero sempre malattia? È curabile? Può essere la malattia mentale, determinata da eccessiva sensibilità, da un’intelligenza fuori dal comune, da fortitraumi vissuti in ambito familiare, affettivo o sociale? Può essere la conseguenza del disagio di vivere? Cosa vuol dire essere diversi? Sono stati questi gli argomenti di cui si è appassionatamente dibattuto nella tavola rotonda promossa da: Comune di Castel Baronia, Università Popolare dell’Irpinia (UPI), Pro Loco Castellese e casa editrice Il Papavero. Dopo i saluti del sindaco Felice Martone, del vice sindaco, Carmine Famiglietti, e del presidente della Pro loco, Enzo Mazzeo, l’avvocato Mirko Mariano Pecorari ha tracciato lo scenario che, abrogando la legge 14 febbraio 1904, n. 36, ha portato alla legge 180 del 13 maggio 1978,meglio conosciuta come legge Basaglia, dal nome del lungimirante psichiatra che, con la chiusura di luoghi di contenzione come i manicomi, dove erano ricoverati indiscriminatamente malati psichici, etilisti, depressi, portatori di handicap fisici, riformava l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale. La legge promuoveva una moderna impostazione clinica dell’assistenza psichiatrica, rapporti umani rinnovati con il personale e la società, nonché il riconoscimento ai pazienti,seguiti e curati anche da strutture territoriali, di diritti e di una vita di qualità. La legge 180 regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici e demandando l’attuazione alle Regioni, le quali legiferarono in maniera eterogenea, con risultati diversificati nel territorio.                                                                  

Michele Ciasullo, medico e presidente della UPI, ha sottolineato come l’Italia sia stato il primo e finora l’unico Paese al mondo, ad abolire gli ospedali psichiatrici, sebbene l’eliminazione dei residui manicomiali sia stata completata solo dopo il 1994. Ma quanto il Servizio sanitario nazionale, entrato in vigore pochi mesi dopo la 180, ovvero il 23 dicembre 1978, pur contenendo in sé quasi gli stessi articoli della Basaglia, riesce ad essere efficiente nella cura dei pazienti? Non sempre la risposta è positiva, poiché soprattutto nelle regioni più povere, in particolare al Sud, le persone si curano sempre meno e sempre peggio in ogni ambito.                                                                                                 Alessandra Cotoloni, architetto e scrittrice di talento senese, ha raccontato ladrammatica storia vera di Fernando, che le ha ispirato Diario di pietra (Edizioni Il Papavero). Nato a Roma nel 1927, Fernando trascorre la vita in manicomio, prima nella sua amata città, poi a Volterra, dove con l’ardiglione del gilet in dotazione ai degenti, comincerà a scrivere sul muro esterno del padiglione Ferri, il suo Diario di pietra: segni, parole, disegni, frasi, poesie, che imprimerà con energia su 180 metri di muro. Un grido di dolore e una vera e propria denuncia, valida anche per gli altri degenti, privati degli elementi più importanti per ogni individuo: la libertà di essere ed esistere.                             Andrea Friscelli, psichiatra e psicoterapeuta, con Il villaggio delle anime perse, Storie e voci dal manicomio di Siena (Betti Editrice), ha inteso recuperare la memoria del manicomio San Niccolò di Siena, studiando le cartelle cliniche e i documenti presenti nei carteggi, in un arco temporale che va dalla fine dell’Ottocento al limitare della legge 180, che bloccò i ricoveri in quello, come in altri manicomi, affidando i pazienti alle strutture sanitarie pubbliche. Ponendosi come mediatore tra l’universo dei pazienti e il resto del mondo, ha evidenziato i non così distanti punti di contatto di umanità.Un altro testo, scritto a quattro mani, con Riccardo Manganelli, è: Roy, il pittore che odiò Siena (ed. Betti), la storia di un pittore italo-tedesco piuttosto famoso, che durante il soggiorno a Siena, a causa del carattere impulsivo e del disadattamento a quell’ambiente, capitò in manicomio per un breve periodo, vivendolo come una macchia insopportabile, tanto da passare il resto della vita a cercare di togliersela di torno, fino a rimanerne schiacciato, vinto.                                                                    

Antonio Severino, giovane antropologo della scuola di De Martino, nel sottolineare l’importanza di porre al centro l’individuo prim’ancora della malattia, ha citato l’intervista di PierpaoloPasolini (in Comizi d’amore) a Ungaretti, su cosa si intendesse per normalità. Ed ecco l’arguta risposta del poeta: “Ogni uomo è fatto in un modo diverso. Dico, nella sua struttura fisica, ma anche nella sua combinazione spirituale. Quindi tutti gli uomini a loro modo sono anormali, tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la natura”.                                                                           Mirella Galeota, neuropsichiatra infantile, ha portato la sua testimonianza di una lunga esperienza sul campo, sottolineando come ci sia carenza di formazione e dunque di cultura nel settore. È anzitutto nelle scuole e nelle famiglie che bisogna agire, è necessario fare prevenzione, ma servono i mezzi, gli operatori, una specifica progettualità.                                                                

