Attualità
Presentato il libro di Floriana Mastandrea : Wuhan-Ariano Irpino, diario di una pandemia
Floriana Mastandrea, giornalista e scrittrice, ha appena presentato il suo quinto libro: Wuhan-Ariano Irpino, diario di una pandemia.
Perché questo libro?
Premetto che scrivere è un esercizio catartico, anche quando non si tratta di autobiografia: c’è sempre qualcosa di sé in un libro o in articolo. In questo libro c’è una parte del lavoro del lockdown al quale siamo stati costretti dal 15 marzo al 22 aprile, rinchiusi nelle nostre case, a fare i conti con l’organizzazione delle nostre vite e dei valori, più spesso disvalori, che ruotano intorno ad esse, nonché il lavoro successivo. Questo libro, il quinto, sebbene ce ne sia già un sesto pronto e di altra natura, è un inno alla memoria, affinché ciò che è accaduto sia da monito per il futuro, perché non si ripetano gli stessi errori. Ho raccolto, ricostruendo in ordine temporale, con la cadenza di un diario, interviste, riflessioni, testimonianze, articoli, tra i più significativi, pubblicati su testate giornalistiche o portali, locali e non, in maniera maggiore su: arianonews24, Il Quotidiano del Sud, Sinistrae1/2giorno e NoiDonne.org. Un instant book della memoria, che vuol essere un focus soprattutto sull’emergenza coronavirus ad Ariano Irpino e dintorni: quasi tutti gli articoli sono miei, salvo qualche contributo particolarmente attinente, di quella che è stata una squadra di lavoro di volontari, creata in occasione del lockdown, attenta a fornire un’informazione trasparente e libera.
Cosa hai riportato in particolare?
Ho dovuto necessariamente fare delle scelte e così ho concentrato l’attenzione sulla gestione della pandemia da parte della Asl, sulle problematiche della medicina territoriale, sulle ulteriori emergenze interconnesse all’emergenza pandemia. Ricordiamo che Ariano, con i suoi poco più di 22.000 abitanti ha dato in percentuale un alto contributo di vittime: 29! Ho riportato l’appello di chi non riceveva un tampone pur avendo tutti i sintomi da coronavirus, come è accaduto, tra agli altri, a Rocco Cusano, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Avellino, così come, nel mini viaggio-inchiesta sulla sanità, l’intervista al presidente dell’Ordine dei Medici di Avellino, Francesco Sellitto, nonché all’eroico medico di famiglia arianese Renzo Grasso, che grazie alla sua scrupolosità, ha salvato diverse vite. Non mancano le testimonianze di chi è stato colpito dal virus, come Suor Anna Ciano, o di chi ha subito una tragedia in famiglia, come la combattiva Grazia Lo Conte, il cui genero, colpito dal virus a Bergamo, è morto a soli 49 anni: una storia raccapricciante, causata dall’avidità della città che, nonostante l’emergenza in corso, non si fermava! Abbiamo chiamato in causa anche la psichiatra Mirella Galeota e lo psicologo Nunzio Lucarelli per i disturbi psicologici legati all’emergenza.
Che lezione trarre dalla pandemia?
