Così non va
Protesta dalle contrade Trave e Cariello per l’isolamento delle linee telefoniche.
“Da giovedì 11 dicembre, abbiamo le linee telefoniche completamente fuori servizio“ l’appello arriva da una residente nella zona che abbraccia le contrade Cariello e Trave . «Sono oltre 60 le utenze che lamentano questo problema” aggiunge la donna, che non si capacita del fatto che “alle soglie del 2015 dove quasi in tutt ‘Italia è presente la fibra ottica da noi sembra di essere in un paese del terzo mondo e questa zona viene ricordata solo per gli scioperi del 2004. Da queste parti il comune non esiste, siamo abbandonati da tutti, e pensare che siamo tutte brave persone ma forse elettori di serie b. I disservizi possono capitare, ma per un servizio pubblico essenziale di interesse generale non è possibile che, con tutte le bollette che paghiamo, occorra attendere così tanto tempo prima che qualcuno venga ad accertarsi di cosa sia successo“.
Dalla mancanza della linea telefonica possono derivare anche danni dal punto di vista lavorativo.”Chi svolge attività lavorative — aggiunge la donna— e deve garantire la propria reperibilità telefonica come può essere messo in condizione di adempiere alle proprie prestazioni professionali se non può essere raggiungibile? Non funziona nemmeno la connessione internet, siamo completamente isolati. Poniamo il caso che un anziano o chiunque sprovvisto di cellulare, che non è assolutamente un obbligo dover possedere, abbia bisogno di contattare per un’emergenza un’autoambulanza per chiedere soccorso in caso di un malore, come potrebbe riuscire a cavarsela in tempi rapidi?“.Questo lo sfoga dei reisdenti delle contrade Cariello e Trave.Dal canto nostro auspichiamo una rapida soluzione del problema da chi è preposto a vigilare su queste questioni.
Attualità
I comitati combattono i roghi mentre le autorità non battano un colpo
A Sant’Anastasia e paesi limitrofi si avvertono cattivi odori, sia di giorno che di notte, prodotti, forse, dalla combustione di materiale di scarto proveniente dalla lavorazione di piccole imprese, non censite dal fisco, operanti in nero nella zona. Oramai sono decenni che i roghi ci ricordano, non solo, che siamo nella terra dei fuochi ma che le autorità preposte alla tutela della saluta degli esseri viventi, non riesce a limitare o porre fine a questo infausto evento che inquina l’aria, i terreni e le acque imbrifere. Regna l’impotenza dei vari soggetti pubblici presenti nell’area, regna la sonnolenza dei comuni che non si coordinano né si uniscono in consorzi vocati alla salvaguardia della salute pubblica, né coinvolgono le associazioni ed i comitati che da decenni denunciano la presenza di fumi che impestano l’aria ed il degrado dell’area vesuviana, causa ed effetto dell’insorgere di patologie gravissime e mortali. I cittadini sono lasciati in una drammatica solitudine sulle fonti e l’entità dell’inquinamento, le autorità sono un muro di gomme, non divulgano i dati in loro possesso e, in alcuni casi, le loro azioni sembrano indirizzate a ricevere solo consensi elettorali. Se non sarà concepito un piano comune che coinvolga tutti gli attori, inclusi i cittadini, non si potrà combattere l’insalubrità dei luoghi. Devono essere messe in campo azioni volte all’emersione del lavoro nero, forse, la prima causa dei roghi nell’area. Il territorio appartiene alle persone oneste, va ridotto ai minimi termini il malaffare nonché le connivenze che tollerano l’inquinamento ambientale che provoca la morte anticipata, in media, di circa 3-4 anni rispetto al Centro-Nord. Lo Stato deve fare la sua parte costruendo infrastrutture moderne e favorendo la permanenza delle industrie nell’area vesuviana evitando, ad esempio, la delocalizzare del settore dell’auto di Pomigliano. Senza il lavoro alla luce del sole l’area vesuviana, e tutto il Meridione, non potrà rinascere né potrà ridurre il gap socio economico con il Centro-Nord. Senza una politica di riunificazione del Pese si andrà verso la disgregazione dell’unità e della coesione territoriale dello Stato.
Attualità
LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) -Ognuno per sé e Dio per tutti!
La Commissione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (CLEP), presieduta dal Prof. Sabino Cassese, ha concluso i lavori, aveva il compito di definire i livelli minimi dei servizi pubblici necessari a garantire i diritti civili e sociali uguali su tutto il territorio nazionale. Le conclusioni della commissione hanno portato allo scoperto uno spaccato sconvolgente, un nuovo modo di interpretare l’articolo 3 della Costituzione, infatti la Commissione diversifica i diritti discriminandoli in base a: costo della vita, territorio e clima. La mancanza di risorse finanziarie, fa varare i LEP a geometria variabile, le regioni meridionali, fragili e povere, proseguiranno a non avere servizi pubblici efficienti mentre quelle del Nord saranno sempre più ricche. Inoltre si aggiunga che, lo Spacca Italia (legge Calderoli), dovrà essere attuato ad invarianza di spesa per le finanze dello Stato. Ergo: ognuno per sé e Dio per tutti!