 L’eclettica Donatella De Bartolomeis (Edizioni Il Papavero), ha raccontato che come editrice, si appassiona alle storie che pubblica e crea rapporti di forte amicizia ed empatia con gli autori. Ha posto l’accento sulla necessità di comprendere il “diverso” da sé, recuperare il senso di umanità, la solidarietà, il calore umano, gli abbracci, e avere il coraggio di dirsi che ci si vuol bene. Le parole, ha sottolineato, sono importanti, vanno usate con cura, con la dovuta attenzione poiché trasmettono precisi significati.                                                                                                                       Molti e appassionati interventi dal pubblico, tra cui quello di Raffaele Zefilippo, un infermiere professionale in pensione, specializzato nella cura dei malati psichiatrici, che ha raccontato la sua esperienza da Trieste in giù, evidenziando come il Sud sia ancora troppo carente di strutture, di personale formato e progetti: perché? Mancano soprattutto sensibilità, preparazione e volontà politica! Al Sud dunque, c’è “un’altra sanità”?…

  

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FIERA DI VENTICANO – D’Agostino (FI): Qui l’Irpinia che resiste e innova

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Avellino, 24 apr – “Oggi ho partecipato con interesse all’inaugurazione della 46^ Fiera Campionaria di Venticano, un evento che non è solo una vetrina, ma una parte pulsante dell’Irpinia e del Mezzogiorno. Con oltre 140 espositori e un padiglione dedicato al Made in Italy, la Fiera celebra l’agricoltura, l’enogastronomia e l’artigianato di qualità del Centro-Sud, dimostrando che le aree interne possono essere motore di sviluppo.

Ho incontrato produttori determinati, storie di passione e sacrificio che incarnano lo spirito di un Sud che non si arrende e punta all’eccellenza. La loro energia è la prova che, anche in territori spesso marginalizzati, l’imprenditoria di qualità può crescere e competere.

Una delle proposte più interessanti emerse oggi è la trasformazione del quartiere fieristico in un hub di servizi per la Valle del Calore. Un’idea strategica, che condivido pienamente, per valorizzare le risorse locali e attrarre investimenti. Come sindaco e imprenditore, sono convinto che iniziative come questa siano importanti per creare lavoro, contrastare lo spopolamento e unire tradizione e innovazione.

Grazie alla Pro Loco Venticanese, ai volontari e a tutti coloro che rendono possibile questa manifestazione. La Fiera di Venticano non è solo un evento, è un simbolo di speranza e un modello per l’Irpinia.”

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Il Comune di Ariano Irpino ricorda il 25 aprile

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Ottant’anni fa, l’Italia ritrovava la propria identità.

Il 25 aprile ricorre la Festa della Liberazione, quest’anno l’80° Anniversario della Liberazione dal regime fascista e dall’occupazione nazista, una pagina della nostra storia da non dimenticare per un futuro condiviso da tutti di pace, di progresso e di libertà. L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino celebra questa importante ricorrenza con l’affissione di Manifesti cittadini  e l’esposizione a Palazzo di Città del Tricolore e della bandiera Europea,  occasione per ricordare con forza il messaggio del sacrificio di coloro che si sono battuti con coraggio, per tramandare alle generazioni future lo straordinario valore della libertà

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Proiezione del corto “Fiori nella Polvere”

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Giovedì 24 Aprile 2025 alle ore 20:30 presso la Sala Rossa del Palazzo degli uffici in Ariano Irpino verrà proiettato il corto “Fiori nella Polvere” diretto da Iole Ionno.

“È il compleanno di Irene. Sua figlia Livia va a trovarla per festeggiare, ma durante l’incontro riemerge un passato irrisolto. Dopo tempo Livia ripenserà a quell’incontro e a come ristabilire una connessione con sua madre”.

Questa è brevemente la trama del corto,  al termine della proiezione il pubblico avrà la possibilità di dialogare con la regista Iole Ionno e con lo sceneggiatore Alessandro Tomassi.

 Ad accompagnare in questo viaggio ci sarà Maria Elena De Gruttola.

Con la grazia e la forza che la contraddistinguono, la regista riesce ad affrontare un tema enorme e più che mai attuale.

Le immagini raccontano più delle parole; la forza evocativa di uno sguardo o di un gesto appena accennato, ci trascinano dentro ad una storia delicata e potente.

Vi aspettiamo giovedì 24 Aprile 2025 alle 20:30.

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