Attualità
VINITALY: COLDIRETTI, LE UVE STORICHE CAMPANE TRA I GRAPPOLI D’ITALIA
ORIGINI DEL VINO ITALIANO: ECCO I VITIGNI ANTICHI IN MOSTRA A VERONA
C’è il Greco Bianco, il vino più antico d’Italia, il Fiano citato da Federico II, l’Asprinio introdotto dagli Etruschi, il Piedirosso ricordato da Plinio nella Naturalis historia, la Coda di Volpe sul Vesuvio da prima dell’eruzione su Pompei, l’Aglianico amato dagli Aragonesi, la Biancolella ischitana arrivata dall’Eubea, il Casavecchia bevuto dai legionari romani, il Pallagrello prediletto da Ferdinando IV di Borbone e la Catalanesca importata da Alfonso I D’Aragona. Sono i vitigni campani presenti nella più gande esposizione di uve mai realizzata portati al Vinitaly Special Edition Verona da tutte le diverse regioni nell’esclusivo salone “Vigneto Italia” creato dalla Coldiretti presso il padiglione 4 stand D3 della Fiera di Verona per scoprire la grande biodiversità e qualità dalle quali nascono le più prestigiose bottiglie del vino Made in Italy.
Sul territorio nazionale – spiega la Coldiretti – ci sono 608 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi (quasi il doppio) a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenaria.
Dal Molise arriva la Tintilia, vitigno rustico di montagna che – sottolinea Coldiretti – resiste bene al freddo, alle malattie ed all’attacco di muffe, da pochi anni riscoperto per la produzione del rosso Tintilia del Molise.
Nelle vigne lombarde si coltivano varietà come la Bonarda, sapore zuccherino assai gradevole, o la Croatina nota per la sua notevole resistenza ai parassiti della vite, entrambi protagonisti in molti vini a denominazione dalla Bonarda all’Oltrepò pavese. Autoctoni al top anche – continua Coldiretti – in Friuli Venezia Giulia come il Picolit dalle produzioni limitatissime già coltivato in epoca imperiale romana, che ebbe l’onore di deliziare i palati di papi e imperatori ma anche scrittori come Carlo Goldoni, o lo Schioppettino, che prende il nome dal fatto di diventare leggermente frizzante durante la fermentazione, dando l’impressione, sia all’udito che in bocca, di scoppiettare a causa dell’anidride carbonica sviluppata. In Sardegna oltre al Monica – spiega Coldiretti – c’è il Nuragus che arrivò nell’isola probabilmente grazie ai Fenici. E’ stato invece grazie alla transumanza che il vitigno Cococciola si è diffuso in Abruzzo citato nell’opera degli ampelografi francesi Viala e Vermorel (1909). Ma sul territorio abruzzese si coltiva anche il Montonico che piacque talmente tanto ai soldati francesi di napoleone che lo ribattezzarono “le petit champagne”.
In Liguria l’Ormeasco, rosso “di montagna” coltivato solamente in versanti terrazzati, è talmente apprezzato che il Marchese di Clavesana, che governava le terre limitrofe a Pornassio e Pieve di Teco, ordinò con un Editto del 1303, pena la decapitazione, di impiantare nel suo feudo solo questa varietà. La Malvasia del Chianti è una tipicità toscana dalle origine mediterranee – prosegue Coldiretti – che ha una grande versatilità, tanto da essere utilizzata anche per “entrare” nella produzione di rossi come il Chianti Docg. Il Sagrantino umbro è invece considerato dagli studiosi il vino più tannico al mondo, dopo un passato nel quale i contadini lo coltivavano per produrre un vino passito utilizzato sia nel mondo ecclesiastico, sia dalla popolazione, durante la celebrazione di funzioni e festività religiose come la Pasqua. Una grande capacità di sopportare le avversità – rivela Coldiretti – e i cambiamenti climatici contraddistingue il vitigno Lambrusco Grasparossa di Castelvetro che si coltiva nei terreni asciutti dell’alta pianura e della collina modenesi. L’Erbaluce di caluso è, invece, un piccolo gioiello del Piemonte che deve il suo nome al colore che assumono gli acini in autunno, un giallo intenso con riflessi dorati. Descritto già nel 1600 è oggi usato per produrre un bianco, uno spumante e un rarissimo passito.
Il Glera veneto è la star delle colline di Conegliano Valdobbiadene dichiarate patrimonio dell’umanità dall’Unesco, ma anche l’uva dalla quale nasce il Prosecco, il vino italiano più popolare all’estero.