È un vestito cucito su misura per mantenere in vita le sperequazioni e le disuguaglianze, mai eliminate, tra le due Italia, creando le condizioni per la nascita delle gabbie salariale, giustificate dal presupposto che il costo della vita nel Meridione è più contenuto e gli stipendi dovrebberoessere adeguati al ribasso rispetto a quelli del Centro-Nord. La realtà è ben diversa, i Meridionali quotidianamente versano una tassa occulta legata alla mancanza o insufficienza dei servizi pubblici, costo non facilmente determinabile ma, se fosse fatto, forse, pareggerebbe i costi della vita con quelli del Nord. Nel Meridione mancano capillari mezzi di trasporto, il trasferimento verso i grandi centri avviene con mezzi privati, sono insufficienti gli asili nido ed è un sogno il tempo prolungato nella scuola dell’obbligo, l’alta velocità si ferma a Napoli. Per fortuna il referendum proposto contro la Calderoli ha raggiunto circa 1,2 milioni di firme, ora spetta alla Corte Costituzionale decidere se lo Spacca Italia dovrà essere sottoposta al vaglio della volontà popolare, in caso contrario,percorreremo un terreno inesplorato che potrebbe condurci alla separazione e alla nascita di un altro Stato.
Attualità
Acqua, bene prezioso, ma puntualmente disperso
L’Irpinia naviga sull’acqua, ma ad ogni estate si ripresenta la carenza d’acqua. Ariano Irpino, puntualmente, non fa eccezione anzi!
È stato il Regio decreto 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie) a istituire l’obbligo a carico dei Comuni di fornire a tutti i cittadini l’acqua potabile. In Irpinia non c’è la siccità, ma ciononostante manca l’acqua potabile. Ad Ariano, tutte le estati, ci sono zone della città in cui in determinate ore del giorno e della notte, i cittadini vengono privati dell’acqua, che è un bene comune fondamentale. Quest’anno, addirittura per ben due volte, tutta Ariano è rimasta a secco per le rotture di tubi che portano acqua ai serbatoi dei Comuni. La rete idrica è un vero colabrodo: i tubi sono fatiscenti, marci e vetusti, ci sono perdite che affiorano e altre che penetrano nel terreno e di conseguenza, restano invisibili.
L’Alto Calore è una SpA a cui molti Comuni e la Provincia di Avellino, hanno affidato la gestione della distribuzione dell’acqua. I primi azionisti sono la Provincia e il Comune di Avellino, segue il Comune di Ariano Irpino e quindi tutti gli altri Comuni. La rete idrica è rimasta di proprietà dei Comuni, i quali dovrebbero provvedere ad ammodernarla e attualizzarla.
Il sindaco Franza, che ormai amministra Ariano da 5 anni, quanti tubi ha cambiato? Se tutte le estati, invece di pagare con denaro pubblico attori e cantanti, sostituisse i tubi, avremmo chilometri di nuove condutture. È meglio l’effimero o la concreta erogazione dell’acqua potabile a tutti? I tubi dell’acqua sono difficili da inaugurare con la fascia tricolore, mentre uno spettacolo, dà l’opportunità di pronunciare le ritrite parole di circostanza che spesso abbiamo sentito. Tutte le estati, il Comune o l’Alto Calore, lanciano il grido di dolore per la mancanza d’acqua perché ad Ariano arrivano più persone e aumenta il suo consumo e adesso si chiamano in causa (quale miglior occasione!), persino i cambiamenti climatici. Il Comune di Ariano ha avuto un avanzo di bilancio di circa 500 mila euro: perché non vengono investiti nella rete idrica? Il Comune di Ariano, è capace di fare le gare di appalto e di far rispettare i tempi previsti per i lavori? Il Comune di Ariano fa pagare le penali alle imprese che non rispettano i tempi? Ultimamente, il sindaco Franza, con la delega di una sessantina di sindaci irpini, è partito, col cappello in mano, per Roma e ha incontrato il “Commissario nazionale per affrontare l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità d’acqua”. Ha spiegato al Commissario che il 60% dell’acqua si perde perché i tubi fatiscenti non sono mai stati sostituiti? Sembra che l’amministrazione di Ariano Irpino sia composta da tre scimmiette: due non sentono, non vedono e non parlano, la terza non sente e non vede, ma parla, parla. Manca una quarta scimmietta, quella che dovrebbe fare, ma poiché non c’è, il sindaco compensa con le parole. Apprendiamo da “Il Mattino” del 30 agosto, che il sindaco di Ariano, assieme a due dirigenti dell’Alto Calore, ha incontrato il Commissario di Governo per la crisi idrica, ma che in definitiva, almeno per ora, ci sono state soltanto chiacchiere. Franza si è “dimenticato” di coinvolgere la Regione Campania e di proporre un piano di intervento, che si dice, presenterà entro 10-15 giorni. Si tratterà soprattutto di un monitoraggio telematico delle perdite: pertanto non c’è un’emergenza idrica dovuta alla siccità, ma soltanto una rete colabrodo. Ci tengo a segnalare che il sottoscritto, il 25 agosto ha telefonato all’Alto Calore al numero 333 4317756, al quale dopo molti squilli non ha risposto nessuno, ma è scattata la segreteria telefonica, a cui è stato segnalato che nella strada di Contrada Cesine, da circa un mese si notava una perdita d’acqua, ma ad oggi la perdita continua imperterrita. Sarebbe forse cambiato qualcosa se la segnalazione, come auspica Alto Calore, fosse stata fatta per via telematica? Il Commissario, quando avrà ricevuto il progetto, passerà il tutto alla Presidenza del Consiglio. Se il trattamento per l’acqua irpina, sarà simile a quello riservato agli alluvionati della Romagna dal Governo Meloni, non c’è certo da dormire sonni tranquilli! Va messo in evidenza che l’Alto Calore ha stimato in 5-6 anni il tempo necessario alla sostituzione dell’intera rete idrica, sempre, ovviamente, se ci saranno i finanziamenti. Quando inizieranno finalmente i lavori?
Aleandro Longhi Coordinatore Comitato SAT (Salute, Ambiente, Territorio)
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