Attualità
Vittorio Melito scrive al Presidente della Regione De Luca
Al Sig. Presidente della Giunta Regionale della Campania
Chi Le scrive è Vittorio Melito, nato e residente in Ariano Irpino, Città della quale ha avuto l’onore di essere Sindaco dal 1996 al 2000, magistrato, attualmente consigliere della Corte di Assise di Appello di Napoli.
Passo alla prima persona, Le chiedo di comprendere se evito deferenze di circostanza e vengo ai problemi.
Lo screening sierologico di massa eseguito ad Ariano Irpino è stato indubbiamente un impegno importante ed un grande segnale di attenzione. La popolazione ha risposto con una adesione di massa, composta ed ordinata che ha prevenuto tutti i rischi e le apprensioni che pure potevano derivare dal recarsi in migliaia di persone in pochi luoghi nell’arco di due giorni.
Stamane è stato diffuso un primo dato, secondo il quale esattamente il 5% di chi si è sottoposto al test ha sviluppato anticorpi. Sono compresi o esclusi i malati già accertati, guariti e no?
E’ urgente che si informino i positivi di esserlo, chiarendo che questo non vuol dire che se ne è accertato lo stato di malattia, e quindi sottoporli al più presto a tampone. Va fatto ad horas, almeno attraverso i medici di famiglia, in questo momento tempestati di richieste cui non sono in grado di dare alcuna risposta: attendere anche solo il trascorrere del fine settimana porterebbe l’ansia a livelli altissimi.
Speriamo di conoscere al più presto quale grado e prossimità di tempo al contatto con il virus denotano le tipologie di anticorpi rilevati. Speriamo che lo studio possa scomporre le positività per classi di età e per zone geografiche, essendo stati i test eseguiti secondo la ripartizione delle sezioni elettorali e quindi delle varie zone del territorio. Si è parlato anche di un’analisi in base alla tipologia di attività svolte, ma non si comprende come sia possibile, visto che tale dato non è stato chiesto, né fornito, al momento dell’esame.
Attendiamo le valutazioni scientifiche; per il momento, osserviamo che il dato del 5% su di un campione indifferenziato di popolazione è molto più alto del 2,17% del quale si è avuto notizia per il Lazio, su di un campione formato soltanto da categorie esposte come i sanitari e le forze dell’ordine.
Confidiamo nella sollecitudine, per tranquillizzare una comunità stremata da mesi di lutti, confinamenti, trascuratezza ed ingiuste accuse.
A tal proposito, vengo al secondo punto.
Ad Ariano non si è svolta alcuna festa in violazione di divieti già imposti; Lei dovrebbe avere l’onestà intellettuale di ritirare l’epiteto di “illegittime”, che offende, tra l’altro, la memoria di deceduti. Nessuno è tornato da Milano senza rispettare obblighi di comunicazione ed isolamento già sanciti: Lei ha firmato l’ordinanza in data 8 marzo, prima l’obbligo concerneva solo Codogno e comuni limitrofi. Nessuno è andato in giro già sapendo di essere malato e/o contagioso, neppure chi è entrato in maniera sicuramente impropria nel Pronto Soccorso. I partecipanti alla festa di compleanno hanno saputo soltanto dopo alcuni giorni che un invitato si era scoperto poi positivo: essi si sono messi in isolamento volontario, ma nessuno è andato a fare un controllo. Lei ha dichiarato la “zona rossa” il 15 marzo: dopo quasi due settimane si è saputo che ospiti della residenza per anziani erano malati ed iniziavano a morire; nel frattempo, la vigilanza sanitaria in zona rossa, appunto, in una struttura così delicata a chi incombeva? In ospedale non si è ammalato nessuno dei presenti al momento della forzatura del Pronto Soccorso, perché prontamente isolati. Il contagio si è diffuso in altri reparti: lo hanno contratto pazienti da tempo ricoverati ai quali sono andati a far visita inconsapevoli parenti provenienti dal Nord, qualcuno di costoro si è poi trasferito alla residenza per anziani (che è anche centro di riabilitazione convenzionato), si sono ammalati medici ed infermieri, e qualche loro congiunto è scomparso. Ci sono voluti due mesi per fare i tamponi al personale. Ancora oggi non ci sono percorsi chiaramente differenziati tra pazienti Covid e non Covid in Pronto Soccorso e per l’accesso ai servizi. L’ospedale è allo stremo, guardato con diffidenza nonostante l’abnegazione dei sanitari; non si fanno neppure interventi minimi e già finanziati, dall’ampliamento della cardiologia alla trombolisi in neurologia. Si teme che l’area Covid, che continuerà ad essere aperta mentre molte altre in Regione chiudono, non venga spostata in sicurezza; è ignota qualsiasi programmazione delle iniziative necessarie per attrezzarlo quale DEA di primo livello, come è riconosciuto.