Oltre all’Asprinio in Campania – sottolinea Coldiretti – resiste la coltivazione alle falde del Vesuvio della Coda di Volpe, chiamata così per la forma curva del grappolo, simile alla coda della volpe. Predilige i suoli di origine vulcanica anche il Bellone, vitigno laziale conosciuto già in epoca romana tanto da essere citato da Plinio il Vecchio dal sapore fruttato, minerale e dai grappoli medio-grandi. Nelle Marche si coltiva la Passerina, che deriva il suo curioso nome dal fatto che i passeri sono ghiotti dei suoi piccoli acini, riscoperto negli ultimi anni per la produzione di un apprezzatissimo bianco. E’ finito invece sui palcoscenici di tutto il mondo il Trentino Marzemino, autoctono italiano a bacca blu-nerastra, grazie alla citazione nell’opera Don Giovanni di Lorenzo da Ponte musicata da Wolfgang Amadeus Mozart: «Versa il vino! Eccellente Marzemino!». Viene direttamente dall’Etna il Nerello Mascalese, vitigno siciliano che nasce su dei terreni costituiti, per gran parte, da sabbie vulcaniche.
Ed è i simbolo dei rossi del vulcano siciliano. Ha, invece, ascendenze… omeriche il Nero di Troia, vitigno proveniente dalla città di Troia in Asia minore, rifondata in Puglia probabilmente da coloni greci. Si narra, infatti che questa varietà di uva debba la sua origine a Diomede, figlio di Tideo, re di Argo, che a detta di Omero fu condottiero degli Argivi durante l’assedio di Troia. E’ un vitigno “d’altura” il Petit rouge della Val d’Aosta che cresce fino ad 800 metri di altitudine ed è un “sopravvissuto” alle invasioni barbariche che causarono un abbandono della viticoltura nelle campagne della regione.
Attualità
Educare alla parità di genere – tra pari”, domani la presentazione del progetto presso la Sala Conferenze del Palazzo degli Uffici
L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino venerdì 22 novembre 2024 alle ore 10,30 presso la sala Conferenze del Palazzo degli Uffici presenta un progetto che si rivolge agli studenti della scuola secondaria di II grado per Educare alla parità attraverso l’ innovazione didattica, dal titolo “Educare alla parità di genere – tra pari”.
Il progetto didattico “Educare alla parità di genere – tra pari” presentato dalla dott.ssa Rossella Schiavo, responsabile del Centro Antiviolenza ANANKE dell’Ambito Territoriale A1 con sede ad Ariano, ha lo scopo di prevenire atti di violenza contro le donne attraverso percorsi educativi e formativi destinati alle studentesse e gli studenti delle scuole secondarie di II grado di Ariano in via sperimentale e nella forma di ricerca – azione.
Il progetto prevede di coinvolgere un numero di studenti delle classi terze e dopo la formazione essi stessi opereranno nei gruppi di studenti del proprio istituto secondo il modello didattico “pear to pear”.
L’iniziativa nasce dall’intesa tra gli Assessorati all’istruzione e alle Politiche Sociali, l’Azienda Speciale consortile per le politiche sociali dell’Ambito Territoriale A1 e le scuole superiori di Ariano. Dopo la sperimentazione il progetto sarà esteso alle altre scuole del territorio.
Dopo i saluti di:
Enrico Franza
Sindaco di Ariano Irpino
Laura Cervinaro
Consigliera Provinciale
Augusto Morella
Presidente Azienda speciale consortile per la gestione delle politiche sociali Provincia di Avellino n. A1
Pasqualino Molinario
Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Ariano Irpino
Grazia Vallone
Assessore all’Istruzione e alle Politiche Giovanili del Comune di Ariano Irpino
Interverranno:
Rossella Schiavo
Psicologa – Azienda speciale consortile Avellino A1 – Sportello “Ananke”
Tiziana Aragiusto
Dirigente Scolastica, reggente ISS “De Gruttola”
Massimiliano Bosco
Dirigente Scolastico, ISS “Ruggero II”
Giovanni Mingione
Dirigente Scolastico, reggente Liceo “P. P. Parzanese”
Interventi degli studenti
Attualità
Rsu Ispettorato del Lavoro: solidarietà alle colleghe aggredite a Sirignano, necessario garantire sicurezza dei dipendenti
La Rappresentanza sindacale unitaria dell’Ispettorato territoriale del Lavoro di Avellino, composta da Mario D’Andrea, Carminantonio Vacchiano e
Maria Luisa Candela, nell’esprimere piena solidarietà alle due colleghe aggredite nei giorni scorsi in un’attività commerciale di Sirignano, mentre svolgevano il proprio lavoro, approfittando della presenza in città di alti dirigenti dell’ente, giunti appositamente presso la sede dell’ufficio per manifestare la vicinanza dell’amministrazione per quanto successo e approfondire la vicenda, ha avuto un confronto con il direttore centrale Vigilanza e Sicurezza del Lavoro dell’Ispettorato nazionale, dott. Aniello Pisanti, con il direttore interregionale Inl, dott. Giuseppe Patania, e con il direttore dell’Ispettorato territoriale di Avellino, dott. Francesco Damiani, che nella mattinata di ieri si sono incontrati, a Palazzo di governo, con il Prefetto, Rossana Riflesso.
