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Renzo Grasso: la sanità irpina ridotta a uno spezzatino, i messaggi sbagliati e noi, a mani nude

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Fin da ragazza conosco Renzo Grasso, medico di base che ho sempre ammirato, oltre che per la professionalità, per le doti di grande umanità. Dopo anni, dovuti alla mia assenza da Ariano Irpino, l’ho risentito ora, per chiedergli come affrontano i medici di famiglia, l’emergenza da coronavirus. Nonostante recenti, piuttosto seri problemi di salute, Renzo non si tira indietro, è in prima linea, ma non vuole assolutamente essere definito un eroe, perché ci tiene a precisare, sta “solo facendo il suo dovere” e, parafrasando Brecht: “guai a quel Paese che ha bisogno di eroi”!

Qual è il ruolo del medico di base ai tempi del coronavirus?

Lo studio è aperto, ma sono pochi coloro che vengono e accedono uno alla volta. Il duro è stato all’inizio, quando non sapevamo che diagnosi fare, tra una normale influenza e un Covid-19. Tra metà febbraio e gli inizi di marzo, siamo andati completamente allo sbaraglio, privi di qualsivoglia dispositivo di sicurezza, abbiamo visitato pazienti, che poi sono andati in rianimazione o sono deceduti, pazienti che abbiamo curato in casa. Nemmeno dopo, ci sono stati forniti i dispositivi di sicurezza, non si è fatto avanti nessuno. Ci siamo fatti fare noi stessi da una ditta, mascherine e camici monouso, qualche visiera ci è stata donata da persone di buon cuore, mentre i guanti sono quelli che avevamo già in uso: speriamo che intanto non finiscano e che finisca prima l’epidemia. Il brutto è stato gestire dal 10 marzo in poi, la valanga di telefonate, di 118, che si sono messe in moto. Ci sono state tante defaillance, comprensibili, visto il ciclone che ci ha investiti. Il messaggio di ricoverare quelli che avevano già sintomi respiratori, che ci è stato inviato dalle autorità sanitarie dei vari ospedali o dagli infettivologi, era sbagliato: bisognava portare i pazienti in ospedale prima che i sintomi si manifestassero, visto che dopo, l’unica via era l’intubazione, la rianimazione. Per questo, le rianimazioni sono state affollate di persone arrivate già in gravi condizioni. Lungi dall’attribuire delle colpe, ribadisco che i messaggi erano errati. Io stesso, per un paziente di 49 anni ho allertato più volte il 118: alla fine l’infettivologo, che pretendeva di fare la diagnosi da casa, parlando con la moglie, ha impiegato ben 12 ore per trasportarlo in rianimazione ad Avellino. È stato intubato fino all’altro ieri: fortunatamente gli è andata bene, ma non si può dire lo stesso per altri pazienti. Numerosi sono i casi di coloro che trattiamo in casa telefonicamente, dando degli schemi di terapia. In questo periodo, i tamponi sono finalmente aumentati: stanno facendo una mappatura con i tamponi anche ai familiari, alle persone con cui i pazienti hanno avuto contatti.

Perché non siete riusciti ad avere i dispositivi?

Noi siamo medici convenzionati e, secondo l’idea delle autorità, non solo dell’Asl, ma non intendo fare polemiche, non è il momento, avremmo dovuto procuraceli da soli. Se ci fossero stati, volentieri: di certo il problema non sarebbe stato spendere 2 o 300 euro per la nostra salute. Sono morti molti medici anche di base, al Nord ancor più che al Sud, perché hanno affrontato l’emergenza a mani nude, sono andati in guerra con le scarpe di cartone e senza fucili. Hanno preso la malattia e poi, soprattutto, l’hanno anche trasmessa ai pazienti, sia negli ambulatori che in ospedale: si sarebbe dovuto tamponare prima di tutto il personale sanitario e parasanitario.

A voi medici il tampone è stato fatto?

A noi medici di base no, salvo quando si siano verificati casi diretti come il mio: io nel periodo clou, ho avuto otto pazienti infetti, tre dei quali defunti, così il 14 marzo mi hanno fatto il tampone, che è risultato negativo.

Oggi ci si può recare in ospedale in sicurezza?

Adesso sì, ci si può recare in ospedale sicuri di avere due percorsi differenti: il Covid e il non Covid. Il problema è, che sono venute a mancare le altre branche di Medicina, non solo ad Ariano, ma in tutt’Italia. Nessuno può più curare le malattie croniche, gli infarti, nessuno più va a casa. Sono saltate in aria tutte le procedure finora praticate, bisognerebbe reinventarsi tutto. Leggevo giorni fa, che si propone al medico di base il pre-triage telematico con agli anziani. Come si fa? È fantascienza, non medicina: viviamo in zone ancora arretrate, dove i giovani usano il wi-fi, ma un ottantenne che non sa neanche leggere e scrivere, come fa? Sperando che si allenti la morsa al più presto, noi medici di base intanto, continuiamo a tenere d’occhio i pazienti soliti telefonicamente, cercando di monitorali, dare consigli: stiamo al telefono l’intera giornata, fino a tarda sera.