In città per settimane si sono implorati invano i tamponi; ad ogni accertamento di contagio ci si limitava agli adempimenti burocratici di routine, senza nessuna esauriente indagine epidemiologica. Lei stesso, dopo aver disposto nell’ordinanza del 31 marzo di proroga della zona rossa l’obbligo della ASL di procedere a screening con priorità per la Città, ha dovuto incaricare il 27 aprile l’Istituto Zooprofilattico di Portici di procedere prima ai tamponi e poi ai test di massa.
Non è mancata la responsabilità dei cittadini; è mancata una seria azione di vigilanza e prevenzione.
Lei ha detto che è stata interessata la magistratura; attribuire con certezza fatti-reato a persone che si sa essere innocenti è punito con la reclusione da due a otto anni, ai sensi dell’art. 368 c,p.; ma non sarà questo il caso. Ho troppa stima della giurisdizione e di tutti i miei colleghi per non essere sicuro che le responsabilità penali, che sono esclusivamente individuali, verranno ricercate ovunque eventualmente si trovino: ad Ariano Irpino, ad Avellino, a Napoli, dovunque. Quanto alle responsabilità morali, sociali e politiche, la cittadinanza è già convinta che si trovano tutte altrove, nessuna ad Ariano.
Venga a conoscere questa Città dopo questa tremenda prova. Sono certo che il Suo senso delle Istituzioni è in realtà più forte di qualsiasi gretto calcolo elettoralistico. Lei ha consiglieri seri ed affidabili; trascuri suggeritori maliziosi ed interessati. Venga a rendersi conto di persona, confrontandosi con la popolazione senza intermediari. Dipende soltanto da Lei: ma se non lo farà, eviti poi di farlo in campagna elettorale. Quasi certamente le elezioni le vincerà lo stesso: ma gli arianesi non potrà guardarli a testa alta, se continuerà a pensare che tra di loro ci sono degli irresponsabili che hanno causato questa tragedia, e non dirà una parola su tante altre manchevolezze. La aspettiamo.
Attualità
Pallavolo Serie D – Esordio fuori casa per il GSA Pallavolo Ariano
Dopo aver conquistato nella scorsa stagione la promozione in serie D, la Coppa e la SuperCoppa IrpiniaSannio, il GSA PALLAVOLO ARIANO sabato 2 novembre scende in campo a Cava dei Tirreni per la prima gara del campionato di serie D maschile.
La partita inizierà alle ore 19.30 per dare avvio ad una nuova fase agonistica che il GSA intende giocare per l’alta classifica.
Confermato lo staff tecnico con Giulio Filomena e Nico Medici a guidare il gruppo nel quale saranno ancora G. Santosuosso, L. Guardabascio e R. Caso punti di riferimento per giovani promettenti come M. Molinario, M. Ninfadoro , C. Capozzi e P.Borriello. La qualità non manca nel resto della squadra con G. Ricciardi, A. La Luna, L. Schiavo, H. Chiaradonna, A. Iandoli, T. Barrasso , M. Toriello a disposizione dei tecnici per dimostrare di valere la categoria.
Per questa importante avventura regionale, la società arianese è pronta anche a lanciare i giovanissimi dell’Under 17 che già hanno messo in mostra il loro positivo spessore con una vittoria per 3-0 nel debutto casalingo con i pari età dell’Academy nel torneo territoriale di categoria.