La distanza da Wuhan, una delle maggiori città cinesi con 11 milioni di abitanti, ad Ariano, è di “soli” 8.516 Km, all’incirca come andare da Ariano a Genova (800 Km) una decina di volte. L’emergenza pandemia è uno dei frutti negativi della globalizzazione, che, se da un lato ha il merito di annullare le distanze spazio-temporali tra i popoli, dall’altro ha il demerito di tendere ad annullare radici e storia. L’appartenenza è un valore da preservare: è dall’interazione di usi e costumi, che si generano contributi utili e innovativi affinché il progresso investa tutti. Se la pandemia Covid-19, trascinandoci in una triplice crisi: sanitaria, economica e politica, ci costringerà a rivedere l’organizzazione individuale e sociale e con essa i nostri disvalori, allora, nonostante l’alto prezzo pagato, avrà avuto un “senso”. Ma siamo certi di aver compreso la lezione o, al contrario, siamo peggiorati, rifugiandoci in un improvvido egoismo? La pandemia ci esorta a cambiare direzione: urge una nuova coscienza, sia civile, sia politica. Urge rispettare la Terra, quel pianeta che con superficialità sfruttiamo, inquiniamo e bruciamo. Urge recuperare valori semplici di cui si è perso il senso, primi fra tutti il rispetto e la dignità, ovvero valori morali ed etici forti, che non possono prescindere dal rispetto di sé e degli altri. Bisogna andare controcorrente, osare, in una società omologata, in cui tutti si adattano per comodità o timore e pochissimi osano ribellarsi. È necessario ribellarsi all’omologazione, all’incoerenza, alla disumanità crescente, all’indifferenza, alla negazione dei diritti, in sintesi, all’ingiustizia, in qualunque campo (sociale, individuale, economico) e modo venga perpetrata. Pensiamo a quanto sarebbe migliore il mondo, se tutti i popoli potessero accedere alla scuola, alla conoscenza, al benessere. Pensiamo a come sarebbe bello il mondo senza guerre, razzismo, discriminazioni in base a sesso, colore della pelle, etnia, religione! Finché ci saranno esseri umani che subiranno fame, soprusi, torture, ingiustizie, sfruttamenti, per arricchire o far star meglio una sola parte del mondo, non potremo dire di aver costruito un mondo a misura d’uomo, quanto piuttosto un mondo privilegiato per una minoranza e, di sofferenze, per la restante umanità. Per la nostra avidità, abbiamo maltrattato l’ambiente, sfruttato il suolo, le acque, i cieli, distruggendo gli ecosistemi, e la natura ci ricambia, difendendosi con lo scioglimento dei ghiacciai, le alluvioni, gli tsunami, e le epidemie. Durante il lockdown aria e acqua si sono ripulite, flora e fauna sono rifiorite e abbiamo guadagnato tre settimane sull’utilizzo delle risorse biologiche che il pianeta può rinnovare durante l’anno. Bisogna costruire un futuro in armonia con i limiti ecologici del nostro pianeta. Se conosciamo quel che accade intorno a noi, abbiamo gli strumenti per reagire. E la conoscenza va promossa con tutti i mezzi, fossero anche quelli della didattica a distanza imposta dalla pandemia, che ha lasciato a casa in tutto il pianeta, 1,5 miliardi di alunni, con il rischio di impatti globali negativi nel medio termine. È il tempo delle scelte e del riscatto dei nostri territori: servono persone generose e lungimiranti in grado di immaginare un futuro nuovo, tutto da scrivere. Servono menti brillanti, amministratori capaci, intellettuali arguti. Si dovrà costruire il riscatto: da una mentalità distratta, rassegnata e accondiscendente, da politici incapaci, spesso ignoranti, miopi e clientelari. La politica deve ritrovare etica e morale, scegliendo persone di qualità, che ritornino a conferirle il senso originario di missione, al servizio della collettività. Il Sud deve recuperare la propria dignità e la capacità di crescere con le sue forze. La globalizzazione va rivista e corretta, creando condizioni di pari opportunità tra i popoli, attraverso il sapere. Occorre sognare in grande, per poter iniziare concretamente a lavorare a un nuovo Rinascimento, a un mondo nuovo in cui all’apparenza, sostituire la sostanza di una nuova umanità, tutta da creare, empatica e in armonia con l’ambiente.
Attualità
Pallavolo Serie D – Esordio fuori casa per il GSA Pallavolo Ariano
Dopo aver conquistato nella scorsa stagione la promozione in serie D, la Coppa e la SuperCoppa IrpiniaSannio, il GSA PALLAVOLO ARIANO sabato 2 novembre scende in campo a Cava dei Tirreni per la prima gara del campionato di serie D maschile.
La partita inizierà alle ore 19.30 per dare avvio ad una nuova fase agonistica che il GSA intende giocare per l’alta classifica.
Confermato lo staff tecnico con Giulio Filomena e Nico Medici a guidare il gruppo nel quale saranno ancora G. Santosuosso, L. Guardabascio e R. Caso punti di riferimento per giovani promettenti come M. Molinario, M. Ninfadoro , C. Capozzi e P.Borriello. La qualità non manca nel resto della squadra con G. Ricciardi, A. La Luna, L. Schiavo, H. Chiaradonna, A. Iandoli, T. Barrasso , M. Toriello a disposizione dei tecnici per dimostrare di valere la categoria.