È stata sottovalutata l’emergenza?

Quest’anno c’è stata un’esagerata forte recrudescenza di polmoniti che addebitavamo all’influenza, cominciata nel periodo natalizio e protrattasi fino a febbraio. Già a metà febbraio, ho notato che molti pazienti avevano perdita di gusto e olfatto, con una febbricola di qualche giorno e molti muchi. Non avevamo allacciato subito questo discorso con un’infezione da coronavirus, come in effetti era. Si trattava di pazienti portatori, che hanno avuto una breve malattia, paucisintomatica, però capaci di infettare e credo lo siano tutt’ora, considerando che non sappiamo se la malattia lasci o meno un’immunità duratura.

Come arginare il problema?

Ora stanno eseguendo anche i test rapidi, che però non sono Vangelo, vanno presi con le molle e sono da capire bene. Ci danno il valore degli anticorpi: IgG, indicano che qualcuno ha avuto già un’immunità duratura, IgM, invece, indicano che si è ancora a contatto con il virus. In quest’ultimo caso, vanno eseguiti i tamponi nel più breve tempo possibile.

Funziona il coordinamento tra voi e il 118?

Si, ma l’infettivologo, da Avellino chiama il paziente a casa: sarebbe più opportuno che parlasse con il medico di medicina generale e insieme a lui, decidesse se ricoverarlo o meno in ospedale. L’Ordine dei medici non è stato convocato neppure nelle riunioni di Prefettura ed è molto grave, perché siamo noi medici di base a conoscere le patologie dei pazienti: se chiamiamo il 118, dobbiamo essere noi responsabili della situazione. In questi giorni le unità mobili hanno cominciato a visitare i pazienti a casa, ma sono ancora pochi i medici, per un territorio di montagna e per di più vasto, con molti pazienti in casa paucisintomatici o con sintomatologia lieve: soltanto io, ne conto 10.

Come sopperire alla chiusura di alcuni reparti, come ad es. Ginecologia?

È un grosso problema, perché anche altre importanti unità sono sparite. Ormai il nostro sembra sia diventato un ospedale Covid, con mancanza assoluta della stroke unit: una persona con un ictus cerebrale è costretta ad andare fino ad Avellino o Benevento, perdendo tempo prezioso. È diminuita la forza della rete che la nostra Cardiologia da molto tempo aveva costruito, da antesignana in Italia, dell’infartuato a distanza, del trattamento trombolitico sull’ambulanza stessa, con uno scambio diretto di elettrocardiogramma, tra l’ambulanza e la sede centrale.

Tornerà l’ospedale di Ariano ad avere tutti i suoi reparti?

Spero che la politica non dorma, che faccia il suo corso (lo sottolinea con particolare forza), che non vuol dire prendersela con un manager o una Asl. Il danno è stato prodotto dai vecchi direttori generali: siamo arrivati a questo punto, perché piccoli dittatori di provincia, ammanigliati politicamente, hanno fatto in modo di svilire un ospedale che già almeno 10 -15 anni fa, doveva essere un Dea di I° livello. Ci hanno tolto Anatomia patologica, non ci hanno dato una risonanza magnetica: assurdo che un reparto con la Neurologia, non abbia una risonanza. Mentre ora le spese sono folli, un tempo non si poteva acquistare una risonanza ad Ariano! Della sanità irpina, è stato fatto uno spezzatino incolore: Bisaccia mezzo chiuso, Sant’Angelo, non era chiaro se fosse un ospedale o meno. Hanno distrutto il tessuto sociale, e potremmo allargarci anche al tribunale e altro, portando a una desertificazione delle zone interne, che di queste proporzioni, non si è vista nemmeno durante il fascismo.

La sanità, regionale o centralizzata?

Assolutamente centralizzata: la sanità come la scuola, dev’essere pubblica e centralizzata. Com’è gestita attualmente non ha senso: le decisioni devono essere dirette da una sola entità: ognuno attualmente fa quel che crede e il risultato, lo abbiamo sotto gli occhi.

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Coppa Italia TPRA (Federazione Italiana Tennis-Padel) al Club La Tartaruga

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Il settore Tpra della FITP (Federazione Italiana Tennis e Padel) presenta la “Coppa Italia TPRA Tennis 2025”

L’obiettivo è quello di coinvolgere nell’attività, NUOVI giocatori amatoriali, quindi anche nuovi tesserati, coinvolgendoli tramite i circoli, i maestri etc.

Come sappiamo, il fattore squadra, spesso rappresenta una forte motivazione alla partecipazione.

La formula è molto coinvolgente:

– 1^ FASE REGIONALE. 

FASE PROVINCIALE. Le prime 2 squadre di ogni girone accederanno al tabellone ORO, le altre al tabellone ARGENTO.

MASTER PROVINCIALE. Si giocherà con tabellone ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre finaliste dei tabelloni accederanno al Master Regionale.

MASTER REGIONALE. Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO. Le squadre vincitrici accederanno al Master Nazionale.