Per l’esordio fuori casa gli arianesi dovranno aspettarsi una gara difficile e confrontarsi con un avversario molto solido; il fattore campo può aiutare i cavesi, ma il GSA deve subito metabolizzare le difficoltà della serie regionale e scendere sul parquet con la consapevolezza di saper imporre il proprio gioco per conquistare la vittoria.
Attualità
Giornata delle Forze Armate – Il 4 Novembre ad Ariano la cerimonia per il Giorno dell’Unità Nazionale
L’Amministrazione Comunale di Ariano Irpino, in una sobria e solenne cerimonia, vuole commemorare i Caduti di tutte le Guerre, rendere omaggio alle Forze Armate, celebrando la Festa dell’Unità Nazionale, in ricordo della fine della prima Guerra Mondiale.
Appuntamento lunedì 4 novembre 2024 alle ore 10,00 al Piano della Croce presso il Monumento ai Caduti dove, alla presenza delle Autorità Civili, Militari e Religiose, verrà deposta la Corona di alloro, sulle note dell’Inno Nazionale.
Una Corona di Alloro verrà deposta anche davanti al busto di Giulio Lusi in Villa Comunale e nell’atrio di Palazzo di Città.
Il messaggio istituzionale è rivolto alle nostre giovani generazioni, per non dimenticare i nostri Caduti in Guerra, morti per gli ideali risorgimentali di indipendenza, di libertà, di democrazia che hanno determinato l’Unità d’Italia ed esprimere riconoscenza per coloro che ancora oggi rischiano la vita al Servizio della Comunità.
La cittadinanza è invitata a partecipare.
Attualità
Roberto Zaffiro: vi racconto la mia Africa e vi invito a diventare benefattori
Imprenditore nel settore edile (azienda di dieci dipendenti), insieme ad altri due fratelli, sposato e con due figli, Roberto Zaffiro, con il pieno sostegno della famiglia, si dedica anima e corpo alla missione che lo appassiona e gratifica di più: dalla costruzione di pozzi e scuole, ai presidi ospedalieri, in Africa. Il 5 novembre partirà per la Nigeria e in gennaio per il Benin
“Un tempo ero laico, poi a 37 anni, 20 anni fa, c’è stata la mia conversione, a seguito del viaggio a Medugorje, – ci racconta. Il senso di solidarietà l’ho però sempre avuto nel DNA, tanto che ogni volta che ho girato il mondo, ho sempre elargito del denaro, ai bisognosi che mi è capitato di incontrare”.
Quando hai capito che la tua missione era dedicarti in maniera più completa agli altri?
La svolta a seguito del viaggio a Medugorje. Fino ad allora ero stato una sorta di superficiale credente praticante, che girava il mondo, compresa l’Africa, anche in moto, e non dava grande importanza ai sacramenti e alla preghiera. In quel luogo, come se avessi improvvisamente intuito le mie miserie e fragilità, ho pianto molto e ho capito che dovevo cambiare la mia vita e relazionarmi in maniera diversa con Dio. È cominciata così la mia conversione, incrementando anche la frequentazione della Chiesa, finché a Montevergine (AV) non ho incontrato padre Jean Baptist, sacerdote originario del Benin (Diocesi Kandi-Benin), specializzatosi a Roma. Siamo diventati amici e, dopo che mi ha mostrato le carenze d’acqua nel suo villaggio, gli ho donato un pozzo. Quando è tornato in Africa, mi ha fatto promettere che sarei andato a trovarlo. Nel 2012 l’ho raggiunto e ho cominciato a guardare l’Africa con occhi nuovi, mi sono reso conto della vita di sofferenza della popolazione: bambini e adulti che bevevano dalle pozzanghere esponendosi a malattie, quando non la morte, bambini costretti a percorrere chilometri con le taniche in testa per approvvigionarsi dell’acqua. Un pozzo è una fonte di acqua viva utile a diverse comunità, talvolta serve fino a diecimila persone o più (dipende dalla grandezza dei villaggi) e nel tempo, cambia radicalmente la loro vita: cominciano ad allevare animali, a praticare l’agricoltura. L’acqua è di interesse primario: il 60-70 per cento dei nostri fondi li impieghiamo nella costruzione dei pozzi, a cui facciamo seguire attività ambulatoriali, considerando che, per accedere all’assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere centinaia di chilometri e talvolta non c’è il tempo, né la possibilità, di farlo. Molte malattie derivano dalla mancanza di igiene, dal fatto che non ci si può lavare: da una banale diarrea si passa alla febbre, inizia la sofferenza, che diventa acuta, poi grave e infine, può portare alla morte. Un piccolo presidio sanitario, con almeno uno-due infermieri e un medico, serve a trasmettere i fondamenti dell’igiene necessari a prevenire diverse malattie, anche se, per quelle più gravi, bisogna recarsi presso gli ospedali. Agli ambulatori cerchiamo di affiancare la promozione dell’istruzione di base che consenta ai più poveri, che non possono permettersi la scuola, almeno di difendere i diritti propri e della famiglia: l’istruzione emancipa e salva il mondo. Come individuate dove costruire un pozzo?