Per questa importante avventura regionale, la società arianese è pronta anche a lanciare i giovanissimi dell’Under 17 che già hanno messo in mostra il loro positivo spessore con una vittoria per 3-0 nel debutto casalingo con i pari età dell’Academy nel torneo territoriale di categoria.
Per l’esordio fuori casa gli arianesi dovranno aspettarsi una gara difficile e confrontarsi con un avversario molto solido; il fattore campo può aiutare i cavesi, ma il GSA deve subito metabolizzare le difficoltà della serie regionale e scendere sul parquet con la consapevolezza di saper imporre il proprio gioco per conquistare la vittoria.
Attualità
Giornata delle Forze Armate – Il 4 Novembre ad Ariano la cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale
L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino, in una sobria e solenne cerimonia, vuole commemorare i Caduti di tutte le Guerre, rendere omaggio alle Forze Armate, celebrando la Festa dell’Unità Nazionale, in ricordo della fine della prima Guerra Mondiale.
Appuntamento lunedì 4 novembre 2024 alle ore 10,00 al Piano della Croce presso il Monumento ai Caduti dove, alla presenza delle Autorità Civili, Militari e Religiose, verrà deposta la Corona di alloro, sulle note dell’Inno Nazionale.
Una Corona di Alloro verrà deposta anche davanti al busto di Giulio Lusi in Villa Comunale e nell’atrio di Palazzo di Città.
Il messaggio istituzionale è rivolto alle nostre giovani generazioni, per non dimenticare i nostri Caduti in Guerra, morti per gli ideali risorgimentali di indipendenza, di libertà, di democrazia che hanno determinato l’Unità d’Italia ed esprimere riconoscenza per coloro che ancora oggi rischiano la vita al Servizio della Comunità.
La cittadinanza è invitata a partecipare.
Attualità
Roberto Zaffiro: vi racconto la mia Africa e vi invito a diventare benefattori
Imprenditore nel settore edile (azienda di dieci dipendenti), insieme ad altri due fratelli, sposato e con due figli, Roberto Zaffiro, con il pieno sostegno della famiglia, si dedica anima e corpo alla missione che lo appassiona e gratifica di più: dalla costruzione di pozzi e scuole, ai presidi ospedalieri, in Africa. Il 5 novembre partirà per la Nigeria e in gennaio per il Benin
“Un tempo ero laico, poi a 37 anni, 20 anni fa, c’è stata la mia conversione, a seguito del viaggio a Medugorje, – ci racconta. Il senso di solidarietà l’ho però sempre avuto nel DNA, tanto che ogni volta che ho girato il mondo, ho sempre elargito del denaro, ai bisognosi che mi è capitato di incontrare”.
Quando hai capito che la tua missione era dedicarti in maniera più completa agli altri?
