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Ripartire: per continuare o per fallire? Le criticità nel settore moda al dettaglio

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In vista della riapertura nel commercio al dettaglio dei settori, moda, abbigliamento, calzature e accessori, per l’anno 2020 si prevede un calo di fatturato pari almeno al 50%, salvo ulteriori complicazioni. È quanto evidenzia in un comunicato, la Soc. Coop. Consortile IRPINIACOM, attraverso il suo presidente, Lorenzo Lo Conte, le cui considerazioni riportiamo di seguito.

Questo lo scenario che si presenta di fronte alle imprese del settore nei punti vendita: mancati introiti di due mesi di vendita (dal 10 marzo al 10 maggio); previsione di un calo delle vendite almeno del 50% per il resto della stagione primavera – estate (dall’11 maggio a inizio settembre); 4 mesi dell’anno senza introiti (due mesi di chiusura totale, più 4 mesi con fatturato a metà). Si può prevedere con certezza, la riduzione della marginalità netta sulle vendite, fino agli inizi di settembre, a causa della scontistica più marcata, per spingere gli acquisti da parte della clientela finale. Nei restanti mesi, da settembre a dicembre 2020, si prevede una “ripresa” dei consumi molto lenta, con ulteriori cali di fatturato.

A fronte di entrate finanziarie ridotte della metà, le imprese si troveranno nella condizione di dover regolarizzare tutti i pagamenti relativi ai mesi da marzo incluso, in poi: canoni di locazione, energia elettrica, utenze varie, spese generali; dovranno pagare le fatture dei fornitori del prodotto; pagare imposte e tasse, che sono state solo rinviate; pagare rate di mutui, leasing, noleggi anch’essi solo rinviati.

Se, per fare un esempio, continua l’esponente di Irpiniacom, un negozio nel 2019 ha incassato 800.000 euro, e su quella base ha programmato i propri acquisti per il 2020, si troverà un deficit finanziario (fermi restando tutti gli altri costi), di 400.000 euro. Imposte e tasse saranno state “rimandate”, ma rimangono comunque da pagare, così come occorrerà riprendere il pagamento delle rate di mutuo, leasing, noleggi. Riaprire un negozio, con l’aspettativa di continuare l’attività come prima, è pertanto impresa disperata, se non impossibile.

È evidente a questo punto, che l’imprenditore debba ricorrere a uno sforzo importante e trovare le soluzioni che gli potranno permettere di riaprire, con la fondata previsione di riuscire a reggere e superare il ridimensionamento del suo fatturato. Dovrà anche individuare un nuovo “modello di business”, da affiancare a quello esistente e iniziare a percorrerlo perché, “nulla più sarà come prima”! Pertanto, stando alle leggi dell’impresa, a fronte di una riduzione delle entrate dovute ad eventi straordinari, che una volta passati non dovrebbero più ripetersi, è evidente la necessità di operare, da una parte una riduzione dei costi, e dall’altra, una riduzione della merce da immettere nel punto vendita. Si impongono di conseguenza, queste linee di azioni: accordi con i fornitori del prodotto; accordi per la riduzione degli affitti; riduzione dei costi dell’energia e delle altre utenze; rinvio di ogni adempimento fiscale, al marzo – aprile del 2021.

Accordi con i fornitori e proposte

La voce più importante, è senz’altro quella relativa ai prodotti immessi. Quelli riferiti alla primavera estate, sono stati in gran parte già consegnati dalle rispettive aziende fornitrici con relative fatture di acquisto, che sono dunque da pagare.

È necessario realizzare un accordo con i fornitori, per “regolare” la stagione in corso, le forniture già fatte e le eventuali consegne ancora da farsi.

La proposta di accordo con i fornitori finalizzata a “riaprire per continuare”, deve passare attraverso una concertazione con le Istituzioni, meglio, con lo Stato, che deve fare la sua parte. I negozi di abbigliamento, sono stati chiusi per legge dallo Stato, dunque le conseguenze non possono pagarle soltanto le imprese. Occorre che lo Stato, con contributi a fondo perduto, si faccia carico di almeno un terzo dei danni: di un altro terzo riteniamo debbano farsi carico i fornitori: del rimanente, potranno farsi carico le imprese, attraverso forme di “finanziamento liquidità”, già varate dal Governo, sebbene non ancora partite.