Primo step individuare il punto, poi una sorta di rabdomante, col talento sensibile nelle mani, scopre dove potrebbe esserci più acqua, quindi arriva la trivella, che in genere scava per 4-5 ore, con tutta la popolazione intorno, che festeggia il grande evento, che cambierà la loro la vita. Il primo getto d’acqua, è un vero spettacolo: vediamo la gioia dei bambini e della gente. Documentiamo tutto in diretta e lo postiamo sui social, poi, a fine missione, montiamo un filmato che mostreremo ad amici, conoscenti e benefattori, nonché a chi volesse diventarlo. Vogliamo dimostrare che facciamo opere concrete e cerchiamo di renderci utili, per alleviare almeno in parte, la sofferenza di quelle popolazioni. Realizzare un pozzo costa circa 7-8 mila euro, ma dipende dal luogo, dalla quantità e dalla profondità del terreno. Un ambulatorio sanitario, così come una scuola, costa intorno ai 20-30 mila euro, a seconda delle dimensioni.
Finora abbiamo realizzato 24 pozzi in Benin, uno in Malawi e 5 in Nigeria, che servono una popolazione complessiva di circa 350 mila abitanti.
La strada la preparano i religiosi, che, oltre alle lingue locali, compresi i vari dialetti, parlano inglese, francese ed italiano. Con le loro diocesi, di dimensioni notevoli, sono radicati sul territorio, interloquiscono coi capi villaggio, i quali, al di là dei diversi credo religiosi, convivono senza combattersi. Ogni iniziativa la condividiamo con i capi delle comunità: acqua, sanità, scuola, sono per tutti, cristiani, musulmani, animalisti. Questo ci consente anche di approcciarci a quei territori senza temere per la nostra incolumità.
Con quali modalità raccogliete le risorse necessarie?