– 2^ FASE NAZIONALE

Si giocherà con tabelloni ad eliminazione diretta in entrambe le categorie ORO e ARGENTO.

Il Club La Tartaruga, Presieduto da Lucia Scrima, partecipa alla Coppa Italia categoria femminile competizione che prevede la disputo 2 singolari e un doppio al meglio di tre set ai 6 games con “vantaggio Tpra” e tie-break a 7 punti sul punteggio di 5 giochi pari, in sostituzione dell’eventuale terzo set si disputa un match tie-break a 7 punti.

Domani domenica 23 febbraio 2025 alle ore 10:00 si disputa la prima giornata sui campi in sintetico di Contrada Carpiniello le ragazze del Club La Tartaruga affrontano il TC Cesinali.

Il Club La Tartaruga Ariano Irpino schiera Manuela Leo (capitano) – Graziella Barrasso – Federica Capobianco – Veronica Di Maggio  – Greta Fino – Giuseppina Florenzano – Roberta Morelli e Raffaella Zecchino. 

Il Panathlon Club Ariano Irpino, Associazione Internazionale Benemerita del Coni che promuove l’etica e la lealtà nello Sport,attribuirà il premio “Fair Play” al termine delle varie fasi della Coppa Italia.

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Forza Italia Ariano incontra il Ministero della Giustizia : passi avanti per la riapertura di un secondo Tribunale in provincia di Avellino

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Roma, 17.02.2025– Una delegazione di Forza Italia di Ariano Irpino, guidata dal Segretario cittadino Avv. Giancarlo Giarnese e composta dagli Avv. Giancarlo Di Gregorio, Avv. Crescenzo Perrina e Arch. Alessandro Moschillo, è stata ricevuta questa mattina al Ministero della Giustizia dal Capo di Gabinetto del Ministro Nordio, Dott.ssa Bertolozzi. Al centro dell’incontro, la possibilità di riaprire un secondo tribunale in Provincia di Avellino.

Durante la riunione, la delegazione irpina ha presentato una relazione dettagliata sul progetto, accompagnata dal deliberato dei Sindaci dell’Area Vasta adottato il 13 febbraio scorso. Un documento che testimonia il forte sostegno istituzionale e territoriale all’iniziativa.

Dal confronto è emersa una notizia di grande rilievo: il Governo sta lavorando a un Progetto di Legge che, oltre a stabilizzare i tribunali abruzzesi, prevederà la riapertura di quattro tribunali soppressi nel 2012 e conferirà una delega all’Esecutivo per individuare i criteri utili alla riattivazione di altre sedi giudiziarie, con particolare attenzione alle aree interne.

La volontà dell’Esecutivo di superare la riforma della geografia giudiziaria del 2012 rappresenta un segnale positivo per il territorio irpino. Il Capo di Gabinetto ha già fissato un nuovo incontro dopo l’estate per discutere più concretamente della proposta di un secondo tribunale in provincia di Avellino.

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Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI), il grimaldello per privatizzare la Sanità

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Le liste di attesa sono la fotografia del Sistema Sanitario italiano, finanziato con prelievi fiscali sui redditi dei pensionati, lavoratori e liberi professionisti, eroga prestazioni sanitarie in tempi biblici, anche otto /nove mesi, che compromettono le condizioni di salute della persona ammalata. Tant’è, che, il cittadino, per ottenere prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli, si rivolge all’Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI) che, in regime ambulatoriale, eroga prestazioni specialistiche e/o attività diagnostico strumentale, interventi chirurgici in regime di ricovero ordinario o di Day Hospital/Surgery, prestate dal personale della dirigenza medica e sanitaria in regime di esclusività. Per incanto nello stesso ospedale, reparto, ambulatorio e l’identico medico la prestazione sanitaria viene erogata in poche settimane, imponendo al cittadino di pagare tra le 100/120 euro che in regime ordinario, se fosse esente dal pagare il ticket sanitario, sarebbe stata totalmente a carico del SSN. Forse la mancata riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche va trovata nella volontà di introdurre, in modo silente, non certo in punta di piedi, la privatizzazione del SSN? Giulio Andreotti, affermava: “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Le liste di attesa sono il tema irrisolto sul quale si è cimentato in estate il governo Meloni, ben sapendo che il personale sanitario è sotto organico, sono insufficienti le risorse finanziarie per gli straordinari, è inadeguata la protezione dalle aggressioni degli operati sanitari nei reparti del pronto soccorso. Nel frattempo milioni di cittadino, pur esenti da ticket sanitario, sono sottoposti ad ulteriori esborsi di denari che il rapporto della Fondazione Gimbe/2024 e l’ISTAT/2023, hanno quantificato nella percentuale del 26%, con spese dirette o intermediate, quest’ultime erogate dalle assicurazioni sanitarie. Il piano del governo è chiaro: ridurre la presenza dello Stato a tutto vantaggio della sanità privata e delle assicurazioni sanitarie. Non possiamo rimanere con le mani in tasca, bisogna impedire la lenta agonia del SSN.

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