Pensare che le imprese possano accendere prestiti per l’intero ammontare del danno subito, equivale a sostenere che le imprese siano già chiuse, per insolvenza e fallimento.

Accordo per la riduzione degli affitti

Il Consorzio Irpiniacom e Confcommercio Ariano, stanno lavorando a una proposta: i proprietari dei locali in affitto, devono a loro volta farsi carico di una collaborazione, finalizzata a scongiurare la chiusura delle attività. Anche le Amministrazioni Comunali dovranno contribuire, azzerando o riducendo le imposte, che gravano sulla proprietà dei locali commerciali.

I costi relativi agli affitti costituiscono una voce importante a carico dell’impresa che, nella situazione attuale ed in prospettiva di breve periodo, non è più sostenibile, a causa del previsto dimezzamento del fatturato dei negozi.

Riduzione dei costi dell’energia e delle utenze

Lo Stato, deve farsi carico dei costi delle utenze dei negozi chiusi dai decreti per l’intero periodo di chiusura. Non è più rimandabile, inoltre, stornare dalle fatture dell’energia elettrica e del gas, quelle voci di spesa che nulla hanno a che vedere con i consumi di energia e che rappresentano oggi il 25-30% delle fatture stesse: le imprese non sono più nella condizione di accollarsi questi “oneri”. È urgente disciplinare seccamente le tariffe delle utenze telefoniche e della rete, diventate incontrollabili e “ballerine”, a totale discrezione delle aziende di distribuzione: è improrogabile fissare un prezzo fisso, come per le mascherine, perché si tratta di un servizio fondamentale.

Rinvio degli adempimenti fiscali a marzo – aprile 2021

Nella condizione descritta, le imprese del settore dovranno fare miracoli per continuare la propria attività. Saranno mesi e forse anni, molto duri, di adeguamento e riposizionamento delle proprie strutture: non realizzeranno utili, salvo rare eccezioni. Per molti mesi, non potranno avere la disponibilità finanziaria per versare imposte e tasse.

Intendiamo avanzare queste considerazioni e le relative proposte, attraverso i rappresentanti nazionali di Confcommercio e della Federazione Moda Italia, affinché nei tavoli permanenti con il Governo, si definiscano i dettagli.

Senza queste possibilità, i negozi che riapriranno, costretti ad accollarsi definitivamente tutti i debiti maturati, saranno destinati a “non continuare” e/o a fallire. Meglio chiudere, si può ragionevolmente affermare, liberandosi da ogni obbligazione di pagamento (la legge lo prevede) per ripartire eventualmente, non appena ce ne saranno le condizioni.

In ogni caso, le imprese che sono consapevoli di non poter far fronte ai debiti già maturati, come innanzi detto, e vogliono liberarsi dagli obblighi di pagamento, hanno la possibilità di far valere il disposto dell’art. 1256 del codice civile: “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”. Tale circostanza, ovvero che la causa non sia imputabile al debitore, non c’è neanche bisogno di dimostrarla davanti al Giudice, in quanto la causa di forza maggiore, è sancita proprio da uno dei DPCM.

Che la prestazione sia diventata impossibile, a nostro avviso, è persino scontato: la situazione sopravvenuta non può essere superata con qualunque sforzo diligente, cui pure il debitore è tenuto (art. 1176 cc).

Pertanto, il debitore che non disponesse di propri mezzi personali, intenzionato ad utilizzare, è tenuto a comunicare al creditore, con le dovute modalità, la sopravvenuta impossibilità ad adempiere ed il conseguente scioglimento del contratto, con l’estinzione dell’obbligo del pagamento.

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Pallavolo Serie D – Esordio fuori casa per il GSA Pallavolo Ariano

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Dopo aver conquistato nella scorsa stagione la promozione in serie D, la Coppa e la SuperCoppa IrpiniaSannio,  il GSA PALLAVOLO ARIANO sabato 2 novembre scende in campo a Cava dei Tirreni per la prima gara del campionato di serie D maschile.

La partita inizierà alle ore 19.30 per dare avvio ad una nuova fase agonistica che il GSA intende giocare  per l’alta classifica.