I fondi vengono raccolti sia con la promozione di giornate di beneficenza, sia nelle chiese, attraverso l’associazione Regina della Pace e Carità (con sede in Flumeri, AV), finalizzata a promuovere e gestire interventi di cooperazione allo sviluppo e progresso umano, economico e sociale, attraverso la costruzione di pozzi, scuole, ambulatori, orfanotrofi e chiese, nei Paesi in via di sviluppo. Nata allo specifico scopo della missione in Africa, la onlus è composta da 12 persone, 3 delle quali, sacerdoti africani. I sacerdoti, vivendo in Africa, conoscono il territorio e poiché ogni anno vengono in Italia, fermandosi per circa 40 giorni presso le parrocchie, ci aiutano a progettare le sfide che realizzeremo insieme. Sono loro i veri esecutori delle opere: i pozzi si scavano rapidamente in nostra presenza, ma per le altre opere che invece richiedono mesi, noi ogni anno andiamo a verificare ciò che è stato realizzato e lo inauguriamo insieme. Quest’anno abbiamo realizzato 3 pozzi in Benin e altri 3 ne realizzeremo entro fine anno in Nigeria: partiremo il 5 novembre, per tornare il 19. Per l’inizio del 2025 realizzeremo una chiesa e ancora 4 pozzi in Benin, nonché giornate sanitarie e visite agli orfanotrofi locali. Giacché abbiamo costruito tre ambulatori in Benin, tra cui un ospedale della maternità, promuoveremo la formazione sanitaria, invitando le popolazioni limitrofe, alle quali si insegnerà la prevenzione di base e doneremo dei medicinali, che, su indicazione dei medici locali, acquistiamo direttamente in loco o nelle città più grandi, che distano anche fino a 250 km. Spesso i bambini hanno la pancia gonfia dovuta ai vermi, così acquistiamo il farmaco per la sverminazione, che costa un euro e mezzo e salva loro la vita o la tachipirina, utile in caso di febbre alta. Molti bambini vengono abbandonati nella savana, se la famiglia a causa dell’estrema povertà non può mantenerli, oppure se malati o albini (pensano siano indemoniati), così suore, preti e laici, li raccolgono e li portano negli istituti religiosi dotati di orfanotrofi (30-40 posti), che però soffrono difficoltà economiche e alimentari. Quando li visitiamo, doniamo una metà delle offerte in beni materiali, riso, olio e latte in polvere, e il resto, tra i mille e i tremila euro (a seconda di ciò di ciò che siamo riusciti a mettere da parte), lo diamo alla struttura come sostegno economico. Cerchiamo di metterli in condizioni di andare avanti per qualche mese, di dare ai loro ospiti una speranza per il futuro. Nel 2026 in Malawi vorremmo realizzare un orfanotrofio per bambini abbandonati e disabili e 2-3 pozzi, per cui stiamo raccogliendo fondi e invitiamo chiunque potesse e volesse, a contribuire.
Che altro fare per aiutare concretamente gli Africani?
I governi locali dovrebbero preoccuparsi, per cominciare, di dare l’acqua, consentire l’istruzione e la sanità, che fornirebbe a quelle popolazioni i mezzi per progredire ed essere autonome a casa loro. In tal modo, non avrebbero bisogno di rischiare la vita sui barconi, per illusioni irrealizzabili. Purtroppo i loro governanti sono spesso dittatori che non hanno alcun interesse a metterli in condizioni di autosufficienza, ma preferiscono tenerli nell’ignoranza, per poterli gestire.
Dal canto nostro, immersi nel benessere, noi consumiamo cose inutili, sprechiamo e buttiamo. Vorrei esortare a pensare a chi ora sta soffrendo, destinando ciò che per noi è superfluo a chi invece ha necessità basilari. Per dirla con madre Teresa di Calcutta: la condivisione sconfigge la povertà.
Siete in procinto di partire per la prossima missione…
Il 5 novembre partiremo per la Nigeria per due settimane. Sarò accompagnato da due nuovi benefattori, Giovanni Parrella di Motesarchio (BN), e Angela Ciasullo di Flumeri, che documenterà i lavori anche filmando e, per la missione, è riuscita a superare la sua antica paura per gli aghi, poiché ha dovuto vaccinarsi, e persino quella di volare. Ognuno di noi ha sostenuto autonomamente il costo del biglietto (1.000 €) e dei visti (300 €). Dal 16 gennaio al 5 febbraio tornerò in Benin, ancora con Angela Ciasullo e i parroci: Don Alessandro Pascale, di Prato Principato Ultra, Don Alberico Grella, di Sturno, Don Rino Morra, di Bisaccia e chiunque volesse aggiungersi”.
I prossimi eventi per raccogliere fondi e visionare quanto realizzato in Benin: sabato 30 novembre 2024 alle 20, cena di beneficenza (20 €) presso i Saloni dell’Oratorio ANSPI San Prisco (Via Grotte) a Passo Eclano (AV); domenica 8 dicembre 2024 a Zungoli (AV), ore 13 pranzo di beneficenza (25 €), presso il Convento San Francesco. Ulteriori informazioni (e prenotazioni) su: https://www.reginadellapaceecarita.org
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