La svolta a seguito del viaggio a Medugorje. Fino ad allora ero stato una sorta di superficiale credente praticante, che girava il mondo, compresa l’Africa, anche in moto, e non dava grande importanza ai sacramenti e alla preghiera. In quel luogo, come se avessi improvvisamente intuito le mie miserie e fragilità, ho pianto molto e ho capito che dovevo cambiare la mia vita e relazionarmi in maniera diversa con Dio. È cominciata così la mia conversione, incrementando anche la frequentazione della Chiesa, finché a Montevergine (AV) non ho incontrato padre Jean Baptist, sacerdote originario del Benin (Diocesi Kandi-Benin), specializzatosi a Roma. Siamo diventati amici e, dopo che mi ha mostrato le carenze d’acqua nel suo villaggio, gli ho donato un pozzo. Quando è tornato in Africa, mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarlo. Nel 2012 l’ho raggiunto e ho cominciato a guardare l’Africa con occhi nuovi, mi sono reso conto della vita di sofferenza della popolazione: bambini e adulti che bevevano dalle pozzanghere esponendosi a malattie, quando non la morte, bambini costretti a percorrere chilometri con le taniche in testa per approvvigionarsi dell’acqua. Un pozzo è una fonte di acqua viva utile a diverse comunità, talvolta serve fino a diecimila persone o più (dipende dalla grandezza dei villaggi) e nel tempo, cambia radicalmente la loro vita: cominciano ad allevare animali, a praticare l’agricoltura. L’acqua è di interesse primario: il 60-70 per cento dei nostri fondi li impieghiamo nella costruzione dei pozzi, a cui facciamo seguire attività ambulatoriali, considerando che, per accedere all’assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere centinaia di chilometri e talvolta non c’è il tempo, né la possibilità, di farlo. Molte malattie derivano dalla mancanza di igiene, dal fatto che non ci si può lavare: da una banale diarrea si passa alla febbre, inizia la sofferenza, che diventa acuta, poi grave e infine, può portare alla morte. Un piccolo presidio sanitario, con almeno uno-due infermieri e un medico, serve a trasmettere i fondamenti dell’igiene necessari a prevenire diverse malattie, anche se, per quelle più gravi, bisogna recarsi presso gli ospedali. Agli ambulatori cerchiamo di affiancare la promozione dell’istruzione di base che consenta ai più poveri, che non possono permettersi la scuola, almeno di difendere i diritti propri e della famiglia: l’istruzione emancipa e salva il mondo. Come individuate dove costruire un pozzo?
Primo step individuare il punto, poi una sorta di rabdomante, col talento sensibile nelle mani, scopre dove potrebbe esserci più acqua, quindi arriva la trivella, che in genere scava per 4-5 ore, con tutta la popolazione intorno, che festeggia il grande evento, che cambierà la loro la vita. Il primo getto d’acqua, è un vero spettacolo: vediamo la gioia dei bambini e della gente. Documentiamo tutto in diretta e lo postiamo sui social, poi, a fine missione, montiamo un filmato che mostreremo ad amici, conoscenti e benefattori, nonché a chi volesse diventarlo. Vogliamo dimostrare che facciamo opere concrete e cerchiamo di renderci utili, per alleviare almeno in parte, la sofferenza di quelle popolazioni. Realizzare un pozzo costa circa 7-8 mila euro, ma dipende dal luogo, dalla quantità e dalla profondità del terreno. Un ambulatorio sanitario, così come una scuola, costa intorno ai 20-30 mila euro, a seconda delle dimensioni.
Finora abbiamo realizzato 24 pozzi in Benin, uno in Malawi e 5 in Nigeria, che servono una popolazione complessiva di circa 350 mila abitanti.
La strada la preparano i religiosi, che, oltre alle lingue locali, compresi i vari dialetti, parlano inglese, francese ed italiano. Con le loro diocesi, di dimensioni notevoli, sono radicati sul territorio, interloquiscono coi capi villaggio, i quali, al di là dei diversi credo religiosi, convivono senza combattersi. Ogni iniziativa la condividiamo con i capi delle comunità: acqua, sanità, scuola, sono per tutti, cristiani, musulmani, animalisti. Questo ci consente anche di approcciarci a quei territori senza temere per la nostra incolumità.
Con quali modalità raccogliete le risorse necessarie?