Confermato lo staff tecnico con Giulio Filomena e Nico Medici a guidare il gruppo nel quale saranno ancora  G. Santosuosso, L. Guardabascio e R. Caso  punti di riferimento per giovani promettenti come M. Molinario, M. Ninfadoro , C. Capozzi e P.Borriello. La qualità non manca nel resto della squadra con  G. Ricciardi, A. La Luna, L. Schiavo, H. Chiaradonna, A. Iandoli, T. Barrasso , M. Toriello  a disposizione dei tecnici per dimostrare di  valere la categoria.

Per questa importante avventura regionale, la società arianese è pronta  anche a lanciare i giovanissimi dell’Under 17 che già hanno messo in mostra il loro positivo spessore con una vittoria per 3-0 nel debutto casalingo con i pari età dell’Academy nel torneo territoriale di categoria.

Per l’esordio fuori casa gli arianesi dovranno aspettarsi una gara difficile e confrontarsi con un avversario molto solido; il fattore campo può aiutare i cavesi, ma il GSA deve subito metabolizzare le difficoltà della serie regionale e scendere sul parquet con la consapevolezza di saper imporre il proprio gioco  per conquistare la vittoria.

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Giornata delle Forze Armate – Il 4 Novembre ad Ariano la cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale

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L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino, in una sobria e solenne cerimonia, vuole  commemorare i Caduti di tutte le Guerre, rendere omaggio alle Forze Armate, celebrando la Festa dell’Unità Nazionale, in ricordo della fine della prima Guerra Mondiale.

Appuntamento lunedì 4 novembre 2024 alle ore 10,00 al Piano della Croce presso il Monumento ai Caduti dove, alla presenza delle Autorità Civili, Militari e  Religiose, verrà   deposta la   Corona di alloro, sulle note dell’Inno Nazionale.

Una  Corona di Alloro verrà deposta anche davanti al busto di Giulio Lusi in Villa Comunale e nell’atrio di Palazzo di Città.

Il messaggio istituzionale  è rivolto alle nostre giovani generazioni, per non dimenticare  i nostri Caduti in Guerra, morti per gli ideali risorgimentali di indipendenza, di libertà, di democrazia che hanno determinato l’Unità d’Italia ed esprimere riconoscenza per coloro che ancora oggi rischiano la vita al Servizio della Comunità.

La cittadinanza  è invitata a partecipare.

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Roberto Zaffiro: vi racconto la mia Africa e vi invito a diventare benefattori

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Imprenditore nel settore edile (azienda di dieci dipendenti), insieme ad altri due fratelli, sposato e con due figli, Roberto Zaffiro, con il pieno sostegno della famiglia, si dedica anima e corpo alla missione che lo appassiona e gratifica di più: dalla costruzione di pozzi e scuole, ai presidi ospedalieri, in Africa. Il 5 novembre partirà per la Nigeria e in gennaio per il Benin

“Un tempo ero laico, poi a 37 anni, 20 anni fa, c’è stata la mia conversione, a seguito del viaggio a Medugorje, – ci racconta. Il senso di solidarietà l’ho però sempre avuto nel DNA, tanto che ogni volta che ho girato il mondo, ho sempre elargito del denaro, ai bisognosi che mi è capitato di incontrare”.  

                                                                                                                                            

Quando hai capito che la tua missione era dedicarti in maniera più completa agli altri?                                                                              