L’intento della Rsu è individuare soluzioni idonee a gestire una situazione che ormai sta diventando insostenibile per gli ispettori che quotidianamente, nello svolgere le proprie mansioni, si imbattono in situazioni rischiose, diventando nei fatti lo sfogatoio di tensioni sociali, ma anche i destinatari di atteggiamenti e comportamenti incivili e aggressivi, da parte di alcuni degli utenti sottoposti a controlli.
Per quanto ci riguarda, abbiamo quindi chiesto maggiore attenzione e tutela anche per il personale adibito al front office, che costantemente deve rapportarsi con il malcontento dell’utenza, che non di rado degenera in invettive e minacce all’indirizzo degli addetti.
Da parte dei tre dirigenti abbiamo registrato ampia disponibilità a recepire le nostre osservazioni e ad intrattenere un confronto costante, in un’ottica di collaborazione costruttiva, nell’interesse esclusivo dei dipendenti degli uffici, in modo che possano svolgere le proprie funzioni istituzionali nella massima tranquillità.
Venendo al grave espisodio occorso alle colleghe, l’altro giorno, quando le due ispettrici del lavoro si sono presentate e qualificate all’atto dell’accesso ispettivo, il titolare della ditta ha reagito con violenza contro una di loro, strattonandola con forza mentre stava procedendo all’identificazione di una lavoratrice, impedendole di raccoglierne le dichiarazioni, in modo da agevolarne l’allontanamento, anche su energico invito della madre di quest’ultimo, presente nel negozio. Nonostante le ispettrici abbiano immediatamente chiesto l’intervento dei Carabinieri della stazione di Baiano, tramite il 112, che sono sopraggiunti in loco, il titolare della ditta e i suoi congiunti hanno ripetutamente oltraggiato e aggredito verbalmente le ispettrici del lavoro, rovesciando persino il tavolo sul quale stavano redigendo il verbale, colpendo così ad una mano una delle colleghe, procurandole una frattura ad un dito. Si è pertanto reso necessario l’intervento dei sanitari, anche a causa di un malore accusato dall’ispettrice colpita, a seguito della situazione, e il trasporto presso il Pronto Soccorso dell’azienda ospedaliera Moscati di Avellino, dove i medici hanno riscontrato la frattura alla mano e un innalzamento della pressione arteriosa, con una prognosi di 25 giorni.
A seguito di quanto è successo, ci è stato riferito che sarà convocato, in tempi brevi, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, con l’obiettivo di garantire un maggiore supporto all’attività ispettiva, in termini di forze dell’ordine.
Attualità
La lega marcia, mentre l’opposizione tace sulla Questione Meridionale e sul referendum
La Corte Costituzionale ha assestato un duro colpo alla legge 86/2024 targata Calderoli, ha cassato sette commi e indicato cinque prescrizioni a cui attenersi per riscrivere il testo. La casa è abbattuta ma non polverizzata, e Calderoli è ben determinato a modificare la legge in parlamento. I rilievi della Consulta sono chiari: non si possono trasferire intere materie ma solo specifiche funzioni, la richiesta va motivata e sempre che lo Stato Centrale non sia in grado di svolgere questa funzione nel rispetto del principio di sussidiarietà; la delega al governo per la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) non può essere generica; i LEP non possono essere definiti e rivisti con DPCM (Decreto Presidente Consiglio dei Ministri); deve essere eliminato il criterio della spesa storica e le regioni sono obbligate a rispettare il patto di stabilità al fine di prevenire inefficienze di sistema e la crescita della spesa pubblica; il parlamento non può solo ratificare le intese, fra il governo e le regioni, ma deve approvarle e rinviarle per un nuovo esame. Le opposizioni esultano, manca, però, un’azione volta a rimettere al centro dell’agenda politica la Questione meridionale, causa ed effetto delle disuguaglianze tra le due aree del paese. Né l’opposizione ha riaffermato la necessità che il referendum, richiesto da oltre 1,2 milioni di cittadini, sia celebrato, in tal modo, si impedisce ai cittadini di partecipare al dibattito pubblico sul regionalismo differenziato, sin ad ora, svolto solo nelle sedi istituzionali oppure nelle segrete stanze. In tal modo il silenzio dell’opposizione rafforza la proposta del governo Meloni di ritenere oramai inutile il referendum e non pongono in campo l’offensiva per spazzare via lo Spacca Italia.
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