I fondi vengono raccolti sia con la promozione di giornate di beneficenza, sia nelle chiese, attraverso l’associazione Regina della Pace e Carità (con sede in Flumeri, AV), finalizzata a promuovere e gestire interventi di cooperazione allo sviluppo e progresso umano, economico e sociale, attraverso la costruzione di pozzi, scuole, ambulatori, orfanotrofi e chiese, nei Paesi in via di sviluppo. Nata allo specifico scopo della missione in Africa, la onlus è composta da 12 persone, 3 delle quali, sacerdoti africani. I sacerdoti, vivendo in Africa, conoscono il territorio e poiché ogni anno vengono in Italia, fermandosi per circa 40 giorni presso le parrocchie, ci aiutano a progettare le sfide che realizzeremo insieme. Sono loro i veri esecutori delle opere: i pozzi si scavano rapidamente in nostra presenza, ma per le altre opere che invece richiedono mesi, noi ogni anno andiamo a verificare ciò che è stato realizzato e lo inauguriamo insieme. Quest’anno abbiamo realizzato 3 pozzi in Benin e altri 3 ne realizzeremo entro fine anno in Nigeria: partiremo il 5 novembre, per tornare il 19. Per l’inizio del 2025 realizzeremo una chiesa e ancora 4 pozzi in Benin, nonché giornate sanitarie e visite agli orfanotrofi locali. Giacché abbiamo costruito tre ambulatori in Benin, tra cui un ospedale della maternità, promuoveremo la formazione sanitaria, invitando le popolazioni limitrofe, alle quali si insegnerà la prevenzione di base e doneremo dei medicinali, che, su indicazione dei medici locali, acquistiamo direttamente in loco o nelle città più grandi, che distano anche fino a 250 km. Spesso i bambini hanno la pancia gonfia dovuta ai vermi, così acquistiamo il farmaco per la sverminazione, che costa un euro e mezzo e salva loro la vita o la tachipirina, utile in caso di febbre alta. Molti bambini vengono abbandonati nella savana, se la famiglia a causa dell’estrema povertà non può mantenerli, oppure se malati o albini (pensano siano indemoniati), così suore, preti e laici, li raccolgono e li portano negli istituti religiosi dotati di orfanotrofi (30-40 posti), che però soffrono difficoltà economiche e alimentari. Quando li visitiamo, doniamo una metà delle offerte in beni materiali, riso, olio e latte in polvere, e il resto, tra i mille e i tremila euro (a seconda di ciò di ciò che siamo riusciti a mettere da parte), lo diamo alla struttura come sostegno economico. Cerchiamo di metterli in condizioni di andare avanti per qualche mese, di dare ai loro ospiti una speranza per il futuro. Nel 2026 in Malawi vorremmo realizzare un orfanotrofio per bambini abbandonati e disabili e 2-3 pozzi, per cui stiamo raccogliendo fondi e invitiamo chiunque potesse e volesse, a contribuire.
Che altro fare per aiutare concretamente gli Africani?
I governi locali dovrebbero preoccuparsi, per cominciare, di dare l’acqua, consentire l’istruzione e la sanità, che fornirebbe a quelle popolazioni i mezzi per progredire ed essere autonome a casa loro. In tal modo, non avrebbero bisogno di rischiare la vita sui barconi, per illusioni irrealizzabili. Purtroppo i loro governanti sono spesso dittatori che non hanno alcun interesse a metterli in condizioni di autosufficienza, ma preferiscono tenerli nell’ignoranza, per poterli gestire.
Dal canto nostro, immersi nel benessere, noi consumiamo cose inutili, sprechiamo e buttiamo. Vorrei esortare a pensare a chi ora sta soffrendo, destinando ciò che per noi è superfluo a chi invece ha necessità basilari. Per dirla con madre Teresa di Calcutta: la condivisione sconfigge la povertà.
Siete in procinto di partire per la prossima missione…
Il 5 novembre partiremo per la Nigeria per due settimane. Sarò accompagnato da due nuovi benefattori, Giovanni Parrella di Motesarchio (BN), e Angela Ciasullo di Flumeri, che documenterà i lavori anche filmando e, per la missione, è riuscita a superare la sua antica paura per gli aghi, poiché ha dovuto vaccinarsi, e persino quella di volare. Ognuno di noi ha sostenuto autonomamente il costo del biglietto (1.000 €) e dei visti (300 €). Dal 16 gennaio al 5 febbraio tornerò in Benin, ancora con Angela Ciasullo e i parroci: Don Alessandro Pascale, di Prato Principato Ultra, Don Alberico Grella, di Sturno, Don Rino Morra, di Bisaccia e chiunque volesse aggiungersi”.
I prossimi eventi per raccogliere fondi e visionare quanto realizzato in Benin: sabato 30 novembre 2024 alle 20, cena di beneficenza (20 €) presso i Saloni dell’Oratorio ANSPI San Prisco (Via Grotte) a Passo Eclano (AV); domenica 8 dicembre 2024 a Zungoli (AV), ore 13 pranzo di beneficenza (25 €), presso il Convento San Francesco. Ulteriori informazioni (e prenotazioni) su: https://www.reginadellapaceecarita.org
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