 La svolta a seguito del viaggio a Medugorje. Fino ad allora ero stato una sorta di superficiale credente praticante, che girava il mondo, compresa l’Africa, anche in moto, e non dava grande importanza ai sacramenti e alla preghiera. In quel luogo, come se avessi improvvisamente intuito le mie miserie e fragilità, ho pianto molto e ho capito che dovevo cambiare la mia vita e relazionarmi in maniera diversa con Dio. È cominciata così la mia conversione, incrementando anche la frequentazione della Chiesa, finché a Montevergine (AV) non ho incontrato padre Jean Baptist, sacerdote originario del Benin (Diocesi Kandi-Benin), specializzatosi a Roma. Siamo diventati amici e, dopo che mi ha mostrato le carenze d’acqua nel suo villaggio, gli ho donato un pozzo. Quando è tornato in Africa, mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarlo. Nel 2012 l’ho raggiunto e ho cominciato a guardare l’Africa con occhi nuovi, mi sono reso conto della vita di sofferenza della popolazione: bambini e adulti che bevevano dalle pozzanghere esponendosi a malattie, quando non la morte, bambini costretti a percorrere chilometri con le taniche in testa per approvvigionarsi dell’acqua. Un pozzo è una fonte di acqua viva utile a diverse comunità, talvolta serve fino a diecimila persone o più (dipende dalla grandezza dei villaggi) e nel tempo, cambia radicalmente la loro vita: cominciano ad allevare animali, a praticare l’agricoltura. L’acqua è di interesse primario: il 60-70 per cento dei nostri fondi li impieghiamo nella costruzione dei pozzi, a cui facciamo seguire attività ambulatoriali, considerando che, per accedere all’assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere centinaia di chilometri e talvolta non c’è il tempo, né la possibilità, di farlo. Molte malattie derivano dalla mancanza di igiene, dal fatto che non ci si può lavare: da una banale diarrea si passa alla febbre, inizia la sofferenza, che diventa acuta, poi grave e infine, può portare alla morte. Un piccolo presidio sanitario, con almeno uno-due infermieri e un medico, serve a trasmettere i fondamenti dell’igiene necessari a prevenire diverse malattie, anche se, per quelle più gravi, bisogna recarsi presso gli ospedali. Agli ambulatori cerchiamo di affiancare la promozione dell’istruzione di base che consenta ai più poveri, che non possono permettersi la scuola, almeno di difendere i diritti propri e della famiglia: l’istruzione emancipa e salva il mondo.                                                                                                                                                                             Come individuate dove costruire un pozzo?    

                                                                                                                                                   

Primo step individuare il punto, poi una sorta di rabdomante, col talento sensibile nelle mani, scopre dove potrebbe esserci più acqua, quindi arriva la trivella, che in genere scava per 4-5 ore, con tutta la popolazione intorno, che festeggia il grande evento, che cambierà la loro la vita. Il primo getto d’acqua, è un vero spettacolo: vediamo la gioia dei bambini e della gente. Documentiamo tutto in diretta e lo postiamo sui social, poi, a fine missione, montiamo un filmato che mostreremo ad amici, conoscenti e benefattori, nonché a chi volesse diventarlo. Vogliamo dimostrare che facciamo opere concrete e cerchiamo di renderci utili, per alleviare almeno in parte, la sofferenza di quelle popolazioni. Realizzare un pozzo costa circa 7-8 mila euro, ma dipende dal luogo, dalla quantità e dalla profondità del terreno. Un ambulatorio sanitario, così come una scuola, costa intorno ai 20-30 mila euro, a seconda delle dimensioni.                                                                                             

Finora abbiamo realizzato 24 pozzi in Benin, uno in Malawi e 5 in Nigeria, che servono una popolazione complessiva di circa 350 mila abitanti.  

                                                                                                                                                                

La strada la preparano i religiosi, che, oltre alle lingue locali, compresi i vari dialetti, parlano inglese, francese ed italiano. Con le loro diocesi, di dimensioni notevoli, sono radicati sul territorio, interloquiscono coi capi villaggio, i quali, al di là dei diversi credo religiosi, convivono senza combattersi. Ogni iniziativa la condividiamo con i capi delle comunità: acqua, sanità, scuola, sono per tutti, cristiani, musulmani, animalisti. Questo ci consente anche di approcciarci a quei territori senza temere per la nostra incolumità.

                                                                                                                                                                                                                                                                      

Con quali modalità raccogliete le risorse necessarie?     

                                                                                                                                       

  I fondi vengono raccolti sia con la promozione di giornate di beneficenza, sia nelle chiese, attraverso l’associazione Regina della Pace e Carità (con sede in Flumeri, AV), finalizzata a promuovere e gestire interventi di cooperazione allo sviluppo e progresso umano, economico e sociale, attraverso la costruzione di pozzi, scuole, ambulatori, orfanotrofi e chiese, nei Paesi in via di sviluppo. Nata allo specifico scopo della missione in Africa, la onlus è composta da 12 persone, 3 delle quali, sacerdoti africani. I sacerdoti, vivendo in Africa, conoscono il territorio e poiché ogni anno vengono in Italia, fermandosi per circa 40 giorni presso le parrocchie, ci aiutano a progettare le sfide che realizzeremo insieme. Sono loro i veri esecutori delle opere: i pozzi si scavano rapidamente in nostra presenza, ma per le altre opere che invece richiedono mesi, noi ogni anno andiamo a verificare ciò che è stato realizzato e lo inauguriamo insieme. Quest’anno abbiamo realizzato 3 pozzi in Benin e altri 3 ne realizzeremo entro fine anno in Nigeria: partiremo il 5 novembre, per tornare il 19. Per l’inizio del 2025 realizzeremo una chiesa e ancora 4 pozzi in Benin, nonché giornate sanitarie e visite agli orfanotrofi locali. Giacché abbiamo costruito tre ambulatori in Benin, tra cui un ospedale della maternità, promuoveremo la formazione sanitaria, invitando le popolazioni limitrofe, alle quali si insegnerà la prevenzione di base e doneremo dei medicinali, che, su indicazione dei medici locali, acquistiamo direttamente in loco o nelle città più grandi, che distano anche fino a 250 km. Spesso i bambini hanno la pancia gonfia dovuta ai vermi, così acquistiamo il farmaco per la sverminazione, che costa un euro e mezzo e salva loro la vita o la tachipirina, utile in caso di febbre alta. Molti bambini vengono abbandonati nella savana, se la famiglia a causa dell’estrema povertà non può mantenerli, oppure se malati o albini (pensano siano indemoniati), così suore, preti e laici, li raccolgono e li portano negli istituti religiosi dotati di orfanotrofi (30-40 posti), che però soffrono difficoltà economiche e alimentari. Quando li visitiamo, doniamo una metà delle offerte in beni materiali, riso, olio e latte in polvere, e il resto, tra i mille e i tremila euro (a seconda di ciò di ciò che siamo riusciti a mettere da parte), lo diamo alla struttura come sostegno economico. Cerchiamo di metterli in condizioni di andare avanti per qualche mese, di dare ai loro ospiti una speranza per il futuro. Nel 2026 in Malawi vorremmo realizzare un orfanotrofio per bambini abbandonati e disabili e 2-3 pozzi, per cui stiamo raccogliendo fondi e invitiamo chiunque potesse e volesse, a contribuire.                                                                                                                                                              

 Che altro fare per aiutare concretamente gli Africani?                            

                                                                                                        

  I governi locali dovrebbero preoccuparsi, per cominciare, di dare l’acqua, consentire l’istruzione e la sanità, che fornirebbe a quelle popolazioni i mezzi per progredire ed essere autonome a casa loro. In tal modo, non avrebbero bisogno di rischiare la vita sui barconi, per illusioni irrealizzabili. Purtroppo i loro governanti sono spesso dittatori che non hanno alcun interesse a metterli in condizioni di autosufficienza, ma preferiscono tenerli nell’ignoranza, per poterli gestire.                                                                                                                  

Dal canto nostro, immersi nel benessere, noi consumiamo cose inutili, sprechiamo e buttiamo. Vorrei esortare a pensare a chi ora sta soffrendo, destinando ciò che per noi è superfluo a chi invece ha necessità basilari. Per dirla con madre Teresa di Calcutta: la condivisione sconfigge la povertà.                                                      

 Siete in procinto di partire per la prossima missione…

                                                                                                                              

 Il 5 novembre partiremo per la Nigeria per due settimane. Sarò accompagnato da due nuovi benefattori, Giovanni Parrella di Motesarchio (BN), e Angela Ciasullo di Flumeri, che documenterà i lavori anche filmando e, per la missione, è riuscita a superare la sua antica paura per gli aghi, poiché ha dovuto vaccinarsi, e persino quella di volare. Ognuno di noi ha sostenuto autonomamente il costo del biglietto (1.000 €) e dei visti (300 €).                                                                                                                                                                              Dal 16 gennaio al 5 febbraio tornerò in Benin, ancora con Angela Ciasullo e i parroci: Don Alessandro Pascale, di Prato Principato Ultra, Don Alberico Grella, di Sturno, Don Rino Morra, di Bisaccia e chiunque volesse aggiungersi”. 

                                                                                                                                                                                                                                  

I prossimi eventi per raccogliere fondi e visionare quanto realizzato in Benin: sabato 30 novembre 2024 alle 20, cena di beneficenza (20 €) presso i Saloni dell’Oratorio ANSPI San Prisco (Via Grotte) a Passo Eclano (AV); domenica 8 dicembre 2024 a Zungoli (AV), ore 13 pranzo di beneficenza (25 €), presso il Convento San Francesco. Ulteriori informazioni (e prenotazioni) su: https://www.reginadellapaceecarita.org

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